L'educazione come processo circolare, rileggendo Vygotskij - “Pillole” per cominciare bene

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 I legami di attaccamento che si sviluppano in età precoce rappresentano la matrice delle relazioni affettive future e influenzano quanto riusciamo a sentirci sicuri in queste relazioni. Questi legami incidono fortemente sulla qualità dello sviluppo del bambino, da quello socio-emotivo, a quello cognitivo e comunicativo-linguistico. In generale, i dati indicano che bambini che hanno sperimentato relazioni affettive sicure con i propri caregiver sono più competenti e con un maggiore vantaggio evolutivo, rispetto ai loro pari che hanno avuto legami insicuri. Diventa quindi fondamentale sostenere relazioni sicure nel corso dello sviluppo inf
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I legami di attaccamento che si sviluppano in età precoce rappresentano la matrice delle relazioni affettive future e influenzano quanto riusciamo a sentirci sicuri in queste relazioni. Questi legami incidono fortemente sulla qualità dello sviluppo del bambino, da quello socio-emotivo, a quello cognitivo e comunicativo-linguistico. In generale, i dati indicano che bambini che hanno sperimentato relazioni affettive sicure con i propri caregiver sono più competenti e con un maggiore vantaggio evolutivo, rispetto ai loro pari che hanno avuto legami insicuri. Diventa quindi fondamentale sostenere relazioni sicure nel corso dello sviluppo infantile.

La relazione affettiva insegnante-alunna/o
Per molti decenni, la relazione insegnante-alunno è stata analizzata privilegiandone la dimensione psico-pedagogica. Grazie a Robert Pianta (1999), psicologo e insegnante statunitense, si è iniziato a porre attenzione anche alle componenti affettive di tale relazione.
La cornice teorica dell’attaccamento, originariamente formulata da John Bowlby (1907-1990), ha offerto gli strumenti concettuali per questa nuova ridefinizione. Da allora, sono fioriti moltissimi studi che attestano come dal nido alla scuola secondaria una buona relazione affettiva, con l’educatrice e poi con l’insegnante, incida in modo significativo sulla qualità dell’adattamento scolastico, il piacere di andare a scuola, gli atteggiamenti positivi nei confronti della scuola, la competenza sociale e la prosocialità, la riduzione di problemi comportamentali e, non da ultimo, il rendimento scolastico (Pianta, 1999; Sabol e Pianta, 2012; Sette, Baumgartner e Zava, 2024).
Considerando la scuola primaria, i risultati più interessanti sull’impatto positivo che la relazione con l’insegnante ha sull’adattamento e sul rendimento scolastico provengono da studi che seguono l’andamento dei bambini nel tempo. Se è plausibile che una buona relazione influenzi positivamente il rendimento, è altrettanto plausibile ipotizzare che una buona relazione sia conseguente al successo scolastico del bambino. Studi condotti nel contesto italiano e internazionale sembrano confermare la prima ipotesi. Ad esempio, Caputi e colleghi (2017) hanno dimostrato che la vicinanza e il conflitto con l’insegnante, valutati nel secondo anno della scuola primaria, predicono rispettivamente in modo positivo e negativo il rendimento scolastico nel quarto anno.
 
L’importanza di cominciare bene
La relazione con l’insegnante può andare incontro a cambiamenti nel corso degli anni, migliorativi o peggiorativi. E allora diventa legittimo chiedersi quanto tali cambiamenti incidano sul rendimento scolastico, rispetto a relazioni che restano stabili. Spilt e colleghi (2012) hanno valutato per cinque anni consecutivi della scuola primaria il livello di intimità e conflitto con l’insegnante, individuando gruppi di bambini con caratteristiche diverse. Quindi hanno messo in relazione tali andamenti col rendimento scolastico valutato nel sesto anno di scuola, al netto del peso giocato da variabili socio-demografiche e cognitive.
I risultati mettono in evidenza che istaurare dall’inizio una relazione con l’insegnante caratterizzata da alta intimità, anche se va incontro a un decremento negli anni, predice migliore rendimento scolastico rispetto a quando si inizia la scuola primaria istaurando una relazione scarsamente intima che poi migliora nel tempo. Questo dimostra che avviare da subito una relazione positiva con i bambini ha un valore protettivo ben maggiore rispetto a quando tale relazione viene recuperata nel tempo. Relazioni con livelli stabilmente alti di conflittualità nel corso dei 5 anni, e traiettorie in cui il livello di conflittualità aumenta nel corso degli anni, predicevano prestazioni scolastiche peggiori: questo risultato suggerisce che la conflittualità con l’insegnante è un importante fattore di rischio per gli apprendimenti e, al fine di favorire il successo scolastico, è auspicabile intervenire presto per supportare una relazione che appare da subito difficoltosa, piuttosto che ignorare una lieve conflittualità all’avvio del percorso scolastico, che può peggiorare nel corso degli anni.

