Difficoltà nella scrittura, nella gestione dello spazio e del corpo

Come evitare comportamenti provocatori in classe

Chiarimenti sui DSA

Muoviamo i primi passi

Il dettato ortografico

Calcolatrice e altre strategie

Modulare l’attivazione emozionale&nbsp;Il problema è che troppo spesso trascuriamo quest’obiettivo di modulazione emozionale, considerandolo secondario a processi di apprendimenti ritenuti maggiormente rilevanti (come l’acquisizione dei prerequisiti della letto-scrittura), oppure pensandolo come un’abilità innata o comunque soggetta a uno sviluppo spontaneo. La capacità di avvertire, riconoscere e modulare le differenti attivazioni emozionali si forma proprio nei primi anni della crescita, quando il bambino si confronta per la prima volta con situazioni nuove (per esempio, il distacco dal genitore, la socializzazione in contesti allargati, ecc.) e con emozioni altrettanto nuove (come la vergogna, l’imbarazzo, l’orgoglio, ecc.). Se in questa fase il bambino subisce passivamente le emozioni, potrebbe adottare inconsapevolmente delle modalità disfunzionali per evitarle (per esempio la fuga dal compito, l’adozione di condotte sfidanti ecc.) che molto rapidamente si irrigidiscono e diventano lo stile abituale di autoregolazione (o meglio di disregolazione emozionale).&nbsp;L’autoregolazione emotiva&nbsp;Se dunque l’obiettivo dell’autoregolazione emotiva è così fondamentale, dobbiamo riconoscere al contempo che essa si sviluppa solamente all’interno della rete di relazione che il bambino intesse con i coetanei, ma soprattutto con gli adulti di riferimento (genitori, insegnanti ecc.). In particolare, nel corso dell’interazione con questi ultimi, il bambino deve giungere alla consapevolezza che: 1. gli adulti sono in grado di aiutarlo a modulare le emozioni troppo intense che sperimenta; 2. le emozioni sono quindi “modulabili” e non sono eventi improvvisi solamente da subire o da temere; 3. lui per primo può imparare a utilizzare le medesime strategie di regolazione emotiva che ha visto utilizzare dagli adulti. Questo tipo di apprendimento si concretizzerà non tanto, e non soltanto, all’interno di specifiche attività dedicate all’alfabetizzazione&nbsp;

Un contesto motivante&nbsp;Prendiamo per esempio la memoria: per il bambino l’attività di memorizzare le parole di una canzoncina o di una poesia può essere un compito impegnativo; cerca di ripetere i versi, più e più volte, e più ripete, più aumenta la stanchezza e la noia, più aumentano gli errori, le confusioni ecc. Poi, basta che ascolti un paio di volte la sigla inziale del suo cartone animato preferito e immediatamente le parole della stessa si stampano indelebilmente nella sua memoria. Cos’è accaduto? Semplice, sono entrate in campo le emozioni: l’interesse, il piacere, il divertimento… tutto ha contribuito a potenziare i processi di acquisizione e ritenzione mnestica, ma ha anche permesso al bambino di non avvertire la stanchezza o la noia del compito e così nel complesso la memoria ha funzionato in modo ottimale. Il medesimo discorso riguarda tutte le altre abilità cognitive, come per esempio l’attenzione: quando proviamo entusiasmo per un’attività oppure orgoglio per come l’abbiamo svolta, rimaniamo concentrati molto più a lungo e riusciamo a inibire meglio tutta una serie di distrattori.<blockquote>In assenza di emozioni, il bambino (a tutte le età) diventa apatico, demotivato, indifferente a qualsiasi stimolazione &nbsp;</blockquote> Il ruolo delle emozioni&nbsp;Da molti anni sappiamo ormai che le emozioni non costituiscono un disturbo nel procedere del pensiero razionale e dell’apprendimento, ma anzi ne costituiscono una base fondamentale ed irrinunciabile. E ciò vale non solamente per le emozioni cosiddette positive (per esempio la felicità), ma anche per quelle comunemente (ed erroneamente) considerate negative, come la rabbia o la paura. Consideriamo per esempio come la paura aiuti a rimanere concentrati sul compito da svolgere, oppure come la rabbia motivi a un impegno maggiore nel tentativo di superare eventuali ostacoli. Chiaramente, come sarebbe semplicistica una visione per cui le emozioni sono solamente un elemento di disturbo ai processi cognitivi e di apprendimento, così sarebbe altrettanto banalizzante una visione che le consideri sempre e solamente di supporto. Il vero obiettivo consiste nel saper modulare l’attivazione emozionale, in modo che non sia troppo bassa (con il rischio di apatia e disinteresse) ma neanche troppo elevata (con il risultato di indurre disorganizzazione e caoticità comportamentale). Per capire come fare si legga il box seguente. &nbsp;

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