Star bene a scuola: l'empatia dell'insegnante

Come funziona il cervello emotivo dei bambini?

Che cosa comunica il nostro sguardo? - “Pillole” per star bene a scuola

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Edith Stern, psicologo e psicoanalista, scomparso di recente, uno dei più importanti rappresentanti internazionali del movimento dell’Infant Research, definisce le prime comunicazioni tra madre e bambino delle danze interattive. Stern ha dedicato la sua vita all’analisi e allo studio delle prime fasi della vita del bambino e in questo suo lavoro si è avvalso delle più sofisticate metodologie e tecniche in grado di cogliere le più leggere sfumature delle interazioni corporee madre-bambino.Da questa intersoggettività, confermata scientificamente oggi dalla scoperta dei “neuroni specchio”, parte un’analisi della comunicazione prettamente corporea che intercorre tra il bambino e il proprio caregiver.

Edith Stern, psicologo e psicoanalista, scomparso di recente, uno dei più importanti rappresentanti internazionali del movimento dell’
 
 Infant Research,
 
 definisce le prime comunicazioni tra madre e bambino delle danze interattive
 
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 Stern ha dedicato la sua vita all’analisi e allo studio delle prime fasi della vita del bambino e in questo suo lavoro si è avvalso delle più sofisticate metodologie e tecniche in grado di cogliere le più leggere sfumature delle interazioni corporee madre-bambino.


 Da questa intersoggettività, confermata scienti

Edith Stern, psicologo e psicoanalista, scomparso di recente, uno dei più importanti rappresentanti internazionali del movimento dell’Infant Research, definisce le prime comunicazioni tra madre e bambino delle danze interattive. Stern ha dedicato la sua vita all’analisi e allo studio delle prime fasi della vita del bambino e in questo suo lavoro si è avvalso delle più sofisticate metodologie e tecniche in grado di cogliere le più leggere sfumature delle interazioni corporee madre-bambino.Da questa intersoggettività, confermata scientificamente oggi dalla scoperta dei “neuroni specchio”, parte un’analisi della comunicazione prettamente corporea che intercorre tra il bambino e il proprio caregiver.

Ecco allora nascere la fortunata espressione delle danze interattive, composte dal fraseggio dei gesti, dai ritmi, dai vocalizzi, dai sorrisi, dalle imitazioni delle espressioni facciali, in concatenazioni dialogiche preverbali. Il concetto di intersoggettività, sostenuto dai neuroni specchio, ci fa fare passi avanti rispetto all’importanza del linguaggio del corpo. Stern afferma infatti che il neonato da subito dimostra di essere competente per quanto attiene la comunicazione relazionale perché egli possiede da subito e costantemente la struttura di “essere con…”.Bruner parla già di Stern negli anni ‘70, prima del tema della intersoggettività, a proposito del linguaggio preverbale: l’intesa tra madre e ­neonato, un po’ più avanti nel tempo delle prime interazioni, prima della nascita del linguaggio verbale e anche prima di quello “deittico”, si manifesta con l’attenzione condivisa, lo sguardo congiunto e l’azione reciproca.L’esplorazione del mondo, in una crescente alleanza fra i due, quasi determinata geneticamente, comincia così: guardandosi intorno in modo stuporoso e cercando conferma.

I nuovi educatori e insegnanti, prima di assumere servizio, hanno “fantasmizzato” un bambino “vivo e naturale”, come la madre prima che egli nasca.Ma poi, scaraventati nel ruolo, non hanno modo, tempo, opportunità, aiuto, formazione per acquisire la consapevolezza della funzione: far nascere la possibilità che il bambino reale possa diventare sé stesso, possa diventare quel bambino vero, autentico, che hanno vagheggiato.Ben presto infatti tutti i loro sforzi diventano spesso tentativi di ridurre, sfrondare, correggere, trattenere il “negativo”, con il risultato sovente di avere così un bambino educato, ma non l’educazione del bambino.Per questo è auspicabile una formazione iniziale a mediazione corporea che riesca a intaccare la “corazza tonica”, che ognuno di noi si costruisce crescendo come modalità difensiva, per renderci più disponibili e attenti a sintonizzarci sulla comunicazione del linguaggio del corpo e cogliere il più possibile in tempo segnali di disagio. Possono essere segnali taciti di richiesta di aiuto, di sofferenza profonda non esplicitabile a parole, ma che deve esser colta prima che esploda, segnali di difficoltà rispetto all’apprendimento, che causano un abbassamento del livello di aspirazione e dell’autostima, aspetto deleterio in prospettiva.

LA COMUNICAZIONE CORPOREA

Già Julian de Ajuraguerra aveva sottolineato come il primo canale comunicativo, che tutti abbiamo conosciuto venendo al mondo, sia stato il linguaggio del corpo attraverso il famoso “dialogo tonico” tra il corpo della madre e quello del bambino.In questo caso è il tono muscolare della madre che si aggiusta su quello del bambino, in un’alternanza di tensione e distensione, che porta a una regolazione nei confronti dei bisogni del neonato, rispetto all’accudimento e al suo benessere in generale. La madre si allerta rispetto al malessere-tensione o si rilassa insieme al proprio bambino, concedendosi un piacere unico e particolare: il neonato satollo, pulito, cullato, soddisfatto, quasi più pesante perché rilassato.

LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI

IL LINGUAGGIO DEL CORPO

Il nostro corpo parla sempre, spesso a nostra insaputa, come quello del bambino più taciturno e chiuso. C’è bisogno però di un adulto che sappia ascoltarlo

I prodromi della comunicazione mamma-neonato riguardano da vicino la formazione di educatori e insegnanti

I prodromi della comunicazione mamma-neonato riguardano da vicino la formazione di educatori e insegnanti

Questa intesa tonica si arricchirà, poi, con gli altri dati di tipo corporeo che la “pragmatica della comunicazione umana” (Paul Watzlawick e Janet Beavin) definisce essere l’aspetto analogico della comunicazione, rispetto a quello verbale: indicatori come la mimica facciale, la voce e le sue intonazioni, la postura ecc.Tale competenza, che riguarda la comunicazione corporea, non scompare del tutto, rimane a determinare il livello della relazione con l’altro per tutta la vita, anche dopo il sorgere del linguaggio verbale e il suo uso che appare esclusivo.È molto importante sapere, sia da parte dell’educatore del nido come da parte dell’insegnante della scuola dell’infanzia, che i bambini, in caso di incoerenza tra linguaggio verbale e linguaggio corporeo, si fidano e recepiscono come genuino quello corporeo. Possiamo infatti dire tante “carinerie”, ma se il nostro tono muscolare è rigido ciò che noi trasmettiamo non è accettazione, ma rifiuto.

L’INTERSOGGETTIVITÀ

Il corpo che parla

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