Star bene a scuola: l'empatia dell'insegnante

Come funziona il cervello emotivo dei bambini?

Che cosa comunica il nostro sguardo? - “Pillole” per star bene a scuola

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Nell’età 0-6 non solo si insegna, si fa di più: si “segna” la persona che cresce

Va quindi messo in conto fin dall’inizio che la relazione tra colleghe e colleghi, da tutti i punti di vista, è questione di responsabilità individuale e collettiva verso cui aver la maggior cura e pazienza possibile. Non basta la buona volontà, né separarsi in isole autoreferenziali.In un percorso di crescita del senso di squadra, di collaborazione nel rispetto di tutti gli stili conta prima di tutto un orizzonte deontologico condiviso tra tutte le figure coinvolte, cioè il senso di responsabilità di non essere mai soli e, quindi, il dovere comune di darsi dei limiti. Prima di tutto dei limiti al proprio narcisismo educativo.

IMPEGNO INDIVIDUALE E COLLETTIVO

Fare squadra in un lavoro educativo è un tema insieme semplice e complicato. Questo lavoro viene detto “a legami deboli”, nel senso che ogni professionista ci mette del suo (carattere, competenze, stili) in una discrezione che non ha barriere rigide, come in una catena di montaggio. Non solo: i bambini stessi hanno bisogno di relazioni aperte e flessibili, in cui è un bene che gli adulti siano “diversi” tra loro, per una maggiore ricchezza di segni emotivi, cognitivi, esperienziali. Tutto bene il legame debole se flessibile, purché non sia contrapposto e conflittuale.Infatti, il naturale e giusto individualismo professionale può, paradossalmente, creare maggiori difficoltà relazionali tra adulti che in altri ambienti lavorativi più rigidi.Si tratta spesso di conflitti in cui contano il carattere, gli stili didattici, l’empatia che si fa simpatia o antipatia. Anche in presenza di stili didattici simili possono scattare conflitti di gelosia: è una delle criticità dei lavori relazionali dedicati alle persone.

È più complessa di quanto si crede l’organizzazione di un clima di collaborazione attiva e serena per tutti

Spesso, per esempio, la scelta del “partner” didattico nei team di sezione sconta queste difficoltà, con la tendenza a creare gruppi “di simpatia separata” più che di competenza diffusa.Però, scuola dell’infanzia e nido sono organizzazioni complesse, con i loro spazi e i loro strumenti, servizi da erogare con armonia il meglio possibile. E, dunque, è necessario l’incontro tra ogni sé professionale e un’organizzazione efficace, che obbligano a condividere climi collaborativi e superare difficoltà evitando intricate e confuse relazioni.La prima via cercata è di aver la fortuna di trovare empatia con il partner di sezione o altre figure presenti, ma questo potrebbe determinare un effetto distorto per cui nascono squadre o team separati che operano in parallelo, ma senza un incontro dialogante. Un luogo educativo infantile fa tante cose con tutti i bambini insieme, utilizza spazi comuni, ha quindi il dovere di prendere decisioni collettive condivise.Un’altra via, spesso utilizzata, è quella di scrivere “mansionari” a volte pignoli e puntuti sulle diverse minuzie dell’attività quotidiana, quasi a sperare o credere che la “regola formale” aiuti a litigare meno.Se l’armonia non funziona, succede a volte che vengano coinvolte anche le famiglie, con rischi di tifoserie emotive verso i diversi operatori che lasciano segni nei bambini quanto meno di confusione affettiva e organizzativa.

Un aspetto quanto mai opportuno è quindi quello di costruire una vera e propria arte della mediazione, che abbia al centro lo sforzo, duro, ma necessario, di una visione comune dei bambini, dal punto di vista psicologico, emotivo, cognitivo e, poi, dei “segni comuni” da condividere nei fondamentali delle nostre individuali e collettive didattiche, ognuna con il proprio stile e personalità.Opportuno è anche individuare la “complementarietà” tra persone, accettando per esempio che una è più “creativa” e l’altra più “razionale”, e non considerando le due arti oppositive, ma complementari l’un l’altra. Troppo spesso si crede che le difficoltà si possano tacere e sanare con il tempo, o magari con un trasferimento.In questo modo, perseguendo il confronto aperto con impegno, quel ragazzo o ragazza ormai grande che vi incontrerà per strada vi dirà che ha buoni ricordi, non solo di voi, ma di quel luogo magico della sua infanzia, che lo ha segnato positivamente per sempre.

CONDIVIDERE CLIMI COLLABORATIVI

Serve “riflessività professionale”, cioè l’impegno al confronto aperto, riflettendo sugli atteggiamenti di ognuno, da rendere armoniosi e compatibili sempre

L’IMPORTANZA DELLA MEDIAZIONE

RELAZIONI APERTE E FLESSIBILI

Pu&ograve; succedere di incontrare per caso un giovane o una giovane che ci saluti dicendo &ldquo;Ma tu sei..., la mia maestra!&rdquo;, dandoci ancora affettuosamente del tu! In quei casi si cercano in quei corpi ormai adulti i segni di ci&ograve; che era bambino e a volte emerge un ricordo: &ldquo;Certo che mi ricordo di te, eri quello delle macchinine&rdquo; e da l&igrave; partono ricordi che segnano. Non dimentichiamo per&ograve; che restano non solo le cose piacevoli, ma anche (se vi sono state) quelle sgradevoli. Quando la comunit&agrave; educativa ha tensioni interpersonali e disorganizzazione, i bambini lo sentono e assorbono come spugne.

&Egrave; un tema quindi serio e delicato quello del lavoro di team tra colleghi nel lungo periodo di crescita dei bambini, anche questo lascia segni, spesso pi&ugrave; che dopo alla primaria o alla scuola secondaria di I grado.

Una squadra che lascia il segno

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