<div class="custom_text" id="iknk"><p style="text-align: justify;">Scrivo questo articolo in occasione della riapertura dell’anno scolastico. Per me è un piacere, naturalmente, ma vivo questo compito anche con molta titubanza, una certa dose di perplessità e persino un po’ di paura. Vi racconto queste mie emozioni perché desidero condividerle con voi.<br></p><p style="text-align: justify;">Viviamo <b>un periodo di grandi incertezze ed è inevitabile che l’incertezza generi ansia</b>. Sarebbe già un buon risultato se non diventasse angoscia. Sarebbe un risultato ancora migliore se si trasformasse in occasione di cambiamento.</p><p style="text-align: justify;"><br></p></div><div class="custom_text" id="idd3"><p class="heading2">L'impatto psicosociale della pandemia<br></p></div><div class="custom_text" id="i0vv"><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">La letteratura di questi ultimi mesi ci mostra come l’impatto psicosociale della pandemia da Covid 19 non risparmi bambini e adolescenti (Dubey <i>et al.</i>, 2020). Tra i problemi che emergono da questi studi,<b> i disturbi d’ansia e quelli dell’umore sembrano i più diffusi e i più rilevanti</b>. Seguono i disturbi di comportamento (Singh <i>et al.</i>, 2020), le conseguenze emotive delle tensioni tra i genitori (Spinelli <i>et al.</i>, 2020) e i rischi di maltrattamenti e violenze (Uccella <i>et al.</i>, 2020).</p><p style="text-align: justify;">Le cause principali di questi problemi psicologici sembrano legate alla malattia, all’«infodemia», alle ripercussioni emotive delle quarantene e della limitazione delle attività routinarie. Ulteriori fattori di rischio in età evolutiva sono rappresentati da istruzione carente, precarie condizioni pregresse di salute mentale, svantaggio economico (Singh <i>et al.</i>, 2020). La ricerca ha inoltre evidenziato che nei bambini si manifestano spesso reazioni emotive difficili da controllare (Filosi, 2020), angoscia, ansia da separazione, irritabilità, difficoltà di concentrazione, problemi legati al sonno (Barari <i>et al.</i>, 2020), riduzione del rendimento scolastico (Perini, 2020).</p><p style="text-align: justify;"><br></p></div><div class="custom_text" id="i9t1"><p class="heading2">Che cosa imparare dall'emergenza sanitaria?<br></p></div><div class="custom_text" id="ii9h"><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">La scuola, costretta a rispondere a questa emergenza in larga misura con la didattica a distanza, ha visto spesso allievi distratti, demotivati, stanchi, stressati, annoiati, soli e confusi (Perini, Lucangeli, 2021). Chi già era in difficoltà rischia di restare ancora più indietro e di perdersi. Possiamo provare a imparare qualcosa da questo dramma?<br></p><p style="text-align: justify;"><br><b>La mia proposta è quella di una ripartenza vera</b>. Non un cambio di parole, di nomi, di carte, di programmi e di piani: il Piano Triennale dell’Offerta Formativa, il Piano Educativo individualizzato, il Piano Didattico Personalizzato… nel secolo scorso intere nazioni sono crollate sotto il peso dei Piani quinquennali. Non un passaggio dai voti ai giudizi, l’unico cambiamento al quale i teorici e i burocrati della Pubblica istruzione abbiano pensato durante quest’anno terribile: un passaggio talmente rivoluzionario che già il regime fascista nel 1926 trasformò i voti espressi in decimi in «insufficiente», «sufficiente», «medio», «buono». Poi, dopo la guerra, si tornò ai voti; nel 1977 si tornò ai giudizi; nel 2008 si tornò ai voti… Non sono queste le cose di cui vorrei parlare.</p><p style="text-align: justify;"><br></p></div><div class="custom_text" id="iasfq"><p class="heading2"><b>Partiamo da noi</b></p></div><div class="custom_text" id="ixi9"><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">Credo che per una ripartenza nuova <b>il cambiamento debba partire da noi, da dentro di noi.</b> L’inventore della celeberrima tartaruga che ha insegnato a bambini di tutto il mondo a programmare un computer con il linguaggio Logo ironizzava con quelli che sostenevano che certe innovazioni non portano niente di buono alla scuola. Certo, diceva, se mettete un motore a reazione di ultimo modello su un vecchio carretto sgangherato di legno, poi concluderete che un mulo è meglio di un motore a reazione! (Papert, 1995). Non si cambia nulla sostituendo un 5 con un “In via di prima acquisizione” se non cambiamo le nostre teste e il nostro modo di vedere e di costruire la scuola.