Sulla punizione: un sondaggio

Diversità: mai perdere la capacità di meravigliarsi

Il senso di sé cognitivo

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

UNA BUONA RELAZIONE

È nell’ambito delle relazioni interpersonali e nella comunicazione con l’altro che il soggetto sviluppa il proprio sé

L’ATTENZIONE E L’ASCOLTO EMPATICO

Sul piano specifico della comunicazione sia tra adulti, sia tra adulti e bambini, la capacità di prestare attenzione all’altro è precondizione necessaria di una piena comprensione del suo messaggio. Come ricorda Pierre Hadot, prestare attenzione permette di rispondere immediatamente a una domanda che ci viene posta a bruciapelo. Essere attenti non è un semplice sapere, è un esercizio che plasma e perfeziona il nostro modo di essere, consentendo alla nostra personalità di evolvere in senso positivo nella relazione con l’altro. Come l’attenzione, anche l’ascolto gioca un ruolo importante nella costruzione delle relazioni educative, di apprendimento e di insegnamento. Di qui la necessità per l’educatore di dotarsi di tecniche relazionali basate sull’ascolto attivo, ovvero di quell’ascolto che non si limita semplicemente a prestare attenzione all’altro, lasciandolo parlare senza interromperlo, ma consiste nell’ascoltarlo anche con il cuore e con la mente, mostrandosi interessati, lanciando messaggi di accoglienza verbali e non verbali (per esempio “ho capito” o “spiegami meglio”). Un ascolto in cui l’interlocutore pone domande a chi sta parlando, riproponendo il contenuto con parole diverse, per cercare di capire meglio quali sono i suoi bisogni, generando occasioni di approfondimento da più punti di vista. Per praticare l’ascolto attivo è necessario creare una relazione empatica tra i soggetti coinvolti. Questa particolare modalità di ascolto non è frutto di un mero insegnamento, al contrario può essere fatta propria in modo efficace solo attraverso una formazione continua e richiede la capacità di praticare una certa distanza psicologica e una chiara percezione dei confini del proprio sé.

Riferendoci agli studi filosofici, possiamo risalire a Martin Buber, che declina la relazione nel segno della reciprocità che si dà all’interno di uno scambio produttivo di significati tra le persone che entrano in contatto, portando ciascuna ad aprirsi all’altra e allo stesso tempo a tener conto della sua individualità. Così facendo, l’incontro interpersonale si indirizza e si struttura intorno ai principi del rispetto e della pari dignità. In continuità con questa prospettiva si è posto Emmanuel Lévinas, il quale riserva un rilievo cruciale alla figura dell’altro, la cui presenza invita ciascuno di noi a interrogarsi sul proprio sé. L’altro limita i miei poteri aprendomi alla dimensione dell’infinito, generando la coscienza morale e impedendomi di ridurlo a me stesso. L’altro è così la cifra della responsabilità morale: il suo volto mi coinvolge, mi chiama in causa. In altre parole, l’apertura all’altro mi dispone alla responsabilità nei suoi confronti.

Una buona relazione e una comunicazione efficace tra educatore e bambino e tra educatore e genitore si hanno quando si fondano su:<ul><li>franchezza e trasparenza, così che tutti possano essere sinceri l’uno con l’altro;</li><li>reciproca considerazione, nel senso che ognuno sa di essere importante per l’altro;</li><li>interdipendenza e non dipendenza;</li><li>distinzione, così che tutti possano crescere nella propria unicità, creatività e individualità;</li><li>rispetto delle reciproche necessità.</li></ul> Una relazione che fa perno su uno scambio comunicativo alimentato dalla:<ul><li>capacità di chi ascolta di porsi in ascolto attivo, rendendosi partecipe e accogliendo quanto dice l’altro con un atteggiamento non giudicante e avalutativo;</li><li>capacità di chi ascolta di prestare attenzione a che cosa dice l’altro, consapevole che il proprio modo di porsi e di ascoltare lo influenza;</li><li>consapevolezza del ruolo che ha la modalità con cui chi comunica, ovvero del metamessaggio, che può avere una valenza negativa (svalutazione, giudizio, esortazione, interpretazione) oppure positiva (riformulazione empatica, comunicazione supportiva).</li></ul> Infine, in conclusione di queste riflessioni, il mio pensiero va a Enzo Catarsi, il quale ha accolto con convinzione le teorie e le tecniche qui esposte e le ha rilanciate nei suoi numerosi scritti sull’educazione nella prima infanzia, invitando a più riprese gli educatori e gli insegnanti a essere incoraggianti nei confronti dei bambini.

L’APPORTO DELLA FILOSOFIA…

Nella quotidianità della vita alcune modalità comunicative interpersonali possono tuttavia ostacolare una relazione autentica. Ciò accade per esempio quando un educatore o un genitore esterna in modo eccessivo i propri vissuti, le proprie aspettative e opinioni. Così facendo crea nell’altro un ostacolo all’ascolto e all’attenzione. Questo comportamento può essere dovuto a:<ul><li>un’eccessiva attenzione verso i propri bisogni;</li><li>un’incapacità di modulare e controllare le proprie reazioni emotive. </li></ul>Gordon, a questo proposito introduce il concetto di “messaggio-Io” e distingue tra uno efficace e uno non efficace, mostrando come tutto ciò abbia importanti ricadute nei contesti educativi e formativi. Infatti, la dimensione comunicativa non implica solo l’espressione del proprio pensiero, ma sollecita anche la cura nella scelta della modalità appropriata con cui esprimere tale contenuto di pensiero.

