L’importanza della prevenzione a partire dalla scuola dell’infanzia. Intervista al prof. Giacomo Stella

Quando i docenti fanno lezione a se stessi, si rivolgono alla lavagna

Includere in tempo di emergenza

pedagogicamente

Muoviamo i primi passi

Il dettato ortografico

Calcolatrice e altre strategie

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L’eterogeneità è la condizione per una scuola migliore, richiede una pluralità di sguardi e una molteplicità di approcci in un continuo rinnovarsi della pratica dell’ascolto


L&rsquo;INGRANAGGIO NELLA DIDATTICA

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Nella scuola ascoltiamo voci, osserviamo volti, posture e gesti, percepiamo i ritmi e i modi diversi di attraversare lo spazio che ci richiamano l&rsquo;accogliere tutti con le loro diversit&agrave; &ldquo;interiori&rdquo; e ricchezze individuali che non sempre si mostrano. Perci&ograve; &egrave; necessario comprendere i bambini attraverso la lente dei loro potenziali e non delle loro fragilit&agrave;, che dovrebbero essere tradotte in opportunit&agrave;, in potenziale educativo.

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Nella scuola ascoltiamo voci, osserviamo volti, posture e gesti, percepiamo i ritmi e i modi diversi di attraversare lo spazio che ci richiamano l’accogliere tutti con le loro diversità “interiori” e ricchezze individuali che non sempre si mostrano. Perciò è necessario comprendere i bambini attraverso la lente dei loro potenziali e non delle loro fragilità, che dovrebbero essere tradotte in opportunità, in potenziale educativo.
 


Immaginiamo che la sezione funzioni come un orologio a ingranaggi, in cui sempre più, ci troviamo a lavorare in condizioni complesse che presentano poli che appaiono “contrastanti”. Se da una parte, la varietà e la vivacità dei bambini sono un valore e una forza, dall’altra osserviamo che l’eterogeneità dei bambini e dei gruppi ci richiama a una cura quasi individuale che valorizzi le intelligenze, i talenti, gli stili di apprendimento.
Per riuscire a dare attenzione ai diversi modi di conoscere dei bambini, Carol A. Tomlinson propone di progettare le attività considerando tre “rotelle” che sono tra loro collegate e interdipendenti. Si tratta di creare un funzionamento armonico tra:

ciò che il bambino cerca come singolo e come gruppo sezione;
ciò che l’insegnante risponde, cioè quali attenzioni mette in pratica;
il curricolo, i contenuti, i metodi per rispondere al bisogno dei bambini di dare senso al mondo, di partecipare con un proprio contributo, di trovare conferma di sé e motivazioni per migliorarsi.

Riflettiamo su ciò che fa funzionare bene queste “tre rotelle”.
 
1. Sintonizziamoci
Immagino un’insegnante come un “maestro del suono” che ha conoscenze tecniche e un ascolto sensibile alle particolarità. Come un tecnico del suono, lavora sulla qualità e sul legame tra le percezioni sensoriali che descrivono un sentimento, un’immagine, un’opera. Quello che a volte si fa è “equalizzare” i bambini, nel senso che si tende a semplificare e “normalizzare” frequenze e differenze a favore di un andamento costante.
Occorre vi sia una corrispondenza tra risposta ai bisogni e ambienti educativi che allestiamo o scegliamo, che dovrebbero fornire un ritmo e un livello di pensiero adeguato all’espressione dei linguaggi dei bambini. Per questo, sarebbe importante rivalutare tutte le occasioni in cui si vive il loro punto di vista prendendo parte al gioco, sintonizzandosi con la loro ricerca, nella convinzione che ogni persona è “musicale”, cioè si intona meglio con ciò che esprime movimento, gesto, emozione.
 
2. Facciamo un passo indietro
Motivare l’energia, suscitare la curiosità, mobilitare risorse significa essere sempre pronti a “fare un passo indietro”, sottraendosi al proprio bisogno di affermazione per promuovere piuttosto quella dei bambini, disponendoci per fare largo al loro successo.
Proviamo, in ogni situazione educativa, ad anteporre lentezza e senso dell’attesa, a preferire la meraviglia piuttosto che la preoccupazione di riempire ogni spazio. I luoghi dell’infanzia sono spesso caratterizzati da un tutto “troppo pieno” di stimoli, di suoni, di colori e forme che lasciano poco spazio al “pensare ad altro”, all’autentica espressione delle bambine e dei bambini, a quei vuoti che muovono motivazioni profonde al comprendere.
 
3. Il buonumore come pre-testo
Ha senso considerare il buonumore come un “buon inizio” che dipende da noi, contagiante. Occorre, preferire i “contesti della calma”, cioè allontanare tutto ciò che rende incalzante la giornata educativa. Una regola, che ci avvicina a un agire didattico più sostenibile, che ci distanzia da situazioni di stress e fa spazio ai linguaggi, è quella di rendere la scuola più naturale.
Organizziamo attività “sulla soglia”, cioè scritte tenendo conto delle idee dei bambini, che mantengano una costante continuità tra il dentro e il fuori. Questo ci renderà sensibili alle diverse situazioni e ai cambiamenti e farà chiarezza su ciò che ha senso fare con i bambini. Per esempio, tutti sanno come la musica porti il buonumore, proviamo a mutuarne il linguaggio, perché educarsi all’ascolto è una delle migliori strategie che gli adulti possano praticare per stare bene a scuola e per dare un orientamento diverso al proprio lavoro. Coinvolgere i bambini e le famiglie nel “circuito della felicità” è possibile portando il sorriso e l’ascolto.
 


La circolarità degli apprendimenti

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