</p></div><div class="focus-box focus-box"><div class="custom_text" id="iub2n"><p>Si deve fare così perché si è sempre fatto così. Ma è proprio vero?<br></p></div></div><div class="custom_text" id="i8pgf"><p class="heading2"><b>Si deve fare così perché si è sempre fatto così?</b></p></div><div class="custom_text" id="imcw9"><p style="text-align: justify;">Qualche anno fa ho chiesto a un bambino con un Disturbo da deficit dell’attenzione / iperattività di farmi un disegno fronte-retro. Gli ho chiesto di disegnare se stesso a casa e, sul rovescio del foglio, a scuola. Il primo disegno è pieno di luce e il bambino sorride. Il secondo è tetro, buio, tristissimo. Il sorriso si è trasformato in un ghigno e i denti sembrano indicare una rabbia repressa con difficoltà. Il bambino appare in trappola, tra quelle quattro mura dell’aula.</p><blockquote><p style="text-align: justify;"><br>"Ma la scuola si fa tra quattro mura! Dove vorresti farla, altrimenti?".<br></p></blockquote><p style="text-align: justify;"><br>Questa obiezione e questa domanda rappresentano bene il carretto di Papert: si deve fare così perché si è sempre fatto così. Ma è proprio vero? Ho conosciuto un secondo bambino con un disturbo da deficit dell’attenzione / iperattività. In classe, facendo una fatica tremenda a restare seduto al suo posto, studiava la storia dei Greci. A casa il papà lo aiutava a ripassare e, oltre alla storia, gli raccontava anche un po’ di filosofia. Durante una seduta mi disse: "Il mio papà mi spiega Socrate, Platone e Aristotele, tre filosofi che avevano inventato una scuola che si chiamava peripatetica. Lo sai, Fabio, cosa vuol dire peripatetica? Vuol dire che si faceva lezione camminando! Quella era la scuola per me!".<br>Forse a questa osservazione i difensori del carretto di Papert osserveranno: <b>roba di oltre duemila anni fa.</b></p><p style="text-align: justify;"><br></p></div><div class="custom_text" id="i7ywc"><p class="heading2"><b>Muri emotivi, psicologici, relazionali da abbattere</b></p></div><div class="custom_text" id="iqmxq"><p><br></p><p>Oggi in quale altro modo si potrebbe fare la scuola? Beh, si potrebbe fare in una pineta, per esempio, o in un bosco… Non è una favola, è La scuola all’aperto (Robertson et al., 2018; WWF, 2020), un’esperienza che Barbara Caterini, Dirigente dell’Istituto Comprensivo Darsena (LU), quest’anno svolgerà a Viareggio all’interno di un progetto al quale anche io avrò l’onore di partecipare.</p></div><div class="focus-box focus-box"><div class="custom_text" id="iewzo"><p>Ci sono muri emotivi, psicologici, relazionali che possono essere abbattuti in tutte le classi, se solo lo vogliamo<br></p></div></div><div class="custom_text" id="iao9x"><p style="text-align: justify;">Certo. <b>Non tutti i muri di tutte le scuole possono essere abbattuti.</b> Non tutte le scuole hanno accanto un bosco di lecci, di platani e di faggi o una pineta come quella della Scuola primaria <i>La Tenuta</i> di Viareggio. Lo so. Ma ci sono muri emotivi, psicologici, relazionali che possono essere abbattuti in tutte le classi, se solo lo vogliamo, se solo vogliamo davvero una ripartenza nuova che inizi da noi. Ci sono pinete e intere foreste nelle quali ogni albero rappresenta un’emozione da coltivare, una relazione da far crescere, un moto di accettazione e di empatia da veder germogliare ogni giorno. <br></p><p style="text-align: justify;">Questo si può fare in tutte le scuole, basta non introdurre il Logo di Papert o il più moderno Coding nell’orario scolastico novecentesco: il martedì e il venerdì dalle undici a mezzogiorno e quaranta. <b>Basta non trasformare un’“innovazione” in una materia come tutte le altre</b>: con un programma, un voto in pagella. Basta non lasciare appassire in un giudizio, in modo da farla odiare, anche un’attività che dovrebbe basarsi sul piacere della scoperta.</p><p style="text-align: justify;"><br></p></div><div class="custom_text" id="i0kwv"><p class="heading2">Dall'apprendimento cooperativo all'atteggiamento cooperativo</p><p style="text-align: justify;">Giù la mascherina, allora! (Naturalmente quando e dove si potrà). Giù la mascherina significa tornare a stare finalmente insieme. Significa finalmente comprendere, ma davvero, non con le parole, non con la testa, ma con il cuore, che cosa vuol dire <b>fare una scuola che lavori sul gruppo e sulla cooperazione anziché organizzare gare di tabelline.