La relazione allievo-scuola-genitore

Il colloquio insegnante-genitore-allievo - "Pillole" per cominciare bene

La musica fa bene, prima e dopo la nascita

Impariamo a rilassarci

Tutti insieme nel gruppo classe

Alleniamo la concentrazione

Il nostro incontro

Giuliano (nome di fantasia) aveva 16 anni e paura di prendere l’aereo. In realtà non si era mai posto il problema, neanche si era mai accorto di provare timore, fino a che il padre non si era trasferito in Inghilterra con la sua nuova compagna. Dopo qualche mese dalla separazione dalla madre aveva comunicato la sua decisione ai figli: «Tanto ormai siete grandi e potete venire a trovarmi quando volete». Già. Peccato che la prima volta che con il fratello decisero di andare, Giuliano non riuscì a partire. Quando la madre li stava salutando all’imbarco iniziò a sudare freddo, avere le palpitazioni, gli girò la testa e si ritrovò improvvisam

Giuliano (nome di fantasia) aveva 16 anni e paura di prendere l’aereo. In realtà non si era mai posto il problema, neanche si era mai accorto di provare timore, fino a che il padre non si era trasferito in Inghilterra con la sua nuova compagna. Dopo qualche mese dalla separazione dalla madre aveva comunicato la sua decisione ai figli: «Tanto ormai siete grandi e potete venire a trovarmi quando volete». Già. Peccato che la prima volta che con il fratello decisero di andare, Giuliano non riuscì a partire. Quando la madre li stava salutando all’imbarco iniziò a sudare freddo, avere le palpitazioni, gli girò la testa e si ritrovò improvvisamente con molte persone preoccupate attorno e il fratello che gridava alla madre «Si sta svegliando!». Era svenuto.

Adesso Giuliano continua a essere un grande appassionato di aviazione, ma ha capito che ciò che gli è accaduto non c’entrava molto con gli aerei: mentre cercava di non dare ascolto al suo sentirsi ferito, alla sua rabbia e alla sua delusione, il corpo gli ha detto che non poteva andare avanti in quel modo, e non lo ha detto solo a lui. I suoi familiari, a fronte di questa problematica, si sono molto attivati e ciò ha fatto sentire Giuliano meno “abbandonato”. Ultimamente lo vedo più orientato a occuparsi della sua prima cotta e di che cosa vorrà fare da grande. Chissà, magari il pilota?

«È solo aerofobia»

«È solo aerofobia». Google gli confermò prontamente la diagnosi, e da quel momento Giuliano iniziò a identificarsi con quella fobia

Le mie competenze sul mondo dell’aviazione, insomma, sono aumentate considerevolmente, ma per almeno quattro incontri non sono riuscita a conoscere niente del mondo di Giuliano. Eppure mi rendevo conto che dovevo lasciarlo parlare: aveva bisogno di rassicurarsi attraverso questi studi (per altro affascinanti), di dimostrarmi che la faccenda era molto seria e soprattutto di studiarmi proprio come fossi un aereo: come ero fatta, quante “ore di volo” dimostravo, che affidabilità gli davo. Così continuai ad ascoltarlo, fino a che con naturalezza il discorso “virò” sulla partenza del padre: «Sa, non mi sarei mai aspettato che partisse davvero. Quando ce lo disse mi sembrò di ricevere un cazzotto. “Ormai siete grandi”? Mio fratello aveva 20 anni, la ragazza, la moto e l’Università fuori sede, per cui già viveva fuori. Io avevo 15 anni e la prospettiva di rimanere con mia madre in crisi per almeno altri quattro». Emersero lentamente tutta la rabbia e la delusione di Giuliano. Mi confessò che la prima cosa a cui pensò dopo il discorso del padre fu che mai sarebbe andato a trovarlo. Non lo disse e non manifestò mai le sue vere emozioni, perché la madre aveva bisogno di sostegno dato che non aveva digerito né la separazione né tantomeno il fatto che l’ex marito avesse “abbandonato” – anche di fronte a loro usava sempre questo termine – i suoi figli. Anzi, Giuliano aveva cercato per mesi di addolcirle la pillola e di mostrarsi sereno. Pure la decisione di partire con il fratello voleva essere una maniera per dirle: «Vedi? Va tutto bene, in un’ora e mezza siamo lì, che problema c’è?». Ma invece il problema c’era eccome, e come spesso succede è stata la sapienza del corpo a ricordarglielo.

Dovevo lasciarlo parlare. Aveva bisogno di rassicurarsi e soprattutto di studiarmi come fossi un aereo

Quando ho incontrato Giuliano per la prima volta erano passati diversi mesi dallo svenimento. La sua compagna di banco seguiva un percorso psicologico con una mia collega e gli consigliò di provare a parlare con qualcuno. Mi raccontò di quell’episodio e anche delle conoscenze che aveva acquisito in merito all’aviazione. Infatti si era informato dettagliatamente su tutti gli incidenti aerei avvenuti nel corso della storia (grazie a lui ho scoperto che Wikipedia addirittura li ordina per numero di vittime, e che esiste una serie sul canale televisivo di National Geographic dal titolo Indagini ad alta quota che ricostruisce tutta la dinamica delle tragedie). Per i primi incontri non mi ha parlato di altro: conosco tutti i possibili errori dei piloti, dell’equipaggio e del personale di servizio a terra. So in quali file generalmente si siedono i sopravvissuti e come hanno fatto a salvarsi (compresa l’avvincente storia del disastro aereo delle Ande, sul quale hanno fatto due film che Giuliano naturalmente ha visto più volte). Ho scoperto quali sono le teorie più accreditate sulla scomparsa di Amelia Earhart, l’aviatrice statunitense che tentò di fare il giro del mondo. So distinguere diverse parti di un aereo e anche quali sono le più appropriate procedure di emergenza.

Rabbia e delusione

Da quel momento Giuliano non ebbe più il coraggio di entrare in un aeroporto. L’idea che potesse ricapitare quell’evento lo terrorizzava, soprattutto perché non avrebbe proprio saputo come evitarlo. Attribuì quello svenimento alla paura di volare, del resto era quello che gli era stato detto lì per lì: «È solo aerofobia» aveva affermato un’assistente di volo che si stava imbarcando con lui e che paradossalmente voleva essere rassicurante. Non glielo avesse mai detto. Dottor Google fu subito pronto a confermare a Giuliano la diagnosi, e da lì egli iniziò a identificarsi sempre di più con quella fobia.

Giuliano (nome di fantasia) aveva 16 anni e paura di prendere l’aereo. In realtà non si era mai posto il problema, neanche si era mai accorto di provare timore, fino a che il padre non si era trasferito in Inghilterra con la sua nuova compagna. Dopo qualche mese dalla separazione dalla madre aveva comunicato la sua decisione ai figli: «Tanto ormai siete grandi e potete venire a trovarmi quando volete». Già. Peccato che la prima volta che con il fratello decisero di andare, Giuliano non riuscì a partire. Quando la madre li stava salutando all’imbarco iniziò a sudare freddo, avere le palpitazioni, gli girò la testa e si ritrovò improvvisamente con molte persone preoccupate attorno e il fratello che gridava alla madre «Si sta svegliando!». Era svenuto.

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