La scuola è #inclusione

Virtù dell’errore

Le tecnologie peggiorano l’apprendimento? Che cosa dice veramente il rapporto OCSE

Manifesto "La scuola è... #essenziale"

Impariamo a rilassarci

Tutti insieme nel gruppo classe

Alleniamo la concentrazione

«Pensano solo a giocare!». Quante volte abbiamo sentito questa frase a proposito di qualche bambino o ragazzo… O magari l’abbiamo pronunciata noi stessi, nei confronti di un figlio o di un alunno, cui rimproveriamo di dedicarsi poco allo studio, al fare i compiti, all’apprendimento («quello serio»)!
 


 Dov’è che, nel corso della nostra storia, abbiamo perso di vista
 
 il gioco come strumento insostituibile di apprendimento e crescita
 
 ? Perché è nel gioco che si sviluppano le abilità percettivo-motorie e quelle sociali, le funzioni cognitive più complesse e la capacità di darsi e rispettare delle regole, l’intenzionalità del gesto e la ricchezz

«Pensano solo a giocare!». Quante volte abbiamo sentito questa frase a proposito di qualche bambino o ragazzo… O magari l’abbiamo pronunciata noi stessi, nei confronti di un figlio o di un alunno, cui rimproveriamo di dedicarsi poco allo studio, al fare i compiti, all’apprendimento («quello serio»)! Dov’è che, nel corso della nostra storia, abbiamo perso di vista il gioco come strumento insostituibile di apprendimento e crescita? Perché è nel gioco che si sviluppano le abilità percettivo-motorie e quelle sociali, le funzioni cognitive più complesse e la capacità di darsi e rispettare delle regole, l’intenzionalità del gesto e la ricchezza comunicativa. Come ricordano studiosi di orientamento diverso, da Huizinga a Caillois, da Bateson a Panksepp, il gioco risponde a bisogni fondamentali e innati, non solamente nell’essere umano, ma in tutti i mammiferi.Il neuroscienziato Jaak Panksepp sostiene che «il gioco fisico è un diritto di nascita di ogni giovane mammifero», con riferimento a una delle forme ludiche più universali sul pianeta, il gioco della lotta.Ma potremmo estendere questo riconoscimento di “diritto” a ogni tipo di attività ludica, da quelle basate sulla competizione a quelle di finzione o di fortuna (riprendendo la classificazione di Roger Caillois).E poi, come non ricordare il gioco con le parole di uno dei maestri assoluti nella nostra scuola, Gianni Rodari, con la luna che si specchia sulla punta o nella cruna dell’ago di Garda! Freud affermava che il contrario del gioco non è ciò che è serio, ma ciò che è reale. Eppure, da qualche parte nella nostra storia, a un certo punto abbiamo separato chirurgicamente ciò che non era separabile: il gioco dall’apprendimento, il gioco dall’impegno, il gioco dalla serietà. Avete mai visto un bambino intento a giocare? Non troverete persona al mondo più seria e più impegnata di lui, anche quando ride di gusto per il suo gioco. Perché, come sostiene il Marchese del Grillo (se dobbiamo giocare, giochiamo, non solo con citazioni auliche), «quando si scherza, bisogna essere seri!».E allora, l’augurio per tutti noi adulti, insegnanti o genitori, è che prima o poi il bambino ci rivolga la frase più bella del mondo: «Giochi con me?». Perché ci sta invitando a entrare nel suo mondo.E un invito così non si rifiuta. Mai!

«Pensano solo a giocare!». Quante volte abbiamo sentito questa frase a proposito di qualche bambino o ragazzo… O magari l’abbiamo pronunciata noi stessi, nei confronti di un figlio o di un alunno, cui rimproveriamo di dedicarsi poco allo studio, al fare i compiti, all’apprendimento («quello serio»)! Dov’è che, nel corso della nostra storia, abbiamo perso di vista il gioco come strumento insostituibile di apprendimento e crescita? Perché è nel gioco che si sviluppano le abilità percettivo-motorie e quelle sociali, le funzioni cognitive più complesse e la capacità di darsi e rispettare delle regole, l’intenzionalità del gesto e la ricchezza comunicativa. Come ricordano studiosi di orientamento diverso, da Huizinga a Caillois, da Bateson a Panksepp, il gioco risponde a bisogni fondamentali&nbsp;e innati, non solamente nell’essere umano, ma in tutti i mammiferi. Il neuroscienziato Jaak Panksepp sostiene che «il gioco fisico è un diritto di nascita di ogni giovane mammifero», con riferimento a una delle forme ludiche più universali sul pianeta, il gioco della lotta. Ma potremmo estendere questo riconoscimento di “diritto” a ogni tipo di attività ludica, da quelle basate sulla competizione a quelle di finzione o di fortuna (riprendendo la classificazione di Roger Caillois). E poi, come non ricordare il gioco con le parole di uno dei maestri assoluti nella nostra scuola, Gianni Rodari, con la luna che si specchia sulla punta o nella cruna dell’ago di Garda! Freud affermava che il contrario del gioco non è ciò che è serio, ma ciò che è reale. Eppure, da qualche parte nella nostra storia, a un certo punto abbiamo separato chirurgicamente ciò che non era separabile: il gioco dall’apprendimento, il gioco dall’impegno, il gioco dalla serietà. Avete mai visto un bambino intento&nbsp;a giocare? Non troverete persona al mondo più seria e più impegnata di lui, anche quando ride di gusto per il suo gioco. Perché, come sostiene il Marchese del Grillo (se dobbiamo giocare, giochiamo, non solo con citazioni auliche), «quando si scherza, bisogna essere seri!». E allora, l’augurio per tutti noi adulti, insegnanti o genitori, è che prima o poi il bambino ci rivolga la frase più bella del mondo: «Giochi con me?». Perché ci sta invitando a entrare nel suo mondo. E un invito così non si rifiuta. Mai!

La scuola è #gioco

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