</b> In teoria, ormai, sull’apprendimento cooperativo sappiamo tutto. Sappiamo che "nelle attività didattiche di gruppo, apprendimento e socializzazione, cognizione ed emotività stanno in rapporto causale ricorsivo e reciproco […] e possono assumere anche una funzione clinica, facilitando l’inclusione di alunni con DSA o BES"&nbsp;(Franceschini, 2018).</p><p style="text-align: justify;">Sappiamo che<b> l’apprendimento collaborativo migliora la consapevolezza del proprio percorso didattico</b> e il rispetto delle regole (Pinto, 2018). Conosciamo l’importanza dell’interdipendenza positiva espressa dal motto “Tutti per uno, uno per tutti” e come questo abbia ricadute positive sull’attenzione, la motivazione, l’inclusione, le abilità sociali e relazionali (Chemello, Cornoldi, 2018). La mia proposta per una ripartenza nuova è allora quella di andare oltre la teoria e di passare dall’apprendimento cooperativo all’atteggiamento cooperativo. Lo ripeto: non l’ora di cooperative learning il lunedì e il giovedì dalle 10 alle 11, non il motore a reazione su un carretto sgangherato, ma l’imparare insieme tutte le mattine, per tutta la settimana, per tutto l’anno.</p><p style="text-align: justify;"><br></p></div><div class="custom_text" id="ij2hi"><p class="heading2"><b>Una relazione centrata sull’ascolto e sullo scambio reciproco</b></p></div><div class="custom_text" id="ivpvh"><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">Giù la mascherina significa anche <b>tornare finalmente a guardarsi in faccia</b>: ma, di nuovo, a guardarsi in faccia in un modo nuovo. Significa mettere in atto una relazione centrata sull’ascolto e sullo scambio reciproco: l’insegnante lascia spazio, sospende il giudizio, sollecita ogni membro del gruppo a raccontarsi, incoraggia tutti ad ascoltare ciascuno, stimola i bambini a esprimere e a condividere le proprie emozioni.<br></p><p style="text-align: justify;">Abbiamo passato mesi difficili, talvolta durissimi, talvolta carichi di angosce e di lutti. Che ne facciamo? Ripartire significa far finta che non sia successo niente? Dimenticare? Rimuovere? Ricominciare l’anno scolastico facendo lezione, per poi assegnare i compiti a casa e interrogare il giorno dopo? Ripartire significa voltare pagina? Questa non sarebbe una ripartenza nuova. Io credo che una ripartenza nuova sia fare spazio a queste emozioni. Credo che una ripartenza nuova sia<b> sostituire il "Bambini, zitti, che io devo spiegare", con il</b> <b>"Bambini, parliamone insieme".</b><br></p><p style="text-align: justify;">Gli insegnanti per primi mostrino che non hanno paura delle emozioni, che non hanno paura di raccontare le proprie paure, di raccontare le proprie ansie, le proprie angosce, le proprie rabbie e, se ci sono state, ovviamente con parole adatte all’età dei propri allievi, le proprie sofferenze e i propri lutti. I bambini potranno poi fare la stessa cosa con le loro parole, con i loro disegni, con brevi pensieri scritti. Magari, tutti insieme, scriveranno un libro intitolato <i>Il coronavirus e noi della quarta B</i>.</p><p style="text-align: justify;"><br></p></div><div class="custom_text" id="iy7i6"><p class="heading2"><b>La valutazione come un’incombenza necessaria</b></p></div><div class="custom_text" id="ivycq"><p><br></p><p>Infine, giù la mascherina significa: per favore, insegnanti, non mettete il motore nuovo delle emozioni nel vecchio carretto sgangherato di un antico modo di obbligare, valutare, sanzionare. Non mettere il voto più alto all’emozione più bella scritta dal bambino più bravo. Lo so anch’io che a scuola è difficile fare a meno della valutazione, come è difficile fare a meno dei muri e trasformare un’aula in un bosco. <br></p><p>Però si può almeno evitare che la valutazione soffochi i propri allievi come se fosse un muro invalicabile. <b>Si può almeno evitare di mettere la valutazione al centro della propria azione educativa</b>. Si può cercare di vedere la valutazione in un modo diverso, come un’incombenza necessaria.