Virtù dell’errore

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Impariamo a rilassarci

Tutti insieme nel gruppo classe

Alleniamo la concentrazione

In una serie di lavori, alla fine del secolo scorso, John Borkowski e i suoi colleghi tratteggiarono le dieci caratteristiche dello studente strategico, da loro definito il buon strategy user.&nbsp;Un po’ semplificate, sono le seguenti:&nbsp;1) conosce strategie,&nbsp;2) ne coglie l’importanza,&nbsp;3) sa scegliere quelle giuste e vedere se funzionano,&nbsp;4) è motivato,&nbsp;5) crede che la mente può essere potenziata,&nbsp;6) non ha paura dell’insuccesso,&nbsp;7) non è ansioso di fronte a una prova,&nbsp;8) crede nell’impegno ben organizzato,&nbsp;9) riconosce le differenze fra le menti e i limiti della propria,&nbsp;10) è sostenuto dagli adulti.&nbsp;Invito gli insegnanti a considerare i loro alunni e a impegnarli nello studio di qualcosa che può interessarli: una filastrocca divertente nel caso di bambini di inizio primaria, le parole di una canzone di moda nel caso di bambini più grandi.&nbsp;Nelle mie osservazioni con bambini delle prime classi della primaria ho potuto vedere che, in compiti del genere, possono già mettere in atto strategie funzionali come quelle di dividersi il materiale, ripeterlo, provare a vedere se ricordano, soffermarsi su quello che non ricordano, partecipare in maniera motivata alla attività, avere fiducia di raggiungere l’obiettivo.&nbsp;Il bambino che si affaccia alla scuola primaria è già dunque un potenziale grande utilizzatore di strategie. Il primo compito dell’insegnante è dunque far emergere la sua strategicità, potenziarla, farla applicare anche a compiti meno gradevoli.&nbsp;Se si osservano i tipici perfezionamenti delle abilità strategiche nello studio si possono avere elementi di ispirazione sull’attività didattica che può facilitare questi perfezionamenti. Per esempio, con gli anni aumentano le strategie elaborative che portano a capire in profondità quello che si studia (elaborazione profonda), si è maggiormente portati a usare facilitatori per memorizzare le informazioni (uso di facilitatori) e si è più capaci di utilizzarli nel momento in cui servono (recupero attivo), si è più in grado di trasferire le strategie a situazioni nuove (transfer), si organizzano meglio le strategie in funzione di quello che già si sa (uso delle conoscenze precedenti).&nbsp;Vediamo questi punti e le loro implicazioni per la pratica educativa:&nbsp;• elaborazione profonda: per quanto il bambino sia portato per natura a elaborare il significato, piuttosto che la forma, di quanto sente, può succedere tuttavia che, con materiale difficile, si fermi alla formulazione esplicita, per cui è necessario sollecitarlo a chiedersi se davvero ha capito e a elaborare con parole sue;&nbsp;• uso di facilitatori: il passaggio dalla comprensione all’apprendimento intenzionale richiede che ci sia uno sforzo attivo per memorizzare l’informazione e questo può essere facilitato dalla individuazione di indizi che facilitano la memorizzazione (rime, ecc.);&nbsp;• recupero attivo: il bambino che mette alla prova il suo ricordo quando sta imparando a memoria una filastrocca potrebbe poi non applicare la stessa modalità quando è impegnato nello studio “a senso” di materiale più complesso, per cui deve essere stimolato a testarsi, anche con piccole simulazioni svolte in classe alla fine della lezione;&nbsp;• transfer: è importante che il bambino capisca che quanto apprende (comprese le strategie) non ha un valore limitato al contesto in cui ha appreso, ma può essere esteso ad altre situazioni;&nbsp;• uso delle conoscenze precedenti: il bambino deve metacognitivamente rendersi conto che mai una conoscenza è del tutto nuova, perché noi facciamo sempre uso di quanto sappiamo, se non altro del nostro lessico e dei concetti a esso sottostanti.&nbsp;

• Cornoldi, C. (1995). Metacognizione e apprendimento. Bologna: Il Mulino.&nbsp;

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Il bambino strategico

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