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Sono una docente di scuola primaria e ho collaborato 10 anni con l’Ente Nazionale Sordi e l’unione ciechi. Giorno dopo giorno ho capito quante volte nella mia visione globale del tutto mi ero persa un sacco di particolari che facevano la differenza. Ho imparato quanto può essere escludente parlare avendo qualcuno alle nostre spalle; ho toccato con le mani quanti particolari ci sono in un oggetto se diventa il ricordo della tua vacanza quando non puoi vedere le fotografie; ho imparato quando è importante il silenzio nel momento in cui tu sei l'interlocutore che ascolta; ho osservato con curiosità quei gesti in Lis che mi sono sembrati vere e proprie metafore del linguaggio; ho imparato che la fiducia passa anche e soprattutto dalla pelle. E così negli anni ho cambiato tutto il mio modo di vedere e sentire le cose e ho aggiustato i miei sensi per ridare valore e spazio a tutto quello che nel globale si era perso.

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L’incontro con l’altro

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Sono sempre stata convinta che nella scuola ognuno di noi porta quello che sa ma anche e soprattutto quello che è e per questo motivo ho messo nel mio lavoro di tutti i giorni tutto quello che ha fatto di me la maestra e la persona che sono.

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Io scommetto ancora su un apprendimento che mette le sue basi all’interno di un io che cresce e che per diventare grande ha bisogno di cercare e trovare dentro di sé gli strumenti per affrontare il mondo umanizzandosi.

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È solo nell’incontro con gli altri che ognuno di noi fa esperienza vera di sé stesso. E in mezzo a un mondo che corre veloce e non dà il tempo di pensare ma ti chiede solo di rispondere, i gesti perdono di significato e insieme alle parole scadono nel “tutto fa lo stesso”.

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La Lingua Italiana dei Segni invece ti insegna che c’è solo un modo vero di comunicare ed è fatto di attenzione, pause e silenzi. E ogni gesto è coerente con il suo significato: non c’è una spinta che vuol dire affetto, non c’è un graffio che vuol dire amore; c’è invece un pugno che sale dal petto e si apre davanti al cuore per dirti “mi dispiace” o c’è una mano che accarezza dolcemente il viso per dirti “per favore”. E nessuno parla sopra nessuno.

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Educare l’empatia

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Alla luce degli ultimi fatti di cronaca che ci hanno messo davanti troppo spesso generazioni di adolescenti che danno sfogo agli istinti senza passare dalle emozioni, ho pensato quanto sia necessario fermare l’attenzione di chi cresce sulla meraviglia che si nasconde nell’essere persone che danno valore alle parole e ai gesti e trovano negli altri, tesori da proteggere e non nemici da distruggere.

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Abituare i bambini alle differenze li aiuta a sviluppare forse l’unico tipo di intelligenza che salverà il mondo: quella emotiva. È in quel solco emozionale che fa da cassa di risonanza tra l’istinto e l’azione che nascono tutte le idee del bello e in mezzo ai meccanismi tecnologici di un pensiero binario incasellato tra un sì e un no, trova spazio ancora l’inferenza di un pensiero libero e razionale mitigato dai sentimenti: la capacità di sentire con la mente ciò che dice il cuore, prestando attenzione a sé e agli altri.

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Conclusioni

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Portare la lingua dei segni a scuola è una grande ricchezza: in quei gesti che animano le mani e illuminano gli occhi aiutandosi con l’arcata delle sopracciglia, si nasconde lo spettacolo silenzioso di un Pianeta intero che ci chiede di rallentare e di prestare attenzione.

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Quando la scuola diventa una finestra sul mondo, tutto appare più semplice. I muri si abbassano, gli orizzonti si ampliano e gli scontri diventano incontri che ti aiutano a crescere.

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ESPERIENZE E PROGETTI

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Il lavoro in classe

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In concomitanza con la giornata internazionale dei diritti dei bambini, un membro dell'Ens è venuto a scuola e ha insegnato a ogni classe come tradurre in segni alcune parole e lettere.
In particolare la lezione si è aperta con la dattilologia dell’alfabeto LIS ed è poi proseguita con i termini che riguardavano la famiglia, i colori, i saluti e le parole magiche (scusa, per favore, mi dispiace, grazie...).
Al termine della giornata tutti gli alunni si sono riuniti in salone per vedere insieme un video e per fissare l’obiettivo del progetto: ridare valore a ciò che diciamo e a ciò che facciamo, prestando attenzione agli altri.

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LIS a scuola: dal globale al particolare