</p></div><div class="focus-box focus-box"><div class="custom_text" id="i9zgv"><p>Io credo che una ripartenza veramente nuova sia fare spazio alle emozioni<br></p></div></div><div class="custom_text" id="igmfl"><p class="heading2"><b>Ascoltare il silenzio</b></p></div><div class="custom_text" id="ib1ua"><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">Lo so anch’io che talvolta sarà necessario dare a un bambino un giudizio che gli serva per autoregolarsi e per crescere. Ma questo non è il cuore della ripartenza nuova di cui sto parlando. Mi piacerebbe che durante questo lavoro sulle emozioni suscitate dal coronavirus, dalla pandemia, dai lunghi <i>lockdown</i>, dalla nostalgia per la scuola, dal desiderio troppo a lungo represso di rivedere i compagni, quando Stefano resterà in silenzio e lascerà in bianco il suo foglio, non compaia sul suo diario una nota per la mamma: "Gentile signora, come al solito, anche oggi Stefano si è rifiutato di svolgere il lavoro in classe sulle emozioni. La prego di farglielo rifare nel pomeriggio in modo che io possa valutarlo domani".<br></p><p style="text-align: justify;"><br>Anziché fargli una nota, l’insegnante ascolti il silenzio di Stefano. <b>Quel silenzio può essere un bene prezioso.</b> Chissà quanto dolore, quanta paura, quale senso di inadeguatezza, quanta rabbia dopo tutti i mesi di disastro c’è adesso dentro quel silenzio. Si può ascoltare anche il silenzio. Esplorarlo. Pensare che potrebbe nascondere un filone d’oro in una miniera buia. Provare ad addentrarsi in quella miniera. Provare ad avventurati in quel cunicolo, anche se ci fa un po’ paura; e andare alla ricerca del tesoro di Stefano, <b>come farebbe un esploratore coraggioso.</b></p></div><div class="focus-box focus-box"><div class="custom_text" id="ich1v"><p>Si può evitare di mettere la valutazione al centro della propria azione educativa<br></p></div></div><div class="custom_text" id="w8YQ5"></div><div class="bibliography-box bibliography-box"><p class="bibliography-box__title" id="wXQ1D">RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI  <br></p><div class="custom_text bibliography-box__text" id="w6EC8"><p style="text-align: justify;"><b>Barari S. et al. (2020)</b>, <i>Evaluating Covid-19 public health messaging in Italy</i>, MedRxiv, http://doi.org./10.1101.2020.03.27.20042820.<br><b>Chemello M., Cornoldi C. (2018)</b>, «Apprendere dai compagni», <i>Psicologia e scuola</i>, <i>38</i>, 2, 22-27.<br><b>Dubey S., Biswas P., Ghosh R., Chatterjee S., Dubey M.J., Chatterjee S., Lahiri D., Lavie C.J. (2020)</b>, «Psychosocial impact of COVID-19», <i>Diabetes Metab Syndr</i>, <i>14</i>(5), 779-788.<br><b>Filosi E. (2020)</b>, <i>Ansia da Coronavirus: come aiutare i bambini a gestire lo stress</i>. https://bimbi.santagostino.it/2020/04/20/ansia-coronavirus-bambini/<br><b>Franceschini G. (2018)</b>, «Didattica per gruppi: un approccio evolutivo», <i>Psicologia e scuola</i>, <i>49</i>, 37, 18-23.<br><b>Papert S. (1995)</b>, <i>I bambini e il computer</i>, Rizzoli, Milano.<br><b>Perini E. (2020)</b>, <i>L’emergenza COVID-19: trauma o risorsa?</i> https://www.stateofmind.it/2020/09/covid19-trauma-risorse/<br><b>Perini E., Lucangeli D. (2021)</b>, «I bambini, gli apprendimenti e le emozioni», in Vicari S., Di Vara S. (a cura di), <i>Bambini, adolescenti e Covid-19</i>, Erickson, Trento.<br><b>Pinto G. (2018)</b>, «Il clima ideale della classe collaborativa», <i>Psicologia e scuola</i>, <i>38</i>, 2, 38-39.<br><b>Robertson J., Schenetti M., Misseri D. (2018)</b>, Sporchiamoci le mani. <i>Attività di didattica all’aperto per la&nbsp;scuola&nbsp;primaria</i>, Erickson, Trento.<br><b>Singh S., Roy D., Sinha K., Parveen S., Sharma G., Joshi G. (2020)</b>, «Impact of COVID-19 and lockdown on mental health of children and adolescents: A narrative review with recommendations», <i>Psychiatry Research</i>, Nov., 293.<br><b>Spinelli M., Leonetti F., Pastore M., Fasolo M. (2020)</b>, «Parents’ stress and children’s psychological problems in families facing the COVID-19 outbreak in Italy», <i>Frontiers in Psychology</i>, <i>11</i>, 1713.<br><b>Uccella S., De Carli F., Nobili l. (2020)</b>, <i>Impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie in Italia</i>,<br>www.gaslini.org/wp-content/uploads/2020/Indagine-Irccs-Gaslini.pdf.<br><b>WWF (2020)</b>, <i>Scuola all’aperto. Insegnare tutte le discipline all’aria aperta </i>https://www.wwf.ch/sites/default/files/doc-2020-03/2020-03-dossier-didattico-scuola-all’aperto.pdf.<br></p></div></></div><img class="strumento-card" src="/static/images/demo/bg-scheda-horizontal.jpg" data-embedded="120|73515" id="i7e6v">