Avanguardia didattica in pratica: flipped classroom e integrazione CDD/libri di testo

Nuovi spazi educativi tra pedagogia e architettura

Intessere trame: l'ambiente di apprendimento

pedagogicamente

SAPER FARE UN PASSO INDIETRO

“Ci preoccupiamo di ciò che un bambino diventerà domani, ma dimentichiamo che è qualcuno oggi” (Stacia Tauscher)

“Ci preoccupiamo di ciò che un bambino diventerà domani, ma dimentichiamo che è qualcuno oggi” (Stacia Tauscher)

PARTIRE DAL QUI E ORA

Il bambino è “un essere pieno di possibilità” (Loris Malaguzzi) che nasce al mondo dotato di capacità, competenze, predisposizioni, abilità, interessi, curiosità del tutto proprie e personali, uniche e irripetibili, combinate tra loro in modo originale, portatore di un patrimonio ineguagliabile che si disvelerà progressivamente.

Seppur equipaggiati in modo ricco e prezioso, le bambine e i bambini hanno bisogno del supporto degli adulti per maturare quelle ulteriori competenze e capacità in grado di inscriverli, nel tempo, nel mondo adulto come individui autonomi, equilibrati, efficaci, di successo, quest’ultimo inteso non tanto in termini economici quanto in termini di ben-essere personale e relazionale. Del resto, questo “risultato” si costruisce, momento per momento, già nel qui e ora.A volte invece, come professionisti (ma anche come genitori) ci muoviamo nella relazione educativa avendo in mente obiettivi che intendiamo perseguire guardando troppo in avanti, nel domani, con il rischio che ci sfugga l’osservare, nel “qui-ed-ora”, chi sono davvero i bambini e le bambine di cui ci prendiamo cura.

“Nessuno educa nessuno. Nessuno si educa da solo. Gli uomini si educano tra loro, con la mediazione del mondo” (Paulo Freire)

PROGETTARE IN MODO FLESSIBILE

ACCOGLIERE LA DIVERGENZA

Nel momento in cui siamo in grado di fidarci profondamente del “maestro interiore” (Maria Montessori) dei bambini e di affidarci di conseguenza alla loro guida, possiamo anche trovare in noi la possibilità di fare un passo indietro e accogliere il ruolo di regista, più che ambire al ruolo del protagonista principale.Questo cambio di prospettiva può gettare le basi da cui partire per promuovere e favorire i processi di esplorazione, scoperta, apprendimento spontanei delle bambine e dei bambini.In che modo? Innanzitutto, partendo da una postura professionale di apertura alla divergenza, ascolto, osservazione profonda, rispetto e grande considerazione per ciò che i bambini portano nella quotidianità nei servizi. Le nostre giornate al loro fianco sono costellate di infiniti momenti in cui, aprendo lo sguardo e ponendoci “nell’attesa dell’inatteso”, possiamo rintracciare meraviglia e bellezza nel loro fare.Possiamo coltivare la capacità di sospendere i nostri schemi di “come le cose andrebbero fatte” e aprirci all’impertinenza e divergenza di cui i bambini sono portatori e generatori.

Certamente il ruolo dell’adulto è fondamentale e di grande responsabilità ma, come afferma Peter Gray, “di una cosa non dobbiamo preoccuparci, della loro (dei bambini) educazione. Non dobbiamo preoccuparci dei programmi, delle materie di studio, di motivare i bambini all’apprendimento, di esaminarli e di tutte le altre cose che rientrano nella categoria della pedagogia. Impieghiamo piuttosto questa energia per creare ambienti decorosi in cui i bambini possano giocare. L’educazione dei bambini è responsabilità loro, non nostra, e solo loro possono occuparsene. Sono predisposti a farlo e il nostro solo compito in materia di educazione è quello di fare un passo indietro e lasciare che accada. Più cerchiamo di controllarla, più rischiamo di interferire”. Sono affermazioni potenti queste di Gray, forse anche destabilizzanti per alcuni. Eppure, sono parole autentiche e profonde.In questo suo breve passaggio si condensa il senso di quale postura sarebbe importante assumere nella relazione educativa. Mi soffermo sul passaggio “creare ambienti decorosi in cui i bambini possano giocare” e “fare un passo indietro e lasciare che accada”. Qui si giocano alcuni elementi professionali basilari: da un lato la competenza nella regia educativa e, dall’altro, la fiducia verso le bambine e i bambini e la consapevolezza di sé e del proprio saper “so-stare” nella relazione educativa.

Seppur equipaggiati in modo ricco e prezioso, le bambine e i bambini hanno bisogno del supporto degli adulti per maturare quelle ulteriori competenze e capacità in grado di inscriver

Seppur equipaggiati in modo ricco e prezioso, le bambine e i bambini hanno bisogno del supporto degli adulti per maturare quelle ulteriori competenze e capacità in grado di inscriverli, nel tempo, nel mondo adulto come individui autonomi, equilibrati, efficaci, di successo, quest’ultimo inteso non tanto in termini economici quanto in termini di ben-essere personale e relazionale. Del resto, questo “risultato” si costruisce, momento per momento, già nel qui e ora.A volte invece, come professionisti (ma anche come genitori) ci muoviamo nella relazione educativa avendo in mente obiettivi che intendiamo perseguire guardando troppo in avanti, nel domani, con il rischio che ci sfugga l’osservare, nel “qui-ed-ora”, chi sono davvero i bambini e le bambine di cui ci prendiamo cura.

Tale postura, a sua volta, è alla base di una progettazione flessibile, in grado di superare rigide programmazioni a priori che imprigionano e congelano la motivazione intrinseca delle bambine e dei bambini, quella spinta fornita da interessi e curiosità personali, potente motore dell’apprendimento. Infatti, ciascuno di noi apprende con gioia e senza sforzo ciò che lo appassiona, lo interessa e lo spinge così ad andare avanti.Si tratta di predisporre:<ul><li>contesti in cui il gioco libero, open ended e diretto dai bambini possa fiorire grazie a luoghi nutrienti e affettivamente caldi in cui la socialità sia sostenuta;</li><li>tempi non strutturati rigidamente e rispettosi dei ritmi dei bambini;</li><li>oggetti attraenti e intriganti, possibilmente destrutturati, in base agli interessi che abbiamo visto esprimere ai piccoli.</li></ul>E poi, qui, saper fare un passo indietro (o più) per lasciare il timone ai bambini, lasciarli giocare e non interferire. Ciò non significa uscire di scena ma, al contrario, il nostro compito dovrebbe essere, da un lato, quello di osservare in modo attento le direzioni prese dalle loro piste di ricerca e, dall’altro, conseguentemente, rilanciare, espandere, promuovere un allargamento delle cornici esplorative e ludiche verso la zona di sviluppo prossimale, affinché l’apprendimento si possa dilatare.

Il bambino è “un essere pieno di possibilità” (Loris Malaguzzi) che nasce al mondo dotato di capacità, competenze, predisposizioni, abilità, interessi, curiosità del tutto proprie e personali, uniche e irripetibili, combinate tra loro in modo originale, portatore di un patrimonio ineguagliabile che si disvelerà progressivamente.

Favorire i processi spontanei

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