… E DELLA PSICOLOGIA UMANISTICA

Nel campo della psicologia dello sviluppo è ormai assodato che la dimensione relazionale è alla base stessa del sé, ma spetta al caregiver sostenerne lo sviluppo nel bambino piccolo. Fin dai primi giorni di vita, spiega John Bowlby, prende avvio lo sviluppo del sistema di attaccamento tra bambino e caregiver a partire da elementi istintuali che il neonato via via manifesta (succhiare, aggrapparsi, seguire, sorridere e piangere) e la cui finalità è quella di garantirne la sopravvivenza. A partire da questo primo legame vengono poste le basi per ulteriori legami futuri, la cui qualità dipenderà dal tipo di attaccamento iniziale, sicuro o insicuro. In tempi più recenti, le neuroscienze hanno dimostrato che le esperienze di attaccamento, nel primo anno di vita, plasmano le aree cerebrali (sistema limbico) alla base del comportamento sociale e della regolazione emotivo-affettiva. Dai primi anni del Duemila ha preso avvio una trasformazione radicale rispetto al ruolo della cognizione nella costruzione delle relazioni umane. Grazie alle ricerche di neuroscienziati come Giacomo Rizzolatti, Vittorio Gallese e Marco Iacoboni, gli educatori dispongono di conoscenze misurate e misurabili sui processi empatici, di apprendimento e di interazione sociale grazie anche alle nuove tecniche di neuroimaging.

GLI OSTACOLI ALLA COMUNICAZIONE

Si parla molto di relazione e di comunicazione, ma un conto è parlarne l’altro è viverle in modo autentico

Gordon, T. (1974). Insegnanti efficaci. Firenze: Giunti.Iacoboni, M. (2008). I neuroni specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri. Torino: Bollati Boringhieri.Rizzolatti, G., Sinigaglia, C. (2019). Specchi nel cervello. Milano: Raffaello Cortina.Rogers, C. (1978). I gruppi d’incontro. Roma: Astrolabio Ubaldini.<a data-cke-saved-href="https://ojs.francoangeli.it/_omp/index.php/oa/catalog/book/544" target="_blank" href="https://ojs.francoangeli.it/_omp/index.php/oa/catalog/book/544">Silva, C., Ciucci, E. (2020). Emozioni e affetti nell’educazione dalla nascita ai dieci anni. Milano: FrancoAngeli.</a>

La dimensione relazionale e quella comunicativa sono al centro dell’agire educativo quotidiano in famiglia, come nelle professioni educative e di cura. In tutti i contesti educativi e formativi, famiglia, servizi educativi per l’infanzia, scuola, extra-scuola, la relazione e la comunicazione sono da considerare elementi costitutivi del tessuto della stessa vita comunitaria.
 
 Le ricerche hanno confermato che l’essere umano nasce predisposto alla relazione e alla comunicazione e, allo stesso tempo, che queste dimensioni possono essere ulteriormente sviluppate grazie a una formazione continua adeguata. Negli anni, sono stati messi a punto cos

La dimensione relazionale e quella comunicativa sono al centro dell’agire educativo quotidiano in famiglia, come nelle professioni educative e di cura. In tutti i contesti educativi e formativi, famiglia, servizi educativi per l’infanzia, scuola, extra-scuola, la relazione e la comunicazione sono da considerare elementi costitutivi del tessuto della stessa vita comunitaria.Le ricerche hanno confermato che l’essere umano nasce predisposto alla relazione e alla comunicazione e, allo stesso tempo, che queste dimensioni possono essere ulteriormente sviluppate grazie a una formazione continua adeguata. Negli anni, sono stati messi a punto costrutti teorici, metodi e tecniche utili per rafforzare le conoscenze e le competenze relazionali e comunicative degli educatori in modo da metterli in condizione di gestire in maniera efficace le interazioni nei contesti sociali ed educativi.

La dimensione relazionale e quella comunicativa sono al centro dell’agire educativo quotidiano in famiglia, come nelle professioni educative e di cura. In tutti i contesti educativi e formativi, famiglia, servizi educativi per l’infanzia, scuola, extra-scuola, la relazione e la comunicazione sono da considerare elementi costitutivi del tessuto della stessa vita comunitaria. Le ricerche hanno confermato che l’essere umano nasce predisposto alla relazione e alla comunicazione e, allo stesso tempo, che queste dimensioni possono essere ulteriormente sviluppate grazie a una formazione continua adeguata. Negli anni, sono stati messi a punto costrutti teorici, metodi e tecniche utili per rafforzare le conoscenze e le competenze relazionali e comunicative degli educatori in modo da metterli in condizione di gestire in maniera efficace le interazioni nei contesti sociali ed educativi.

Grazie a un ascolto attivo possiamo comprendere i bisogni dei bambini e andare incontro alle loro esigenze

Relazione e comunicazione

Dove trovi questo contenuto