Difficoltà nella scrittura, nella gestione dello spazio e del corpo

Come evitare comportamenti provocatori in classe

Chiarimenti sui DSA

pedagogicamente

Muoviamo i primi passi

Il dettato ortografico

Calcolatrice e altre strategie

Marco de Caris è psicologo e psicote­rapeuta, lavora nel campo dei disturbi dello spettro autistico ed è docente universitario in Master di numerosi atenei. È presidente delle Cooperative sociali NOS ed ECAP, che gestiscono servizi per l’autismo.

Il progetto individuale.&nbsp;Dal profilo di funzionamento su base ICF al PEI Le innovazioni in materia di inclusione scolastica. Lucio Cottini e Marco de Caris ​​​​Giunti EDU, Firenze 2020La Guida in chiave operativa accompagna tutti i docenti nell’applicazione delle novità del D.Lgs 66/2017 e 96/2019, nell’ambito dei quali il Progetto Individuale è inteso come espressione di una nuova interpretazione della disabilità, vista come complessa interazione tra condizioni di salute e fattori contestuali. Passo dopo passo, viene descritto l’iter operativo da seguire per recepire le ultime novità: dalla richiesta di accertamento della disabilità da parte della famiglia fino alla stesura del profilo di Funzionamento su base ICF e del PEI stesso.

1. In che modo possiamo orientare la progettazione verso una dimensione inclusiva?
 


 È stato fatto un passaggio culturale rilevante, dal concetto di integrazione a quello di inclusione. Anche dal punto di vista legislativo c’è stato un cambiamento importante con il nuovo PEI.


 Nel momento in cui facciamo una programmazione di che cosa dobbiamo tener conto? Fondamentalmente, nel modello ICF e ICF-CY pe

1. In che modo possiamo orientare la progettazione verso una dimensione inclusiva?È stato fatto un passaggio culturale rilevante, dal concetto di integrazione a quello di inclusione. Anche dal punto di vista legislativo c’è stato un cambiamento importante con il nuovo PEI.Nel momento in cui facciamo una programmazione di che cosa dobbiamo tener conto? Fondamentalmente, nel modello ICF e ICF-CY per i piccoli e gli adolescenti, non solo delle caratteristiche dell’individuo (del bambino) in termini di competenze, disabilità oppure deficit, ma anche del livello di attività e di partecipazione all’interno del contesto scolastico. Questo conduce a una necessità, apportare delle modifiche nel senso (uso dei termini utilizzati nell’ICF) di individuare le barriere non solamente architettoniche, ma anche dal punto di vista relazionale, sociale e situazionale.Dobbiamo modificare gli strumenti, anche didattici, da utilizzare, in modo che l’ambiente possa accogliere e facilitare l’apprendimento e l’inclusione dell’alunno con disabilità.2. Come si traduce questo nella pratica quotidiana alla scuola dell’infanzia?Rimuovere e sostituire con facilitatori tutto ciò che individuiamo come barriere.Sappiamo che il gioco, la relazione e l’apprendimento cooperativo sono fondamentali per i bambini della scuola dell’infanzia, focalizziamoci allora su come facilitare relazione e gioco.Pensiamo a un bambino con spettro autistico: se la relazione non viene spontanea è importante che noi la guidiamo e ciò significa, per esempio, individuare le difficoltà che emergono in quel momento nel mettere in pratica alcune modalità relazionali e insegnarle.Non basta semplicemente dire ai compagni “Fatelo giocare con voi”, ma significa anche cominciare a chiedersi: “Che cosa deve imparare? Sa seguire il turno?”. Allora creiamo e proponiamo giochi con un semplice turno da seguire: guidiamo il bambino e andiamo avanti in modo che sia sempre più autonomo e quindi poi possa gestire le relazioni da solo.3. Come fare perché le programmazioni curricolari si integrino con il PEI del bambino o della bambina con disabilità?Ogni alunno è differente e necessita di un’attenzione particolare e individualizzata, tanto più un bambino o una bambina con una disabilità o con bisogni speciali.La grossa sfida degli insegnanti è quella di bilanciare l’individualizzazione di una proposta didattica e l’inclusione rispetto al gruppo di pari.Ci sono delle strategie necessarie per la persona con disabilità, ma in realtà se ne possono giovare anche tutti gli altri. Riferendosi a tutti gli ordini di scuola, pensiamo per esempio a tutte le strategie visive di insegnamento (immagini, contenuti multimediali, mappe concettuali per gli alunni). E inoltre la peer education, l’educazione tra pari, il peer tutoring, il supporto tra pari, il cooperative learning, per l’apprendimento cooperativo, sono tutte strategie in cui noi coinvolgiamo anche i compagni. Devo dire, per esperienza, che è veramente utile per tutti, per l’alunno con disabilità che si trova in una situazione sicuramente più motivante e per il gruppo di pari.4. Qual è il ruolo della valutazione nella progettazione?Alla luce del nuovo Pei è fondamentale la valutazione e soprattutto la consapevolezza in itinere che ciò che stiamo facendo è efficace ed efficiente. Come fare?Per l’area emotivo-relazionale, strettamente legata all’inclusione, ci sono alcune possibilità di valutazione, finora appannaggio dell’équipe multidisciplinare, che stanno passando sempre più nelle mani nel corpo docente.Strumenti più specifici di valutazione psicoeducativa, presenti per esempio in esperienze che mi trovano coinvolto per alunni con disturbo dello spettro autistico: il PEP3 per i bambini fino alla scuola primaria e il TTAP per i più grandi.Strumenti specifici di cui si sono muniti gli insegnanti, strumenti che sono un po’ a cavallo tra la scuola e il servizio territoriale.Ma la cosa importante, lo dico da riabilitatore di vecchia data, è avere una forma mentis che valuta costantemente i progressi (e anche i “non progressi”) per capire quali sono le strategie che io insegnante devo mettere in campo, insieme agli altri docenti, per facilitare l’apprendimento e l’inclusione.Su questo aggiungo una cosa fondamentale: deve necessariamente esserci una rete, tutti siamo all’interno dello stesso processo di apprendimento. Lo so che è molto difficile che ASL, scuola, famiglia trovino anche solo gli spazi per incontrarsi in questo percorso, però è importante che ci si sieda e che si elaborino insieme, in maniera corresponsabile, le modifiche del PEI che dobbiamo realizzare.

