L’importanza della sintonia dei punti di vista

Ritrovare un senso di appartenenza

Tempo libero o tempo organizzato?

pedagogicamente

Impariamo a rilassarci

Tutti insieme nel gruppo classe

Alleniamo la concentrazione

Gli psicologi lo sanno bene. E gli insegnanti? Beh, probabilmente molti lo sanno, altrimenti proviamo a fare qualche esperienza di memoria autobiografica insieme? Possiamo per esempio proporre ai nostri allievi di raccontare episodi che ritengono importanti e significativi della loro vita. Possiamo incoraggiarli a scriverli, a disegnarli, a condividerli con i compagni. A scuola spesso si svolgono già esperienze di questo tipo, di solito quando si introduce lo studio della storia. Si chiede ai bambini o ai ragazzi di intervistare i nonni, di farsi raccontare le loro vite, di raccogliere vecchie fotografie e di mettere infine su un quaderno tutto questo materiale. Per lavorare sulla memoria autobiografica si può fare qualcosa di simile, ma bisogna tener conto del fatto che il compito non è ricostruire la vita degli altri, ma la propria! È più difficile, perché ci mette in gioco, ci mette a nudo e per questo è fondamentale stare molto attenti a sospendere il giudizio. Pensare di lavorare sulla memoria autobiografica dei propri allievi per poi interrogarli sul loro lavoro, organizzare una verifica o, peggio ancora, assegnare un voto significa fallire in partenza. Non si ricostruisce la propria vita per compiacere qualcuno, ma per prendere contatto con le emozioni più profonde e più vere.

Gli insegnanti, a causa del loro lavoro, sanno bene quanto sia importante la memoria e quanti tipi diversi di memoria ci siano. C’è la memoria a lungo termine: in terza Antonio ha imparato La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale… e in quarta è ancora in grado di completare la quartina: … e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar. C’è la memoria di lavoro: in prima Elena legge “T”, “A” e mette il suono “TA” in un magazzino provvisorio, dove poi metterà il suono “VO” e infine il suono “LO”, per poi leggere la parola TAVOLO e subito svuotare il magazzino per tenerlo pronto per la parola successiva. C’è la memoria procedurale, che permette alla maestra di cucinare gli spaghetti alla carbonara e all’allievo di eseguire le divisioni con due cifre al dividendo… Ma ce n’è una più importante di tutte, che racchiude la nostra storia, che ci racconta come siamo e come ci rappresentiamo. È di questa che vorrei parlare.

E così arriviamo al cuore del nostro lavoro, perché le emozioni hanno bisogno di uscire dal loro guscio. Perché la rivelazione di qualcosa che ci portavamo dentro in silenzio come un peso ci libera, ci rende più leggeri e più pronti ad andare avanti nella nostra vita. Perché un’emozione, come sono solito ripetere parafrasando Archimede, riceve una spinta dal basso verso l’alto pari alla forza che impieghiamo per reprimerla. Quando un bambino non è in grado di raccontare un’emozione legata a un fatto, né di scriverla o di disegnarla, si può usare uno scrigno segreto. Lì dentro ci si può buttare di tutto, anonimamente, e poi con quei bigliettini si possono di nuovo costruire cento storie diverse. L’importante è comprendere pian piano che lo sforzo che impieghiamo per cancellare la nostra memoria può essere usato per farla emergere e per raccontarla, a noi stessi e agli altri, e tutti insieme forse impareremo che ci sono tanti modi per costruire una storia, tanti modi di unire i puntini, non come nella rigida traccia della “pista cifrata” della Settimana Enigmistica, non come in una costellazione cristallizzata una volta per sempre, ma come in un cielo pieno di stelle.

L’insegnante può aiutare il bambino ad attingere alla sua memoria autobiografica per liberare emozioni e vedere la sua vita in un modo nuovo