 
Avviare da subito una relazione positiva con i bambini ha un valore protettivo maggiore rispetto a quando tale relazione viene recuperata nel tempo

 
Il potere trasformativo della relazione con l'insegnante
Nel corso degli anni, si è affermato un approccio di studio al tema basato su una concettualizzazione più complessa, che ha visto l’evoluzione da una visione lineare in cui si ipotizzava che la relazione avesse effetti diretti sul funzionamento e sugli esiti del bambino, a una sistemica e dinamica: la domanda, ora, è volta a comprendere in che misura una relazione funzionale con l’insegnante possa entrare in un percorso evolutivo a rischio per preesistenti condizioni e ne possa cambiare gli esiti in positivo. In questo modo la relazione con l’insegnante diventa un fattore di protezione ed esercitando un potere trasformativo, è in grado di cambiare la traiettoria evolutiva del bambino verso direzioni più adattive (Sette et al., 2024).
Gli studi hanno considerato come per diversi tipi di rischio evolutivo una buona relazione con il docente attenui le ricadute negative associate alle varie problematiche e migliori le performance scolastiche: anche in presenza di difficoltà o disturbi dell’apprendimento, una buona relazione attenua il senso di isolamento, promuove auto-efficacia e fiducia nelle proprie risorse, così come in presenza di esperienze familiari sfavorevoli e rischio socio-demografico (Sabol e Pianta, 2013).
In conclusione, questi studi suggeriscono che sono soprattutto i bambini più vulnerabili ad avvantaggiarsi di una buona relazione affettiva con l’insegnante.
 
Quando l'esposizione all'insegnante influenza senza saperlo
Un approccio di ricerca, alternativo all’uso dei questionari, ha previsto l’utilizzo del modello del priming, che in inglese vuole dire innescare: per effetto priming in psicologia si intende il processo attraverso cui l’esposizione a uno stimolo attiva uno schema mnemonico che influenza il comportamento, anche quando l’esposizione avviene per tempi tanto ridotti da sfuggire alla consapevolezza, in una condizione di percezione subliminale. Nello studio di Ahnert e colleghi (2013) bambini della prima primaria hanno partecipato a un paradigma di priming affettivo: metà del campione è stato esposto per circa 40 millisecondi a uno stimolo subliminale neutro; l’altra metà a uno stimolo subliminale affettivamente pregnante, ovvero la foto della propria insegnante della scuola dell’infanzia. Subito dopo, è stato chiesto loro di risolvere dei compiti cognitivi. È emerso che i bambini che avevano sperimentato con quella insegnante una relazione affettiva di intimità (valutata precedentemente con questionari) avevano prestazioni migliori quando esposti al priming affettivo, in confronto al priming neutro. Questo vuol dire che la percezione sottosoglia del volto dell’insegnante attiva inconsapevolmente lo schema della relazione andando a influenzare positivamente o negativamente la performance cognitiva.
 
L’impatto positivo del volto sorridente
Questo studio, tuttavia, non teneva contro dell’espressione emotiva veicolata dal volto dell’insegnante: i bambini sono esposti per molte ore al volto dell’insegnante che modula una molteplicità di diverse espressioni emotive. Può il volto sorridente dell’insegnante favorire inconsapevolmente performance cognitive migliori rispetto a quello arrabbiato? È quanto abbiamo provato a esplorare in uno studio condotto dal nostro gruppo di ricerca, in cui abbiamo mostrato in forma subliminale (per soli 33 millisecondi) l’espressione felice, neutra e arrabbiata dell’insegnante di matematica a un campione di bambini del terzo anno della scuola primaria. Subito dopo, veniva loro chiesto di completare un compito matematico al computer. Controllando l’effetto delle abilità cognitive generali e della memoria di lavoro, è emerso che l’esposizione subliminale al volto felice era associata a performance migliori rispetto al volto arrabbiato e a quello neutro. Inoltre, il livello di intimità percepito nella relazione con l’insegnante esaltava questo effetto, nel senso che l’impatto positivo del volto sorridente era tanto più forte quanto maggiore era il livello di intimità che il bambino sentiva nella relazione con l’insegnante (Semeraro, 2020). Questi risultati sono sorprendenti se teniamo conto che in entrambi gli studi, nessuno dei bambini riferiva di aver riconosciuto il volto della propria insegnante durante la prova; eppure, evidenziano quanto potente possa essere l’effetto dell’esposizione all’insegnante e alle emozioni che veicola, sul funzionamento scolastico del bambino.


L’esposizione all’insegnante e alle emozioni che veicola ha un potente effetto sul funzionamento scolastico del bambino
 

Conclusioni e ricadute applicative
Questa breve rassegna mette in evidenza l’opportunità di promuovere relazioni affettive positive tra insegnanti e alunni. È importante che gli insegnanti riconoscano nel bagaglio delle loro competenze, oltre a quelle didattiche, educative e disciplinari, anche quelle di natura affettiva ed emotiva: dovrebbero essere consapevoli, quindi, che non ci si può sottrarre dal coinvolgimento affettivo con gli alunni, nella erronea convinzione che questa dimensione investe solo il ruolo genitoriale. Robert Pianta (1999) suggerisce quindi come sia importante lavorare in primis sul sistema di credenze dell’insegnante e quindi sulla sua capacità di riconoscere i bisogni affettivi dei bambini.
Di seguito alcune proposte concrete, tratte dalla letteratura psicologica, da spendere in classe.
 


La dimensione affettiva della relazione insegnante-alunno

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