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Correggere l'errore

Saluto e mi presento

In classe: gli oggetti e le azioni a scuola

Parole per ritrovarsi

I miei inizi come insegnante non sono stati facili. Ricordo ancora nitidamente, come fosse ieri, lo smarrimento e la sensazione di impotenza &ndash; sola, nell&rsquo;aula, di fronte a un gruppo di bambini &ndash; nel toccare con mano il nulla che la scuola superiore mi aveva insegnato. Anche negli anni successivi, quelli del precariato e del continuo saltellare da una realt&agrave; all&rsquo;altra, mi sono trovata a fare i conti con situazioni analoghe. Spesso il desiderio ricorrente &ndash; istintivo, direi &ndash; era che la giornata terminasse presto.

Dopo queste prime esperienze, che in qualche modo hanno fatto vacillare il desiderio di dedicarmi a questa professione, per fortuna ce ne sono state tante altre &ndash; positive e appaganti &ndash; grazie alle quali, piano piano, ho acquisito sicurezza e consapevolezza del mio ruolo. Ripensando oggi al mio percorso professionale, devo riconoscere che &egrave; stato ed &egrave; ancora segnato da molti dubbi e tante domande che spesso trovano risposta in approfondimenti pedagogici e in un&rsquo;attenta lettura delle norme, delle indicazioni e dei documenti ministeriali.

Una domanda &ldquo;legittima&rdquo; (senza risposta, peraltro) continua ogni tanto a ripresentarsi e a farmi riflettere sul mio operato: qual &egrave;, mi chiedo, la metodologia migliore per un determinato contesto e per &ldquo;quel&rdquo; gruppo di bambini? Questa ricerca continua di &ldquo;utopiche certezze&rdquo; a volte mi fa sorridere.

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E mi viene in mente don Milani, che raccontava: &laquo;Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e come faccio ad averla piena, insistono perch&eacute; io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda. Non bisogna preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola ma di come bisogna essere per potere fare scuola&raquo;.
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Anche attraverso il suo pensiero ho trovato conferma dell&rsquo;impossibilit&agrave; di darsi una risposta definitiva. E sono arrivata alla conclusione &ndash; pronta, se necessario, a rimettermi in gioco con la consapevolezza che diverse variabili possono influenzare il risultato finale &ndash; che chi fa questo mestiere debba elaborare le proprie modalit&agrave; d&rsquo;insegnamento cercando di &ldquo;tessere&rdquo;, quasi in un ordito, le diverse teorie pedagogiche, la pratica e l&rsquo;esperienza didattica, le esigenze oggettive della scuola, i bisogni del territorio e quelli dei bambini. E una buona dose d&rsquo;istinto. Questo, in definitiva, &egrave; quel che cerco di fare ogni giorno.&nbsp;

La domanda giusta

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