Psicologia e scuola di Novembre-Dicembre: la scuola è #cittadinanza

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I nuovi modelli di PEI per una progettazione inclusiva

Per non lasciare indietro nessuno

Siamo tutti uguali ma diversi

Primi giorni di scuola

Muoviamo i primi passi

Gioco e cresco con gli altri

Molto spesso ci si approccia al corpo della persona con disabilità come a un corpo “difettoso”, fragile, e si pone l’attenzione sui suoi limiti, sulle sue impossibilità. Si evita di proporre alle persone disabili esperienze che rischino di essere frustranti per loro o addirittura di mettere in pericolo l’altro, e capita inoltre di non sapere come e se toccarne il corpo, e in quali punti. Nell’ambito della disabilità, l’esperienza del movimento e del toccare l’altro diventano quindi molto spesso un aspetto negato, pregiudicando in qualche modo sia la relazione interpersonale, sia lo sviluppo psichico e fisico della persona: soprattutto in alcuni casi, per esempio quelli con disabilità gravi, dove il “tocco” spesso è esclusivamente finalizzato alla “cura” e all’igiene della persona, o a scopo riabilitativo/terapeutico. Gli studi sull’Anatomia esperienziale (Olsen, 1994) e sul Movimento somatico (Bainbridge Cohen, 2012) evidenziano che è attraverso i sensi che riceviamo informazioni dal nostro ambiente interno (noi stessi) e da quello esterno (gli altri e il mondo) e che il tatto e il movimento sono le prime esperienze sensoriali, alla base dello sviluppo successivo del senso del gusto, di quello dell’olfatto, dell’udito, della vista. Lavorare per sviluppare il potenziale percettivo e motorio dei bambini e degli adolescenti con disabilità diventa dunque una strada percorribile per aiutarli a esprimere il proprio potenziale psichico.

<ul><li>Bainbridge Cohen B. (2012), Sensazione, Emozione, Azione, Epsylon, Roma. </li><li>Merleau Ponty M. (2003), Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano. </li><li>Olsen A. (1994), Anatomia Esperienziale, Red Edizioni, Milano. </li><li>Pallaro P. (a cura di, 2003), Movimento autentico, scritti di Mary Starks Whitehouse, Janet Adler e Joan Chodorow, Edizioni Cosmopolis, Torino. </li><li>Tolja J., Puig T. (2016), Essere corpo, TEA, Milano. </li></ul>

In alcuni casi anche il movimento della testa, della bocca, degli occhi può costituirsi come un linguaggio molto vasto e denso di visioni poetiche, e restituisce una possibilità per entrare nello spazio, per abitarlo

Progettare interventi a scuola

Il primato dell'esperienza

Educare all'ascolto del corpo

In Fenomenologia della Percezione Merleau-Ponty (2003) individua nel corpo la condizione necessaria dell’esperienza: il corpo come apertura percettiva al mondo. Il primato della percezione significa un primato dell’esperienza, nel momento in cui la percezione riveste un ruolo attivo e costitutivo. Un corpo che è allo stesso tempo oggetto e soggetto della conoscenza. Se pensiamo alla danza, il movimento non è altro che un mezzo per entrare in contatto con se stessi, con la parte invisibile di sé. Nel movimento emerge la realtà della vita interiore. Nella pratica del Movimento autentico si usa molto l’immaginazione attiva per coinvolgere le persone nelle loro fantasie e immagini. Anche muoversi per esempio a partire dai sogni può fornire tanto materiale per comprendere se stessi. Per Mary Starks Whitehouse (Pallaro, 2003) il corpo si muove, costantemente, anche solo per il fatto che respiriamo; è sempre lì, non ha bisogno di tempi e di luoghi, ha soltanto bisogno di essere ascoltato.

Quando si progettano interventi volti a bambini e adolescenti con disabilità in contesti scolastici, con gruppi classe e/o con piccoli gruppi, è possibile orientarsi nel lavoro guidando i destinatari a riappropriarsi di una maggiore consapevolezza del corpo, dei suoi bisogni e delle sue funzioni, per via esperienziale. Anche un corpo portatore di handicap, fisico o psichico, è un corpo che sente e che può rispondere e relazionarsi con l’altro e con il mondo. Può essere interessante prevedere delle sessioni che aiutino a riappropriarsi dello spazio, a esplorarlo maggiormente, grazie al movimento, presupposto di uno stare in relazione creativo e dinamico, sia all’interno di sale/palestre adibite all’attività motoria, sia all’interno degli spazi interni ed esterni che le strutture offrono (corridoi, aule, giardini…). Portare avanti un lavoro su un contatto che non è solo fisico, ma che è frutto di un gioco sulla distanza, di un allontanarsi e riavvicinarsi continuo. E si possono esplorare le diverse forme del contatto anche attraverso il tocco. Molto spesso, in ambiente scolastico, si riscoprono potenzialità di cui nel quotidiano e nel contesto familiare non abbiamo modo di fare esperienza; si sviluppano capacità comunicative che vanno oltre la parola e il significato e capacità relazionali con l’altro, con il gruppo e con il mondo.

