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Psicologia e Scuola, le analisi di Giuliana Pinto

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

L’importanza dell’investimento sull’istruzione è enorme, anche in termini economici, per esempio di PIL. Che cosa spiega l’insuccesso del sistema educativo nel raggiungere e trattenere al suo interno bambini e bambine, ragazzi e ragazze? La questione, benché oggi portata all’attualità dall’emergenza pandemica, non è certo nuova. La dispersione scolastica e il cattivo rendimento degli studenti italiani, specie se comparati a quello dei loro coetanei di altri Paesi, sono problemi antichi, su cui la ricerca psicologica si interroga da decenni.
 
 Le prime spiegazioni del successo e del fallimento accademico degli studenti hanno chiamato in

L’importanza dell’investimento sull’istruzione è enorme, anche in termini economici, per esempio di PIL. Che cosa spiega l’insuccesso del sistema educativo nel raggiungere e trattenere al suo interno bambini e bambine, ragazzi e ragazze? La questione, benché oggi portata all’attualità dall’emergenza pandemica, non è certo nuova. La dispersione scolastica e il cattivo rendimento degli studenti italiani, specie se comparati a quello dei loro coetanei di altri Paesi, sono problemi antichi, su cui la ricerca psicologica si interroga da decenni.Le prime spiegazioni del successo e del fallimento accademico degli studenti hanno chiamato in causa variabili strettamente cognitive, volte a misurare l’efficienza degli individui in abilità intellettive di base: capacità di ragionamento, memoria, linguaggio, attenzione ecc. I punteggi in queste misure, insieme ai voti conseguiti nei primi anni della scolarità, sebbene discretamente capaci di predire il successo o l’insuccesso scolastico, sono apparsi ben presto insoddisfacenti. Le misure delle capacità cognitive, da sole, offrivano un modello predittivo deterministico, non spiegavano completamente perché il successo o il fallimento si verificassero e soprattutto non lasciavano intravedere alcuna strada per modificare il “destino” accademico assegnato allo studente.

Le possibili fonti delle differenze individuali nella riuscita scolastica sono state quindi ricercate in altre dimensioni sia cognitive sia non cognitive, in un’ottica che si spostava dalla misurazione del prodotto, il rendimento, ai processi attivati nel corso dell’apprendi- mento. I nuovi strumenti di rilevazione miravano a indagare come uno studente si dispone ad apprendere e a comprendere i contenuti e le metodologie delle diverse aree disciplinari. Tali strumenti, inizialmente perlopiù questionari, hanno raccolto informazioni sugli atteggiamenti verso lo studio (per esempio, «Sento che non vale la pena di spendere tempo, denaro e sforzi per frequentare un liceo»), sui comportamenti di studio effettivi (per esempio, «Mi fermo periodicamente durante la lettura e ripasso mentalmente ciò che è stato detto»), o sui processi cognitivi che gli studenti mettono in atto durante lo studio (per esempio, «Faccio collegamenti tra le diverse idee o argomenti che sto studiando»). Accanto all’orientamento rispetto allo studio e alla conoscenza delle abilità e strategie di studio, le ricerche recenti hanno poi evidenziato l’importante valore predittivo del rendimento di un altro tipo di fattori, nei quali le componenti cognitive si “riscaldano” con il calore di alcune specifiche dimensioni emotivo-affettive, particolarmente cruciali nel promuovere un apprendi- mento efficace. Tra queste si annoverano la motivazione accademica, la costanza nel perseguire i risultati attesi, la fiducia nelle proprie capacità scolastiche, il controllo dell’ansia connessa allo studio.

Gli aspetti dinamici e interattivi delle forze in gioco si colgono meglio distinguendo tra due fasi dell’impegno scolastico. La prima fase comprende i comportamenti dietro le quinte che implicano lo studio, la gestione del tempo, la comunicazione con i compagni e l’evitare comportamenti controproducenti per il successo in classe. Questa fase determina la quantità di conoscenze e competenze acquisite e che, nella seconda fase, vengono valutate durante gli esami, nelle interrogazioni, nelle prove scritte, traducendosi in voti. Nell’insieme, la ricerca suggerisce che per ottenere un rendimento finale soddisfacente lo studente debba non solo padroneggiare flessibilmente le pratiche di studio appropriate (abilità di studio), ma anche essere capace di impegnarsi volontariamente in uno sforzo prolungato, volto al perseguimento di un obiettivo reputato di valore. Gli si richiedono, dunque, interesse e curiosità (motivazione allo studio), capacità di autoregolamentazione e di autocontrollo (abitudini di studio), senso di responsabilità verso il proprio percorso di apprendimento (atteggiamento verso lo studio). Sin qui, si può obiettare, il libro dei desideri per lo studente ideale! Ma la ricerca empirica ci conforta con un risultato di particolare valore applicativo: questi “pilastri” dell’efficacia a scuola, mentre hanno relazioni predittive particolarmente forti con il rendimento scolastico, sono scarsamente correlati con le capacità cognitive generali, non dipendono cioè da un’elevata capacità intellettiva. Al contrario, appaiono assai sensibili di essere incrementati e rafforzati attraverso specifici e mirati interventi di potenziamento. La valutazione di questi aspetti dell’orientamento allo studio, effettuata dagli insegnanti stessi (a ciò specificatamente formati ed eventualmente coadiuvati dallo psicologo scolastico), consentirebbe di individuare preventivamente gli studenti che, soprattutto nella transizione da un ordine di scolarizzazione a un altro, appaiono a rischio di incorrere in difficoltà nell’apprendimento e che potrebbero beneficiare di un’ulteriore formazione mirata a migliorare l’approccio allo studio. A imparare si impara.

Per ottenere un buon rendimento finale lo studente deve padroneggiare le pratiche di studio corrette e impegnarsi volontariamente in uno sforzo prolungato, volto al perseguimento di un obiettivo di valore

L’importanza dell’investimento sull’istruzione è enorme, anche in termini economici, per esempio di PIL. Che cosa spiega l’insuccesso del sistema educativo nel raggiungere e trattenere al suo interno bambini e bambine, ragazzi e ragazze? La questione, benché oggi portata all’attualità dall’emergenza pandemica, non è certo nuova. La dispersione scolastica e il cattivo rendimento degli studenti italiani, specie se comparati a quello dei loro coetanei di altri Paesi, sono problemi antichi, su cui la ricerca psicologica si interroga da decenni. Le prime spiegazioni del successo e del fallimento accademico degli studenti hanno chiamato in causa variabili strettamente cognitive, volte a misurare l’efficienza degli individui in abilità intellettive di base: capacità di ragionamento, memoria, linguaggio, attenzione ecc. I punteggi in queste misure, insieme ai voti conseguiti nei primi anni della scolarità, sebbene discretamente capaci di predire il successo o l’insuccesso scolastico, sono apparsi ben presto insoddisfacenti. Le misure delle capacità cognitive, da sole, offrivano un modello predittivo deterministico, non spiegavano completamente perché il successo o il fallimento si verificassero e soprattutto non lasciavano intravedere alcuna strada per modificare il “destino” accademico assegnato allo studente.

L’attenzione ai processi attivati nel corso dell’apprendimento

Le due fasi dell’impegno scolastico

A imparare si impara

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