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Interrogare l’allievo alloglotto: le strategie degli insegnanti

Che cosa fa l’insegnante per facilitare l’alunno poco italofono nel momento dell’interrogazione? Una ricerca ha individuato sette strategie che si rivelano più o meno efficaci. Di Roberta Grassi, Università degli studi di Bergamo.  

di Redazione GiuntiScuola20 aprile 201816 minuti di lettura
Interrogare l’allievo alloglotto: le strategie degli insegnanti | Giunti Scuola

Nell’interazione con un parlante con limitate competenze linguistiche, i parlanti (persino i bambini) sono in grado di mettere in atto, in modo spontaneo, adeguamenti al loro eloquio che rendono l’input più comprensibile e per questo, dicono le teorie, più utile all’apprendimento. Ci siamo chiesti se anche nel contesto didattico l’insegnante metta in atto adeguamenti simili quando impegnato ad interagire con i suoi alunni per i quali l’italiano non è lingua materna. Per scoprirlo, abbiamo raccolto dati del genere di interazione uno-a-uno più tipica del contesto didattico: l’interrogazione. Questo evento comunicativo è per l'insegnante una verifica - e per lo studente un’esibizione – fatta a scopi valutativi, della padronanza di concetti e nozioni precedentemente affrontati, espressa linguisticamente in forma orale. I dati raccolti hanno riguardato cinque classi plurilingui di storia della scuola dell'obbligo (dalla 3a primaria alla 1a media), con 45 interrogazioni tutte dedicate al tema de “Il viaggio di Cristoforo Colombo”, a partire da testi scritti uguali per tutti.
Le strategie impiegate si lasciano disporre lungo un continuum ai cui estremi stanno da un lato gli adeguamenti che hanno lo scopo di aiutare lo studente a comprendere le domande dell’insegnante; dall’altro, gli adeguamenti intesi ad ottenere direttamente la risposta voluta, quella “giusta”.
Gli adeguamenti più frequentemente riscontrati appartengono alle seguenti tipologie:

  • Riformulazioni delle domanda
  • Restringimento del focus della domanda
  • Sequenze negoziali
  • Offerta di indizi
  • Ricorso al testo come ausilio
  • Uso di ausili extralinguistici
  • “Imbeccate”

Cercheremo qui di seguito di esemplificare le strategie citate, dando conto di entrambi i macroobiettivi individuati.

Riformulazioni e “restringimenti” delle domande

Gli adeguamenti nettamente orientati alla comprensione della domanda non sono i più numerosi nel corpus. Tra di essi vi sono per esempio le riformulazioni delle domande per renderle (più) comprensibili. Si veda l’es. (1), che coinvolge uno studente non nativo di quinta (scuola primaria) con limitate competenze in italiano. (Tra i simboli che ricorrono, ci interessano: #, che corrisponde ad una pausa, e 0, che corrisponde ad un turno di silenzio.)

(1) 5^ primaria, non nativo

  • INS: allora, una cosa!
  • INS: perché [!] tutti [!] # a quel tempo volevano andare nelle Indie?
  • STU: 0.
  • INS: cosa andavano a fare nelle Indie?
  • INS: per comprare che cosa [=! scandito] ?

La domanda iniziale (r. 2, Perché tutti a quel tempo volevano andare nelle Indie?) viene riformulata in un registro più colloquiale (r. 4, Cosa andavano a fare nelle Indie?), sperando così di farla risultare meno ostica. Si tratta di un primo passaggio, non sempre presente, nel quale il contenuto della domanda resta invariato. Spesso invece le domande, nel venire riformulate, vengono anche ‘ristrette’, come accade anche qui alla riga 5 (Per comprare che cosa?). Si restringe il focus della domanda, e la riformulazione ora contiene degli indizi, anzi, una parte (importante) della risposta attesa inizialmente (per comprare). La richiesta cognitiva si abbassa, e, si noti, con essa cala anche la richiesta di produzione linguistica, che da uno o più enunciati passa a poche parole o una sola (o, come vedremo, anche meno).
Lo stesso passaggio si vede nell’es. (2), dove da una domanda molto generale (r. 1, Come mai si parla di caravelle? si passa ad una puntuale, concreta, e che richiede una risposta di una sola parola (r. 3, Chi ha usato le caravelle?):

(2) 1^ media, non nativo

  • INS: # ehm # come mai si parla di caravelle?
  • STU: # 0.
  • INS: chi ha usato le caravelle?
  • STU: # xx Colombo!

