Sulla punizione: un sondaggio

Diversità: mai perdere la capacità di meravigliarsi

Il senso di sé cognitivo

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Fin da giovane e inesperto ho intrapreso il sentiero che considerava il trascorrere tanto tempo all’aria aperta qualcosa di straordinario, dinanzi all’ordinaria quotidianità vissuta prevalentemente dentro la sezione. Una normalità, consolidatasi per anni, che aveva deciso di fare del “fuori” il luogo privilegiato dell’educare, almeno nei mesi più caldi.
 
 Sono state soprattutto le facce dei bambini a indicarmi, per la prima volta e in maniera discreta, una direzione chiara.
 
 Così ho pensato di aumentare sempre di più, seppur con gradualità, il tempo trascorso fuori. Ovviamente anche per me l’idea di uscire con la pioggia o con il freddo era

Fin da giovane e inesperto ho intrapreso il sentiero che considerava il trascorrere tanto tempo all’aria aperta qualcosa di straordinario, dinanzi all’ordinaria quotidianità vissuta prevalentemente dentro la sezione. Una normalità, consolidatasi per anni, che aveva deciso di fare del “fuori” il luogo privilegiato dell’educare, almeno nei mesi più caldi. Sono state soprattutto le facce dei bambini a indicarmi, per la prima volta e in maniera discreta, una direzione chiara.Così ho pensato di aumentare sempre di più, seppur con gradualità, il tempo trascorso fuori. Ovviamente anche per me l’idea di uscire con la pioggia o con il freddo era un tabù su cui non si poteva neanche discutere, ma la differenza nel benessere, nello sviluppo motorio, cognitivo, emotivo e relazionale dei nostri bambini era evidente. Quando eravamo tutto il giorno nell’aula, chiusi là dal tabù e forse pure da quell’umiltà trasformatasi in comoda convenienza, erano meno allegri e spensierati e, non di rado, accompagnati da emozioni spiacevoli, decisamente frustrati.

L'esperienza dei&nbsp;waldkindergarten

Già nei primi mesi di sperimentazione ho notato chiaramente le virtù di questo approccio che facevano brillare alcuni diritti dell’infanzia negati dal nostro sistema culturale. <ul><li>Il diritto all’avventura per esempio, a viaggiare verso esperienze nelle quali era necessario correre qualche rischio. “Dove nulla può accadere, nulla accade’’ ama dire Petra Jaeger (maestra, pedagogista e fondatrice del primo Asilo nel bosco tedesco). Il rischio ha un’alta valenza pedagogica: permettere al bambino di vivere esperienze rischiose, dove non sa quel che accadrà, dove tutto non è pianificato a priori, gli permette di sviluppare autonomia, autostima, pensiero divergente, problem solving, coraggio e mille altre preziose competenze. </li><li>Il diritto al movimento, fondamentale in un’epoca in cui aumentano sempre più i casi di obesità infantile, è imprescindibile sempre, perché i nostri bambini costruiscono la loro identità prevalentemente attraverso l’esplorazione corporea, e il corpo necessita di luoghi dove possano sperimentare e mettersi in gioco. </li><li>Il diritto a scoprire la vita in autonomia, annusandola, toccandola, respirandola. </li><li>Il diritto a immergersi nella conoscenza facendo, avendo un ruolo attivo. </li><li>Il diritto alla bellezza, alla meraviglia, alla lentezza, alla pace, alla libertà. </li><li>Il diritto a vivere in spazi a misura di bambino. </li></ul>Tutti questi diritti li ho visti concretizzarsi in questa esperienza e ciò mi motiva a non abbandonare il sentiero.

L'inizio di un percorso

Apprendere con meraviglia

Poi un giorno ho scoperto, grazie a un amico trasferitosi in Germania, i waldkindergarten, nidi e scuole dell’infanzia che vivevano l’intera quotidianità scolastica (prevalentemente di 4/5 ore) immersi nella natura selvatica. Fu amore a prima vista e mi tuffai nello studio e nella ricerca intorno a queste strane scuole: ho visto video, ho letto tanto e trovato non poche ricerche che tessevano le lodi di quella che ora riconosciamo a livello internazionale come outdoor education. Quei bambini si divertivano proprio molto, erano competenti e si ammalavano veramente di rado. Devo dire che ha avuto su di me un certo impatto vederli giocare sotto la pioggia; la voce di mia madre che mi diceva “copriti che prendi un colpo d’aria, così t’ammali‘’ era un’eco costante nella mia testa.

La meraviglia e la scoperta stimolano i processi di apprendimento dei bambini.