Naturalmente, queste attività andranno svolte in gruppo e l’insegnante dovrà fare attenzione che anche il gruppo, quando un compagno parla, ascolti, empatizzi, impari da quello che viene raccontato e ne faccia tesoro, ma non giudichi mai. La grande regola relazionale di queste esperienze, che il maestro o la professoressa dovrebbe insegnare agli allievi prima di tutto con il suo comportamento e con il suo esempio, e solo dopo esplicitandola con le parole, è una specie di rovesciamento della frase che ascoltiamo spesso nei film americani, quando il poliziotto arresta il presunto colpevole: Niente di quello che dirai potrà essere usato contro di te. Niente. Nei gruppi di memoria autobiografica possiamo parlare di tutto: di quando il nonno è morto e io ho pianto disperatamente oppure non sono stato capace di piangere; del terrore per la pandemia o della tristezza del lockdown; di quando i miei genitori urlavano e spaccavano i piatti e io mi chiudevo nella mia camera e, per la paura, mi nascondevo sotto le coperte; di quando mi sono innamorato di Giovanna e dietro una cabina sulla spiaggia le ho dato un bacio. Possiamo parlare di tutto e, con rispetto ed empatia, tutto può essere commentato e può aiutare gli altri a far emergere i loro ricordi. Ma nulla può essere oggetto di critica o di derisione. Così, ai fatti che punteggiano la vita dei bambini e dei ragazzi, possono cominciare ad associarsi le emozioni.

Qualche mese fa stavo facendo una supervisione a una giovane collega di Roma, che mi raccontava di un caso molto triste che aveva appena cominciato a seguire. A causa dei problemi economici causati dalla pandemia, i genitori di Sara avevano perso tutto il patrimonio, avevano venduto la casa e si erano sistemati alla meglio nell’appartamentino di un parente. Tutta la famiglia ne soffriva e manifestava in vari modi questa sofferenza. Sara no. Solo silenzio e un quasi robotico continuare la sua vita esattamente come prima. Anche durante le sedute taceva, oppure raccontava episodi banali della sua giornata, sostenendo che andava tutto bene. La psicologa le chiese se non aveva dei ricordi, forse anche dolorosi, da raccontare. «No», ripose la bambina. «Non ne ho, perché li ho chiusi nel dimenticatoio». «E sono tanti, questi brutti ricordi?». «Se sono nel dimenticatoio non posso saperlo».

Uno scrigno segreto per far uscire le emozioni

Non si ricostruisce la propria vita per compiacere qualcuno, ma per prendere contatto con le emozioni più profonde e più vere

In classe Jacopo (nome di fantasia) alterna momenti di isolamento e di tristezza a comportamenti inadeguati e provocatori. Frequenta la quarta della scuola primaria ed è sicuramente un allievo difficile. Anche la sua storia è difficile: una separazione conflittuale dei genitori quando il bambino aveva poco più di sei anni, con perizie, controperizie, assistenti sociali e tribunali e poi, in terza, quando questa bufera stava cominciando ad attenuarsi, una certificazione per difficoltà di apprendimento vissuta molto male e un conseguente PDP vissuto anche peggio. Di tutto questo le insegnanti hanno notizie, spesso vaghe e contraddittorie, dai genitori e dagli specialisti che seguono il caso. Da Jacopo, mai una parola. Riconoscete in questo breve frammento di storia la trappola del “dimenticatoio”? Il bambino passa ore al suo banco in silenzio, distratto da quello che avviene in classe o chiuso nei suoi pensieri. Oppure, all’improvviso, si alza, gironzola per l’aula, va a guardare fuori dalla finestra, disturba la lezione e i compagni. Forse varrebbe la pena di aprire il grande armadio polveroso della sua vita, pieno di oggetti accumulati alla rinfusa e mai più ritirati fuori. Questo significa provare a lavorare sulla sua memoria autobiografica. Prima aiutiamo Jacopo a raccontare: quando i genitori litigavano e se lo contendevano, quando lo psicologo scrisse su un foglio che lui era diverso dai compagni. Poi aiutiamo i compagni ad ascoltare e a parlare a loro volta. Anche il primo della classe ha quasi certamente un dimenticatoio con oggetti pieni di polvere. Infine, lavoriamo con la memoria autobiografica per scrivere questa storia. La storia di Jacopo. Ma davvero esiste la storia di Jacopo? Non è più probabile che ne esistano tante? Il papà e la mamma litigavano e mi facevano soffrire, ma litigavano per me. Era il loro modo, sbagliato, certo, perché gli esseri umani sbagliano, di volermi bene. Quando lo psicologo scrisse su un foglio che la maestra doveva darmi più tempo per svolgere le verifiche, voleva dire che sono diverso dagli altri perché sono scemo e non valgo niente, oppure che sono diverso dagli altri perché sono più lento a leggere, ma capisco le cose, so ragionare, sono intuitivo e quel tempo in più mi serve proprio per esprimere tutto quello che so fare? Naturalmente l’insegnante non può suggerire questi modi alternativi di costruire costellazioni diverse, ma può suggerire a Jacopo di provarci. Può aiutare il bambino ad attingere alla sua memoria autobiografica per liberare emozioni e vedere la sua vita in un modo nuovo.