Sequenze negoziali e ricorso ad ausilii extralinguistici

Orientati alla comprensione della domanda, o delle problematiche retrostanti una risposta non attesa sono anche le sequenze dette negoziali: porzioni di conversazione nelle quali si “ferma” il discorso in atto per chiarire reali o potenziali problemi nel passaggio della comunicazione. Le negoziazioni sono riconosciute come particolarmente utili, potenzialmente, per l’avanzamento della competenza linguistica del non nativo, perché vanno a chiarire problemi di comprensione o limiti nella produzione del discente. Esse si realizzano tipicamente attraverso ripetizioni, richieste di chiarimento, controlli di conferma della comprensione propria e altrui. Un esempio di sequenza negoziale è il seguente, che scaturisce dalla difficoltà dello studente a spiegare il tragitto compiuto da Colombo.

(3) 1^ media, non nativo

  • INS: ma l'America dov'è?
  • STU: qua!
  • INS: eh!
  • INS: allora, come fa a scoprire l'America se me lo fai mandare di qua +!?
  • STU: # # fare così!
  • STU: andare qua!
  • INS: ma lui parte da qui !
  • STU: sì!
  • INS: e quindi!
  • INS: come fa [!] a: scoprire l'America se parte da qui?

Nell’esempio (3) si ha un esempio di controllo dell’effettiva comprensione dei contenuti. Le numerose richieste di chiarimenti e conferme presenti qui fanno parte di una “negoziazione” per la reciproca comprensione, mentre i numerosi riferimenti deittici (qui, qua) scaturiscono da un altro adattamento subentrato nel frattempo: l’impiego di un ausilio extralinguistico, una cartina del mondo, per facilitare allo studente la trasmissione dei contenuti relativi alla rotta seguita da Colombo senza doversi in ciò appoggiare solo allo strumento linguistico. È chiaro infatti che poter puntare il dito per mostrare un percorso consente di esprimersi anche senza produrre frasi intere o parole che non si conoscono. Tuttavia, lo scopo di verificare il possesso delle nozioni è comunque raggiunto.
Di fronte a impasse dello studente sia che non paiono riguardare la comprensione della domanda, ma difficoltà nel reperimento dei contenuti della risposta, si attivano da parte dell’insegnante strategie di adeguamento diverse a seconda delle ipotesi sulla causa del problema, che potrebbe essere causato a) da difficoltà nelle esprimere verbalmente la risposta; b) da problemi nella comprensione dei contenuti necessari alla risposta; c) da insufficiente memorizzazione di nozioni.
In casi simili si possono verificare deroghe ai presupposti dell’evento valutativo, quali l’offerta di disporre di ausili per produrre una risposta, ancorché ridotta o addirittura non verbale. Tra gli ausili che abbiamo riscontrato vi sono i permessi di attingere a materiale iconografico ( cfr. es. 4) o al testo di riferimento o a sue parti, che possono anche venire rilette insieme (es. 5).

(4) 1^media, non nativo

  • me la spieghi cos'è la caravella?
  • STU: # 0.
  • STU: che cosa è?
  • INS: guarda [///] tu ha [//] puoi anche guardare la figura!

(5) 5^ primaria, non nativo

  • INS: chi gli ha dato queste: [//] questo aiuto?
  • INS: <da chi> [>] ha avuto aiuto lui?
  • STU: <eh: # eh:> [<] da # i: mh # (as)petta eh:
  • INS: l'hai letto qui [>]?
  • STU: sì [<]!
  • INS: chi l'ha aiutato?
  • STU: eh Ve - spucci eh # stavo pensando-' .
  • STU: come si chiamava -' .
  • INS: leggi questa frase [= indica un punto del testo di riferimento]!

