Articoli
L’importanza della sintonia dei punti di vista
Le buone relazioni sono caratterizzate da emozioni piacevoli, allegria, serenità, fiducia, desiderio di condivisione; meno riconosciuta ma altrettanto importante è la sensazione tacita che tra sé e l’altro vi sia reciprocità

Mentre tutti sarebbero d’accordo nel sostenere che delle buone relazioni sono caratterizzate da emozioni piacevoli, allegria, serenità, fiducia, desiderio di condivisione, meno riconosciuto è un ingrediente altrettanto importante. Mi riferisco alla sensazione tacita che tra sé e l’altro vi sia reciprocità, un equilibrio nel valore che ciascuno attribuisce all’altro, un’intesa circa il significato di quanto accade. Esempi evidenti di questo sottile “intonarsi” tra i partner sono presenti nell’amicizia e nell’amore: a determinarne la nascita e il perdurare, infatti, non sono le disposizioni individuali, l’affetto o l’attrazione che ciascuno prova nei confronti dell’altro, il soggettivo desiderio di instaurare un determinato rapporto, ma il gioco di specchi di questi sentimenti. Non basterà tutta la mia simpatia per Stefania per farne la mia amica del cuore, né tutta l’attrazione che Giovanni mi ispira per convincerlo a mettersi con me.
Perché tra noi si instauri una relazione “felice” è invece indispensabile che il mio partner provi autonomamente nei miei confronti il medesimo sentimento, che lo chiami con lo stesso nome e che gli attribuisca il medesimo valore che io gli assegno. Al contrario, gran parte dei malesseri relazionali scaturiscono dalla mancata “corrispondenza” sia nel desiderio di instaurare un certo tipo di rapporto (quella bambina a me così gradita preferisce un’altra compagna), sia nel peso e nell’intensità del legame (quello che ritengo un sodalizio lavorativo a lungo termine appare invece all’altro una proficua ma occasionale collaborazione).
In famiglia
Le ricerche hanno documentato la forte connessione tra il benessere relazionale e la sintonia dei punti di vista dei partner sulla qualità dei loro rapporti. Uno studio condotto con genitori e figli ha messo a confronto le idee espresse separatamente dagli adolescenti e dagli adulti su vari aspetti della vita familiare ed evidenziato che il conflitto intergenerazionale era tanto più forte quanto più tali punti di vista divergevano: quando, per esempio, i figli ritenevano di essere obbedienti e di assoggettarsi sempre alle richieste degli adulti (come nel fare i compiti o nel tenere in ordine le proprie cose), mentre questi ultimi descrivevano i propri figli come irragionevoli e incapaci di assecondarli e di adeguarsi alle regole.
Altri studi hanno mostrato che la conflittualità tra fratelli è particolarmente alta quando ciascuno dei due è convinto che l’altro sia avvantaggiato nel trattamento ricevuto dai genitori, di subire dal fratello molte più prepotenze di quante ne faccia, di dare più attestazioni di affetto di quante non ne riceva.
A scuola
Agli stessi risultati sono pervenute le indagini sulle relazioni tra insegnanti e allievi: a renderle difficili o spiacevoli non erano lo scarso rendimento né la specificità della materia, quanto la divergenza di opinioni sulla natura e sulle cause di ciò che, secondo i partecipanti, accadeva tra loro e in classe.
Il rapporto, misurato in termini di coinvolgimento e collaborazione, si faceva più povero e problematico nei casi in cui l’allievo pensava di aver fatto del proprio meglio per riuscire in un compito, mentre l’insegnante gli imputava disimpegno; o quando quest’ultimo riteneva di aver valutato con giustizia la preparazione di un allievo che invece sentiva di essere sistematicamente penalizzato; o ancora quando l’insegnante si sentiva poco autorevole e poco stimato agli occhi di studenti che invece dichiaravano di tenere molto al giudizio di quel docente e di ammirarlo.
La sintonia tra le risonanze emotive (siano esse positive o negative) dei partner che condividono un’esperienza sociale, l’accordo nel “leggere” la medesima situazione, è risultata essere – oltre che una premessa di benessere nella normale vita relazionale – anche un importante supporto alla resilienza, alla capacità di una comunità di far fronte a circostanze difficili.
Il caso delle scuole superiori finlandesi
Conferme in tal senso le offre un recentissimo studio che ha indagato le conseguenze e le reazioni delle scuole superiori finlandesi all’emergenza pandemica, interrogando insegnanti e allievi su quali fossero gli aspetti migliori e quali i più problematici dell’insegnamento/apprendimento a distanza. Le conseguenze negative della DAD per gli allievi – peggiori risultati scolastici, malessere psicologico e disaffezione alla scuola – sono state meno gravi nelle classi in cui vi erano più analogie tra le opinioni degli studenti e quelle dei loro professori.
Esperienze scolastiche particolarmente costruttive e protettive del benessere si sono avute quando l’impressione espressa dagli studenti che l’apprendimento a distanza fosse difficile, isolante e scoraggiante trovava pieno riconoscimento nei loro insegnanti, o quando a fronte del bisogno espresso dagli allievi di ricevere supporto e feed-back regolari e costruttivi, i docenti dichiaravano di rendersi conto di quanto fosse duro per i ragazzi imparare a essere più auto-regolati e indipendenti.
Nel caso degli insegnanti, analogamente, i fenomeni di burn-out, demotivazione e deterioramento delle competenze didattiche si sono presentati più raramente quando i docenti sentivano di appartenere a una comunità che li comprendeva e condivideva le difficoltà e l’impegno che l’adattamento alla nuova realtà imponeva.
Le conseguenze negative della DAD sono state meno gravi nelle classi in cui vi erano più analogie tra le opinioni degli studenti e quelle dei loro professori
Confrontando tra loro le risposte degli insegnanti, le scuole “più forti” sono risultate quelle i cui docenti concordavano sul fatto che la trasformazione didattica ed educativa necessaria non fosse solo una responsabilità individuale ma dell’intera istituzione scolastica, che si dovesse elaborare una comune strategia a cui tutti dovessero impegnarsi e che l’emergenza non dovesse diventare una corsa a ostacoli da vincere o perdere da soli, o in cui “dimostrare” la propria competenza. Particolarmente costruttivo è stato il caso in cui l’impressione espressa dagli studenti che l’apprendimento a distanza fosse difficile, isolante e scoraggiante trovava pieno riconoscimento nei loro insegnanti, che si impegnavano a creare ambienti online piacevoli e flessibili, attenti ai bisogni e alle identità individuali.
Il sentirsi compresi nell’interpretazione delle esperienze che si vivono insieme può preservare le relazioni dal rischio di fratture insanabili ed evitare che eventi critici determinino uno smarrimento eccessivo o quella frammentazione dell’io da cui possono generarsi senso di impotenza e comportamenti violenti, aggressivi, auto-lesivi.