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Psicologia e Scuola, le analisi di Giuliana Pinto

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Un malessere&nbsp;“etico”

Creare una cultura per imparare dagli errori

L’importanza del confronto con gli esperti A ridurre la perdita di fiducia in se stessi possono servire riunioni regolari del personale, eventualmente con la presenza di esperti, che offrano a tutti l’opportunità di&nbsp;esprimere queste preoccupazioni e di incoraggiarsi e sostenersi a vicenda, condividendo il processo di familiarizzazione con le nuove regole e anche con i problemi specifici che emergono sulla scia di Covid 19: per esempio l’insorgere negli allievi di disturbi emotivi o i fenomeni di violenza domestica cui i bambini possono essere esposti, che sono aumentati pericolosamente. Un’altra fonte di disagio proviene dal timore di essere ritenuti incompetenti e di essere biasimati, isolati, se non addirittura accusati per i propri errori dai colleghi, dai dirigenti, dalle famiglie.

La chiusura delle scuole ha rischiato di colpire soprattutto gli studenti più fragili

Le persone non devono aver paura di segnalare difficoltà e punti deboli nel proprio operato

Per migliorare il processo decisionale e la gestione del rischio è necessario che nelle scuole si crei una cultura positiva dell’errore, in cui le persone non abbiano paura di segnalare difficoltà e punti deboli nel proprio operato: l’opposto della cultura ansiosa e difensiva in cui gli errori sono associati principalmente alle colpe. La creazione di tale cultura richiede diversi fattori:a.&nbsp;una cultura di segnalazione in cui le persone sono preparate a parlare di errori o di pratiche deboli; b. una cultura giusta, un’atmosfera di fiducia in cui c’è una chiara linea di demarcazione tra comportamenti accettabili e inaccettabili;c.&nbsp;una cultura flessibile che rispetti le abilità e le capacità del personale di prima linea e che permetta loro di avere una certa autonomia;d. una cultura dell’apprendimento, la volontà e la competenza di imparare dagli errori e di attuare i cambiamenti laddove necessario.

Nonostante le difficili circostanze, i professionisti della scuola si sono attivati, con flessibilità e creatività, per ripristinare le proprie funzioni educative e formative. Sotto pressione per le critiche giunte dall’esterno, dall’opinione pubblica, dalla stampa, il personale scolastico&nbsp;ha dovuto far fronte alle criticità emerse dall’interno, visibili a chi dovesse in prima persona trasformare le norme in azioni specifiche ed efficaci. Interpellati circa le loro difficoltà, è apparso evidente che gli insegnanti stavano sperimentando stress e ansia: il malessere “etico” derivante dal conflitto tra il desiderio di salvaguardare la propria salute e la volontà di essere all’altezza delle loro responsabilità professionali; la difficoltà di applicare le regole ma di farlo sensatamente, senza distruggere quella relazionalità che è il cuore della professione educativa; la paura, nell’incertezza, di non fare le scelte giuste.

Stando ai dati dell’Unesco, alla metà del luglio 2020 le scuole risultavano chiuse in circa 160 Paesi del mondo; più di un miliardo erano gli studenti coinvolti, di cui oltre 65 milioni in Europa. In Italia quasi 11 milioni di ragazzi sono rimasti a casa. «Viviamo in un momento decisivo per bambini e giovani. Le decisioni che i governi prenderanno ora avranno un effetto duraturo per decenni su centinaia di milioni di giovani, nonché sulle prospettive di sviluppo dei Paesi» ha affermato il segretario generale dell’ONU, Antonio Gutierres, sottolineando come la chiusura delle scuole abbia comportato il rischio di «una catastrofe generazionale». E proprio dal mondo della scuola è venuto l’allarme più forte: la chiusura ha rischiato di colpire e di lasciare indietro soprattutto gli studenti più fragili, come quelli con&nbsp;disabilità, i membri di minoranze, coloro che vivono in sacche di povertà e di svantaggio socio-culturale. Quando le scuole sono state riaperte, nel pieno della recessione economica e delle incognite sull’andamento della pandemia, ciò è avvenuto in un clima di vivaci – quando non violente – polemiche, che hanno investito il sistema scolastico nel suo complesso e, a cascata, gli amministratori, i dirigenti e le varie componenti professionali. Non vi è stato provvedimento che non abbia ricevuto contestazioni, disposizione che non sia stata confutata e che non abbia subito numerose trasformazioni in corso d’opera.

La paura di sbagliare La situazione descritta è emblematica di quella che gli psicologi chiamano dissonanza cognitiva e dissonanza emotiva, nella quale la paura di sbagliare rischia di divenire paralizzante. Il timore di commettere errori scaturisce dalla sensazione di perdita di controllo legata al bombardamento di opinioni diagnostiche e gestionali contrastanti da parte degli esperti: non si sa a chi credere! Chi si prende cura di bambini ha un urgente bisogno di informazioni tempestive, accurate e complete su come interagiscono la minaccia del virus e le fragilità dei loro allievi. L’insicurezza è accresciuta dalla sensazione di essere impreparati ai cambiamenti richiesti dall’emergenza, che vanno dall’implementazione di nuovi protocolli igienico-sanitari alle richieste tecnologiche per l’allestimento di canali mediatici, ed è aggravata dalla limitatezza delle risorse e dalla burocrazia.

Per una cultura dell’errore

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