Sulla punizione: un sondaggio

Diversità: mai perdere la capacità di meravigliarsi

Il senso di sé cognitivo

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Possiamo pensare un nido per un bambino piccolo, che non sa ancora niente, che deve essere protetto e fare piccole attività un po’ stupide, ma adatte per un bambino di questa età. Un nido dove non sia possibile farsi male, fare qualcosa di imprevisto, uscire dal controllo, incontrare ostacoli e rischiare qualcosa. Un&nbsp;nido come un box, con tutto a portata di mano, tutto facile, nel quale possiamo garantire che il genitore che verrà a prendere suo figlio, dopo sei-otto ore, lo troverà esattamente come lo ha lasciato la mattina, solo più stanco. Otto ore di vita che non hanno lascito traccia, se non stanchezza e forse noia. Oppure possiamo pensare a un nido per un bambino “grande”, un bambino che sa già coniugare i verbi, che ha mille curiosità, perché, come ci ha insegnato Loris Malaguzzi, ha cento lingue, cento mani, cento pensieri, cento modi di pensare, di giocare e di parlare… cento mondi, da scoprire, cento mondi, da inventare, cento mondi, da sognare.

Un nido per lui, che gli permetta di uscire dalla coperta, di esplorare, scoprire, rischiare. Un nido dal quale sia possibile “scappare”, nascondendosi in qualche tana, dove sia possibile sperimentare l’uso di materiali diversi, possibilmente non creati apposta per la scuola, per i bambini e specialmente per quelli piccoli. Ricordo con nostalgia le visite ai nidi di Reggio Emilia e di Pistoia dove i bambini manipolavano la creta, dipingevano con le dita, muovevano burattini, picchiavano con martelli, giocavano con la luce. Si possono offrire nidi per bambini grandi, capaci, competenti, di uno, due o tre anni. Penso anche a esperienze di incontro con bambini di età diverse, dei lattanti con i grandi di tre anni, ma anche con bambini di scuola dell’infanzia o primaria. Sono esperienze importanti per i piccoli e per i grandi, specialmente oggi che a molti è preclusa l’esperienza familiare dei fratelli e delle sorelle.

Uno spazio per conoscere ed esplorare

Due visioni dell'infanzia

Un nido per bambini "grandi"

In verità ci sono due modi, profondamente diversi fra loro, di considerare l’infanzia: <ol><li>come un periodo di attesa, di preparazione per le cose importanti della vita che verranno più tardi e principalmente per merito degli adulti; </li><li>come il periodo esplosivo delle conoscenze e delle competenze che ogni bambina e ogni bambino si porta con sé fin dal suo concepimento. </li></ol>

Un altro esempio di questi due modi di pensare l’infanzia lo possiamo riferire all’uso del box. Il box è quel prezioso arredo che permette di mettere il bambino in una condizione di sicurezza con tutti i suoi giochini a portata di mano, lasciando gli adulti liberi di fare le loro attività, senza che il bambino corra pericoli. Nel box non gli succede niente. Ma proprio questo è il problema: non gli succede niente perché si trova in una simpatica gabbia, le sue cose sono a portata di mano, non deve cercarle, non deve spostarsi. Esiste una facile, pratica ed economica alternativa: una vecchia coperta. Dalla coperta può uscire, può allontanarsi strisciando prima, gattonando poi, per raggiungere un oggetto curioso o per arrivare fra le gambe della mamma o del papà che cucinano. Può girare dietro l’angolo, girarsi e non vedere più la mamma, urlare dalla disperazione, essere consolato, tornare tranquillo, ma avendo vissuto un’avventura.

Situazioni da e per sperimentare

Ma siamo proprio sicuri che le cose stiano così?

Ma siamo propri

Ma siamo proprio sicuri che le cose stiano così?

È piccolo, non è capace, bisogna fargli tutto, bisogna stare attenti, non capisce, deve imparare. Questo è quello che pensano e dicono spesso gli adulti, con affetto, pazienza e comprensione, riferendosi a un bambino di pochi mesi o di pochi anni, in casa o a scuola. E deve essere proprio così se per esempio a sei anni, all’inizio della scuola primaria, ancora oggi, si chiede agli alunni di riempire pagine di letterine o di parole scelte spesso non perché interessanti, ma perché facili. Quindi a sei anni si comincia da capo, si comincia, come si diceva una volta, dall’ABC. Ho i quaderni di mia nipotina che lo testimoniano.

È piccolo, non è capace, bisogna fargli tutto, bisogna stare attenti, non capisce, deve imparare. Questo è quello che pensano e dicono spesso gli adulti, con affetto, pazienza e comprensione, riferendosi a un bambino di pochi mesi o di pochi anni, in casa o a scuola. E deve essere proprio così se per esempio a sei anni, all’inizio della scuola primaria, ancora oggi, si chiede agli alunni di riempire pagine di letterine o di parole scelte spesso non perché interessanti, ma perché facili. Quindi a sei anni si comincia da capo, si comincia, come si diceva una volta, dall’ABC. Ho i quaderni di mia nipotina che lo testimoniano.

Un giorno, quando aveva probabilmente meno di tre anni, mio figlio mi ha detto: “Babbo, ho scoprito”. Dopo la delusione iniziale, con sorpresa e quasi con timore, ho dovuto riconoscere che quella strana e sbagliata forma verbale se l’era costruita da solo. Mio figlio, prima dei tre anni e senza essere un bambino prodigio, sapeva coniugare i verbi! Questo autorizza ad affermare che a quell’età tutti i bambini conoscono la lingua a questo livello. Allora come fa la scuola a far loro riempire pagine di quaderno con letterine dell’alfabeto o parole senza senso a sei anni? Possiamo immaginare che umiliazione debba essere per un bambino con quelle competenze linguistiche essere considerato “analfabeta”!

Insomma, un bambino, dopo una giornata al nido, può essere come un capitale fermo, garantito e da restituire ai legittimi proprietari, i genitori, esattamente come lo hanno lasciato. In questo caso sarebbe una giornata persa, nella quale non è successo niente. Oppure si può considerare un capitale vivo, che deve fruttare, crescere, quasi da non essere riconoscibile. Un bambino che esce dal nido dovrebbe essere sporco, stanco, ma con tante cose da mostrare, da raccontare. E aver voglia di tornare domani per continuare.

Giornate vissute in pieno

Quanto è grande un bambino piccolo?

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