1. In che modo possiamo orientare la progettazione verso una dimensione inclusiva?È stato fatto un passaggio culturale rilevante, dal concetto di integrazione a quello di inclusione. Anche dal punto di vista legislativo c’è stato un cambiamento importante con il nuovo PEI.Nel momento in cui facciamo una programmazione di che cosa dobbiamo tener conto? Fondamentalmente, nel modello ICF e ICF-CY per i piccoli e gli adolescenti, non solo delle caratteristiche dell’individuo (del bambino) in termini di competenze, disabilità oppure deficit, ma anche del livello di attività e di partecipazione all’interno del contesto scolastico. Questo conduce a una necessità, apportare delle modifiche nel senso (uso dei termini utilizzati nell’ICF) di individuare le barriere non solamente architettoniche, ma anche dal punto di vista relazionale, sociale e situazionale.Dobbiamo modificare gli strumenti, anche didattici, da utilizzare, in modo che l’ambiente possa accogliere e facilitare l’apprendimento e l’inclusione dell’alunno con disabilità. 2. Come si traduce questo nella pratica quotidiana alla scuola dell’infanzia?Rimuovere e sostituire con facilitatori tutto ciò che individuiamo come barriere.Sappiamo che il gioco, la relazione e l’apprendimento cooperativo sono fondamentali per i bambini della scuola dell’infanzia, focalizziamoci allora su come facilitare relazione e gioco.Pensiamo a un bambino con spettro autistico: se la relazione non viene spontanea è importante che noi la guidiamo e ciò significa, per esempio, individuare le difficoltà che emergono in quel momento nel mettere in pratica alcune modalità relazionali e insegnarle.Non basta semplicemente dire ai compagni “Fatelo giocare con voi”, ma significa anche cominciare a chiedersi: “Che cosa deve imparare? Sa seguire il turno?”. Allora creiamo e proponiamo giochi con un semplice turno da seguire: guidiamo il bambino e andiamo avanti in modo che sia sempre più autonomo e quindi poi possa gestire le relazioni da solo. 3. Come fare perché le programmazioni curricolari si integrino con il PEI del bambino o della bambina con disabilità?Ogni alunno è differente e necessita di un’attenzione particolare e individualizzata, tanto più un bambino o una bambina con una disabilità o con bisogni speciali.La grossa sfida degli insegnanti è quella di bilanciare l’individualizzazione di una proposta didattica e l’inclusione rispetto al gruppo di pari.Ci sono delle strategie necessarie per la persona con disabilità, ma in realtà se ne possono giovare anche tutti gli altri. Riferendosi a tutti gli ordini di scuola, pensiamo per esempio a tutte le strategie visive di insegnamento (immagini, contenuti multimediali, mappe concettuali per gli alunni). E inoltre la peer education, l’educazione tra pari, il peer tutoring, il supporto tra pari, il cooperative learning, per l’apprendimento cooperativo, sono tutte strategie in cui noi coinvolgiamo anche i compagni. Devo dire, per esperienza, che è veramente utile per tutti, per l’alunno con disabilità che si trova in una situazione sicuramente più motivante e per il gruppo di pari. 4. Qual è il ruolo della valutazione nella progettazione?Alla luce del nuovo Pei è fondamentale la valutazione e soprattutto la consapevolezza in itinere che ciò che stiamo facendo è efficace ed efficiente. Come fare?<ul><li>Per l’area emotivo-relazionale, strettamente legata all’inclusione, ci sono alcune possibilità di valutazione, finora appannaggio dell’équipe multidisciplinare, che stanno passando sempre più nelle mani nel corpo docente.</li><li>Strumenti più specifici di valutazione psicoeducativa, presenti per esempio in esperienze che mi trovano coinvolto per alunni con disturbo dello spettro autistico: il PEP3 per i bambini fino alla scuola primaria e il TTAP per i più grandi.</li><li>Strumenti specifici di cui si sono muniti gli insegnanti, strumenti che sono un po’ a cavallo tra la scuola e il servizio territoriale. </li></ul>Ma la cosa importante, lo dico da riabilitatore di vecchia data, è avere una forma mentis che valuta costantemente i progressi (e anche i “non progressi”) per capire quali sono le strategie che io insegnante devo mettere in campo, insieme agli altri docenti, per facilitare l’apprendimento e l’inclusione.Su questo aggiungo una cosa fondamentale: deve necessariamente esserci una rete, tutti siamo all’interno dello stesso processo di apprendimento. Lo so che è molto difficile che ASL, scuola, famiglia trovino anche solo gli spazi per incontrarsi in questo percorso, però è importante che ci si sieda e che si elaborino insieme, in maniera corresponsabile, le modifiche del PEI che dobbiamo realizzare.

Marco de Caris è psicologo e psicote­rapeuta, lavora nel campo dei disturbi dello spettro autistico ed è docente universitario in Master di numerosi atenei. È presidente delle Cooperative sociali NOS ed ECAP, che gestiscono servizi per l’autismo.

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