Davanti ad uno studente che chiaramente non sa la risposta giusta (e, si noti, adotta strategie comunicative evolute - eh, eh, mh, aspetta, r. 3; stavo pensando, r. 7; come si chiamava r. 8 - per prendere tempo e farsi venire in mente un nome plausibile in risposta a Chi gli ha dato [a Colombo, ndr] questo aiuto? (La regina di Spagna sarebbe la risposta attesa), l’insegnante si risolve a rivolgersi al testo di partenza, di cui sollecita la rilettura (r. 9, Leggi questa frase). L’implicito, qui, si noti, è che si abbia a che fare con un problema di memorizzazione di nozioni e non invece con un problema di comprensione degli eventi. Un’ambiguità di fondo che abbiamo ritrovato spesso nei nostri dati e su cui è incentrata l’ultima parte di questa esposizione.

Evitamento della negoziazione e strategie per l’ottenimento della “Risposta giusta”

Se si pensa a fraintendimenti nell’interiorizzazione dei contenuti necessari per rispondere, le direzioni che prendono gli adeguamenti dell’insegnante prendono due versi diametralmente opposti. Da un lato, si può cercare di negoziare, come nell’es. (3) già visto sopra, “fermando” la restituzione dei contenuti per chiarire meglio i concetti oggetto di verifica. SI ipotizza cioè che vi siano stati problemi nella comprensione dei contenuti; problemi che in tal modo vengono affrontati e, almeno potenzialmente, risolti. Forse l’interrogazione non avrà un esito valutativo soddisfacente, ma è possibile che ottenga un esito positivo nell’innalzamento della padronanza dei concetti oggetto della valutazione stessa, o di parti di essi.
D’altro canto, davanti a problemi nella restituzione dei contenuti l’insegnante può scegliere di cercare di favorire il ricordo delle nozioni da valutare, ipotizzando quindi che la soluzione, e la componente decisiva per una valutazione positiva dell’evento, sia la memorizzazione di nozioni.
Abbiamo definito questa direzione fondamentale di adeguamento, che, dobbiamo rilevare, è preponderante nei nostri dati, adeguamenti “orientati alla risposta”. In questo caso, fondamentale è arrivare direttamente alla produzione della risposta GIUSTA. Diversi sono gli stratagemmi impiegati, tra cui di nuovo il restringimento del focus della domanda. Vediamo anche in questo caso alcuni esempi.

(6) 3^ primaria, non nativo

  • INS: ## Cristoforo Colombo # voleva +..?
  • INS: dimostrare che era +..?
  • STU: ++ rotonda.
  • INS: che era rotonda.

In questo caso, l’insegnante offre allo studente un’ “impalcatura sintattica” ( scaffolding ) per una risposta co-costruita. Attraverso elicitazioni progressive, il parlante esperto innalza i “ponteggi” e crea l’ambiente sintattico dove lo studente, a cui mancano i mezzi linguistici per una produzione linguistica estesa su enunciati interi, può collocare, con un minimo sforzo di produzione verbale, l’elemento focale della risposta.
Lo sforzo di produzione è minimizzato e agevolato, ma l’obiettivo di verificare il possesso dei contenuti pare comunque raggiunto: la studentessa fornisce infatti l’elemento focale atteso (rotonda). Certo, può restare il dubbio che la parola rotonda sia venuta in mente alla studentessa per il ‘ricordo stimolato’ della frase che la conteneva, fornitale dall’insegnante. Ma, fin qui, si tratta solo di un (piccolo) dubbio.
L’ultimo tipo di adattamenti che vediamo è una versione ‘spinta’ del precedente. Lo abbiamo denominato “imbeccate sul significante” – non sul significato, come nell’es. appena visto. La differenza tra le due strategie è piccola, ma cruciale.

(7) 3^ primaria, non nativo

  • INS: ecco voleva, sì, voleva andare in India con le navi, come mi hai detto, # ma non è partito da Genova.
  • INS: è partito dalla: Sp +..?
  • INS: e allora?
  • INS: per dimostrare che era rotonda, cosa fa?
  • STU: # # è andato in +...
  • INS: è andato?
  • STU : # # in In(dia)!
  • INS: 0 # #.
  • INS: è andato # verso -' # o -' +/?
  • STU : ovest!
  • INS: verso # ovest!
  • INS: e # ha usato +..?
  • STU : 0 #.
  • INS: le -' na +..?