Fin da giovane e inesperto ho intrapreso il sentiero che considerava il trascorrere tanto tempo all’aria aperta qualcosa di straordinario, dinanzi all’ordinaria quotidianità vissuta prevalentemente dentro la sezione. Una normalità, consolidatasi per anni, che aveva deciso di fare del “fuori” il luogo privilegiato dell’educare, almeno nei mesi più caldi. Sono state soprattutto le facce dei bambini a indicarmi, per la prima volta e in maniera discreta, una direzione chiara. Così ho pensato di aumentare sempre di più, seppur con gradualità, il tempo trascorso fuori. Ovviamente anche per me l’idea di uscire con la pioggia o con il freddo era un tabù su cui non si poteva neanche discutere, ma la differenza nel benessere, nello sviluppo motorio, cognitivo, emotivo e relazionale dei nostri bambini era evidente. Quando eravamo tutto il giorno nell’aula, chiusi là dal tabù e forse pure da quell’umiltà trasformatasi in comoda convenienza, erano meno allegri e spensierati e, non di rado, accompagnati da emozioni spiacevoli, decisamente frustrati.

La natura come maestra preziosa

Di emozioni in natura se ne vivono proprio molte e intense e sono queste emozioni ad aprire la porta dell’amigdala, una delle custodi della memoria a lungo termine. Con lei collabora il talamo, deputato prevalentemente ad attivare l’attenzione, e questo si nutre di un’emozione che in natura è di casa: la meraviglia. L’incontro con il nuovo e con il bello è l’alimento del talamo e tutti noi quando ci meravigliamo ci poniamo attenti alla scoperta di nuove conoscenze. L’apprendimento apre le sue porte alla meraviglia e per un bambino, per il quale tutto è nuovo, la natura diventa un prezioso luogo di crescita e di scoperta. L’essere umano, qualsiasi essere vivente ha bisogno di trasformarsi per rimanere vivo e la natura invita tutti noi a viaggiare con gli occhi spalancati per arricchirci dall’incontro con il nuovo. Forse è tempo anche per la scuola, che non è un edificio, ma una comunità educante fatta di persone, di aprirsi al nuovo: là fuori c’è una maestra pronta ad accompagnarci, lentamente, gradualmente come piace a lei.

I bambini al nido hanno bisogni legati alla conoscenza e all’esplorazione del mondo, allo sviluppo motorio e sensoriale, alla costruzione dell’identità, alla socialità e al mantenere vivo quel tesoro con cui tutti nascono, tesoro che sir Ken Robinson chiamava pensiero divergente. Quando stiamo in natura è l’ambiente stesso che permette ai bambini, in autonomia e attraverso un’esperienza diretta, di soddisfare quei bisogni. Quando siamo nel bosco non abbiamo bisogno di omologarli dentro un’esperienza unica, che abbia la medesima durata per tutti. Il bosco, ma come lui il mare, la campagna e persino&nbsp;un giardino sono come un grande mercato con le botteghe sempre aperte, dove i bambini possono immergersi quando e per quanto vogliono, rispettando così i principi fondamentali che stanno dietro a qualsiasi processo di apprendimento.

Diritti da riaffermare

La voglia di conoscere il mondo

Superata l’impasse iniziale e liberatomi dalle raccomandazioni di mia madre, ho cominciato a notare subito la potenza e l’efficacia di questa meravigliosa aula. Già da un po’ facevo educazione all’aria aperta, ma sempre senza affrontare il tabù, finché l’incontro con gli sguardi scintillanti dei piccoli e grandi frequentatori dei waldkindergarten mi diede il coraggio di lanciarmi nelle braccia della natura selvatica. La prima scuola che ho fondato si chiamava L’Emilio, dal trattato pedagogico di Rousseau, e sulle nostre magliette c’era scritto: “Non voglio che l’Emilio trascorra il suo tempo nell’aria viziata di una stanza, ma giochi e corra in mezzo a un prato…”. Solo dopo 15 anni c’è stata però la trasformazione in Asilo nel bosco e la sperimentazione di una relazione più stretta e profonda con la natura, anche quella più selvatica.

Qualsiasi approccio all’educazione si poggia a mio parere su quattro basi, la declinazione delle quali disegna il percorso sempre unico di qualsiasi progetto educativo. Oltre al luogo dell’educare, ci sono il tempo, il ruolo e le competenze dell’educatore o meglio del gruppo di lavoro e la didattica, l’insieme degli strumenti e delle modalità che adoperiamo per raggiungere il nostro orizzonte educativo. Vivere a stretto contatto con la natura invita a un tempo lento e flessibile, esattamente come consigliano di fare le neuroscienze. L’apprendimento, ma anche il benessere, necessitano di un tempo disteso. Quando si corre c’è sempre qualcuno che rimane indietro e il cervello fa fatica a radicare una conoscenza o una competenza. La flessibilità è un altro elemento fondamentale, poiché non esiste un tempo uguale per tutti, ma il tempo di ciascun bambino. Quando stiamo in natura, l’ambiente stesso offre diverse possibilità di apprendimento autonomo, tutte racchiuse in un unico, meraviglioso ambiente.

Apprendo solo quel che amo, apprendo meglio quel che faccio e che mi emoziona

Avventurarsi alla scoperta di cose nuove per sviluppare preziose competenze e riportare i bambini al centro.

L'asilo nel bosco

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