La memoria autobiografica è il contrario del dimenticatoio di Sara. È il ricordo dei fatti che punteggiano la nostra vita. Gli psicologi sanno bene come sia importante lavorare con la memoria autobiografica dei loro pazienti. Prima di tutto per far emergere questi ricordi, perché compressi e lasciati a impolverare nel dimenticatoio fanno male, e poi per provare a raccontarli in un modo nuovo. I fatti contenuti nella nostra memoria autobiografica sono come le stelle nel cielo. Sono lì: e noi non possiamo né spostarli, né modificarli, né fingere che non ci siano. Ma le costellazioni non sono nel cielo. Il modo di unire le stelle per dar loro un senso, come il modo di unire i fatti che raccontano la nostra vita, non sono nel cielo, né fuori di noi. Sono costruzioni della nostra mente, ricomponibili in infiniti modi. La psicoterapia consiste talvolta in un percorso compiuto insieme al paziente per aiutarlo a dare un senso diverso al contenuto della sua memoria autobiografica, a ricostruire la sua storia in un modo nuovo.

Esperienze di memoria autobiografica in classe

L’importanza dell’assenza del giudizio

Mi è piaciuto chiudere il mio breve articolo con questa sorprendente filastrocca di Gianni Rodari perché spesso i poeti arrivano prima e meglio degli altri all’essenza profonda delle cose e, soprattutto, al nostro cuore. Desidero ringraziare di cuore Alessandra Evangelisti, organizzatrice e anima del Festival della memoria, perché è dal suo invito al Memofest a Villa Medicea dell’estate 2021 che è poi nato questo articolo.

La memoria autobiografica

«Niente di quello che dirai potrà essere usato contro di te»

<blockquote>Ho conosciuto un tale di San Donà di Piave che voleva raccontare la storia di… BIANCANAVE.Cacciato con vergogna scappò fino a Terontola e cominciò a narrare la storia di… CENERONTOLA.Di là fuggì in Sardegna si fermò a Bordigali e cominciò la storia del… MATTO CON GLI STIVALI.Girò tutta l’Italia, la Francia e l’Ungheria sempre a sbagliare storie e a farsi cacciar via.E ancora gira e spera ancora di trovare qualcuno che abbia voglia di starlo ad ascoltare,qualcuno che capisca che sbagliando, per prova, con una storia vecchia si può fare una storia nuova. </blockquote>

La storia di Jacopo

Gli insegnanti, a causa del loro lavoro, sanno bene quanto sia importante la memoria e quanti tipi diversi di memoria ci siano.
 
 C’è la memoria a lungo termine: in terza Antonio ha imparato
 
 La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale…
 
 e in quarta è ancora in grado di completare la quartina: … e
 
 sotto il maestrale urla e biancheggia il mar
 
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 C’è la memoria di lavoro: in prima Elena legge “T”, “A” e

Gli insegnanti, a causa del loro lavoro, sanno bene quanto sia importante la memoria e quanti tipi diversi di memoria ci siano.C’è la memoria a lungo termine: in terza Antonio ha imparato La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale… e in quarta è ancora in grado di completare la quartina: … e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar.C’è la memoria di lavoro: in prima Elena legge “T”, “A” e mette il suono “TA” in un magazzino provvisorio, dove poi metterà il suono “VO” e infine il suono “LO”, per poi leggere la parola TAVOLO e subito svuotare il magazzino per tenerlo pronto per la parola successiva.C’è la memoria procedurale, che permette alla maestra di cucinare gli spaghetti alla carbonara e all’allievo di eseguire le divisioni con due cifre al dividendo…Ma ce n’è una più importante di tutte, che racchiude la nostra storia, che ci racconta come siamo e come ci rappresentiamo. È di questa che vorrei parlare.

I ricordi nel dimenticatoio

I fatti contenuti nella nostra memoria autobiografica sono come le stelle nel cielo: non possiamo né spostarli né modificarli

La memoria autobiografica in classe

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