Anziché fornire l’ambiente sintattico per il contributo semantico-lessicale focale della domanda, l’insegnante si spinge qui a fornire anche “imbeccate” sulla parte iniziale della forma sonora (il significante) dell’elemento atteso. Si vedano le rr. 2 (è partito dalla Sp…?), 9 (è andato verso o..?), 14 (le na…?). Diciamo che sono imbeccate sul significante perché, davanti a ripetute risposte prive di logica, che fanno sorgere più di un sospetto che la vicenda di Colombo non sia stata compresa neppure nei suoi punti principali, la direzione dell’interazione va decisamente verso l’evitamento di quelle negoziazioni che, abbiamo visto, potrebbero permettere di ottenere e dare chiarimenti di fondo, per puntare ad una restituzione di parole, o pezzi di parola, che possono venire alla mente dell’apprendente anche soltanto per l’evocazione della loro parte fonica iniziale – senza che a questi suoni, seppure prodotti “correttamente” (r. 10, ovest!) sia necessariamente legato un significato, o un significato chiaro.
La differenza di fondo tra i due orientamenti: verso la comprensione (della domanda e dei contenuti della risposta) da un lato, e verso la produzione “diretta” e guidata della risposta giusta si può forse vedere nel dipanarsi dei due ultimi estratti che presentiamo. Gli esempi (12) e (13), che partono entrambi da uno stesso problema (errori nel localizzare il luogo di nascita di Colombo) ne mostrano i due trattamenti opposti. In (8), l’insegnante si fa venire il dubbio che lo studente, non nativo, possa non avere compreso la domanda, e mette pertanto in atto una strategia di negoziazione del significato (r. 12. Sai cosa significa “nato”?) atta a rendere chiaro a entrambi innanzitutto la domanda posta:

(8) 1^ media, non nativo

  • INS: dove era nato?
  • STU: nato a # Spagna.
  • INS: era nato in Spagna?
  • STU: +^no [!] !
  • INS: no.
  • INS: non era nato in Spagna.
  • STU: America!
  • INS: no [=! ride]!
  • INS: America +!?
  • INS: l'ha scoperta lui [=! tono divertito]!
  • STU: ## 0.[+trn]
  • INS: sai cosa significa nato ["] ?
  • STU: # sì!
  • INS: tu dove sei nato?

In (9) al contrario, che parte da premesse simili, l’insegnante non indaga la comprensione della domanda, ma “forza” la studentessa a produrre le risposte attese, attraverso un procedimento di elicitazione detto “imbeccata” sul significante.

(13) 3^ primaria, non nativo

  • INS: allora.
  • INS: e # ### mi [/] mi sai dire dove è nato?
  • STU: ### # in Asia.
  • INS: ### dov'è nato [= tono stupito]?
  • STU: in Asia.
  • INS: in Asia?
  • STU: ## e:hm -' .
  • INS: è nato a [/] a Ge +/?
  • INS: +, nova [>], in Italia.
  • STU: a Genova [<].
  • INS: a Genova, in Italia [>].
  • STU: sì [<] [=! sussurra].

Pare chiaro che solo il primo comportamento può produrre una migliore comprensione, da parte dello studente, dei contenuti disciplinari. La seconda strategia, di soddisfazione per l’insegnante che “ottiene” le risposte attese, lascia più di un dubbio sull’effettiva comprensione da parte dell’apprendente, dei contenuti “corretti” che pure ha, almeno fisicamente, prodotto.

Ipotesi dell’output incompreso?

Possiamo concludere avanzando l’ipotesi che tale comportamento vada a configurare una ipotesi di input (o anzi, essendo prodotto dallo studente possiamo parlare di output) comprensibile a chi lo ascolta, ma non a chi lo ha prodotto! L’imbeccata è una strategia largamente usata nel dialogo scolastico e non priva di utilità. Può avere ambiti di applicazione proficui, anche solo come ripetizione utile ad automatizzare la pronuncia di termini o come ausilio ad una memorizzazione di specifiche nozioni (come nomi e luoghi), ma che deve essere considerata con cautela se l’impiego che se ne fa è (anche solo implicitamente) finalizzato alla speranza che ciò che l’apprendente viene “imbeccato” a produrre sia in tal modo anche compreso. Se è vero che la comprensione non è equivalente all’apprendimento, neppure una produzione così imbeccata può esserlo.

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