Molto spesso ci si approccia al corpo della persona con disabilità come a un corpo “difettoso”, fragile, e si pone l’attenzione sui suoi limiti, sulle sue impossibilità.
 
 Si evita di proporre alle persone disabili esperienze che rischino di essere frustranti per loro o addirittura di mettere in pericolo l’altro, e capita inoltre di non sapere come e se toccarne il corpo, e in quali punti.
 
 Nell’ambito della disabilità, l’esperienza del movimento e del toccare l’altro diventano quindi molto spesso un aspetto negato, pregiudicando in qualche modo sia la relazione interpersonale, sia lo sviluppo psichico e fisico della persona: soprattutto in a

Molto spesso ci si approccia al corpo della persona con disabilità come a un corpo “difettoso”, fragile, e si pone l’attenzione sui suoi limiti, sulle sue impossibilità.Si evita di proporre alle persone disabili esperienze che rischino di essere frustranti per loro o addirittura di mettere in pericolo l’altro, e capita inoltre di non sapere come e se toccarne il corpo, e in quali punti.Nell’ambito della disabilità, l’esperienza del movimento e del toccare l’altro diventano quindi molto spesso un aspetto negato, pregiudicando in qualche modo sia la relazione interpersonale, sia lo sviluppo psichico e fisico della persona: soprattutto in alcuni casi, per esempio quelli con disabilità gravi, dove il “tocco” spesso è esclusivamente finalizzato alla “cura” e all’igiene della persona, o a scopo riabilitativo/terapeutico.Gli studi sull’Anatomia esperienziale (Olsen, 1994) e sul Movimento somatico (Bainbridge Cohen, 2012) evidenziano che è attraverso i sensi che riceviamo informazioni dal nostro ambiente interno (noi stessi) e da quello esterno (gli altri e il mondo) e che il tatto e il movimento sono le prime esperienze sensoriali, alla base dello sviluppo successivo del senso del gusto, di quello dell’olfatto, dell’udito, della vista.Lavorare per sviluppare il potenziale percettivo e motorio dei bambini e degli adolescenti con disabilità diventa dunque una strada percorribile per aiutarli a esprimere il proprio potenziale psichico.

Ecco che in ambito pedagogico e in contesti scolastici, sia con bambini sia con adolescenti con disabilità, diventa fondamentale educare all’ascolto, al rapporto con il proprio corpo. Perché in molti casi il movimento e il tocco rappresentano le uniche possibilità di entrare in relazione all’altro, al mondo e a se stessi. E questo vale a maggior ragione anche per quei bambini e ragazzi che presentano compromissioni più o meno gravi delle funzionalità percettive e motorie. In alcuni casi anche il movimento nelle sei direzioni della testa, della bocca, degli occhi può costituirsi come un linguaggio molto vasto e denso di visioni poetiche, e restituisce una possibilità per entrare nello spazio, per abitarlo. Per quanto riguarda il tocco, il ­Body Mind Centering lo sviluppa come una pratica: toccare non per guarire, né per aggiustare, ma per conoscere, per ascoltare. Quando tocchiamo qualcuno, ne siamo a nostra volta toccati. Questo aspetto è molto importante all’interno di contesti scolastici, che a differenza dei centri diurni e delle realtà specificatamente volte alla disabilità, garantiscono l’inclusione e l’integrazione, in quanto permettono di lavorare con gruppi misti, dove ai bambini e ai ragazzi è permesso di incontrare “altri corpi”, e di trasmettere e ricevere il proprio modo di stare al mondo, favorendo l’integrazione di modalità diverse dalle proprie. La scuola, in questo senso, rappresenta un mondo stimolante per bambini e adolescenti con disabilità, in quanto garantisce lo spazio per il libero manifestarsi nella relazione, dove l’altro è un corpo e un organismo con la propria storia, con le proprie possibilità, con le proprie competenze. E dà la possibilità di esplorare là dove non è nostra consuetudine spingerci per scoprire e poter sviluppare nuove abilità.

Disabilità: l’esperienza del movimento e del “tocco”

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