Sulla punizione: un sondaggio

Diversità: mai perdere la capacità di meravigliarsi

Il senso di sé cognitivo

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Nel modello di scuola come &ldquo;ambiente educativo di apprendimento&rdquo; proposto nei nuovi programmi elementari, in cui l&rsquo;intervento parte &ldquo;dall&rsquo;orizzontale di esperienze di interessi del fanciullo&rdquo; per promuovere &ldquo;l&rsquo;acquisizione di tutti i fondamentali tipi di linguaggio&rdquo; nel quadro di un &ldquo;clima sociale positivo nella vita quotidiana della scuola&rdquo;, Il dialogo e la comunicazione, cio&egrave; l&rsquo;esercizio della parola, hanno la funzione di primaria importanza sin dal primo giorno. 

Parlare non &egrave; chiacchierare: significa, dicono ancora i programmi, &ldquo;saper utilizzare la lingua nelle forme colloquiali richieste dei problemi della vita quotidiana, rendersi conto dei punti di vista diversi, essere consapevoli della variet&agrave; di forme in cui il discorso si realizza in rapporto a contesti differenti&rdquo;. &Egrave; quindi un obiettivo che il docente deve mettere nel suo programma di educatore democratico e realizzare gradualmente, ma in modo irreversibile, mettendo in atto tutte le forme adatte allo scopo. Non &egrave; insomma cosa che viene da s&eacute;, spontaneamente: deve essere progettata, sperimentata, guidata giorno per giorno, verso l&rsquo;assimilazione di un comportamento sempre pi&ugrave; responsabile che porti il bambino al di l&agrave; dell&rsquo;egocentrismo, ad ascoltare gli altri, a inserirsi nella discussione con atteggiamento critico-costruttivo e a pervenire a sintesi o a decisioni meditate. La tecnica della discussione motivata a scuola &egrave; importante ma impegnativa, si attua in tempi lunghi, passa attraverso alcune fasi in cui si raggiungono obiettivi graduali. Ma la condizione prima perch&eacute; tale tecnica possa portare buoni risultati &egrave; che, sin dal primo giorno, i bambini sentano che nella loro scuola essi sono accolti con tutto il loro mondo interiore, il loro sapere accumulato negli anni prescolastici attraverso il gioco e le esperienze, e che l&igrave;, nella scuola, quel gioco della conoscenza continua insieme, con la guida di un docente serio, che li rispetta, ascolta, organizza le attivit&agrave; senza confusione. 

&Egrave; nel passaggio dall&rsquo;esperienza individuale di ciascun bambino alla conoscenza organizzata in forma di ricerca del docente a scuola che si inserisce il &ldquo;parlare insieme&rdquo; come necessit&agrave;. Vediamo con quali problemi per ciascuna fase.

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100 anni di mario lodi

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La seconda fase dell&rsquo;apprendimento del parlare insieme &egrave; caratterizzata dal passaggio dalla comunicazione individuale all&rsquo;intervento di un argomento dato, da analizzare insieme. Il campo &egrave; quindi circoscritto e i bambini vi si devono attenere. Se durante la conversazione il bambino parla di qualcosa che a lui interessa ma che non ha niente a che vedere con ci&ograve; che stiamo discutendo, gli faremo capire, senza colpevolizzarlo, che del suo problema parleremo, ma dopo, finita la conversazione in atto. E lo faremo. 

Non &egrave; facile, per molti bambini, comprendere questo vincolo del discorso; per questo li dobbiamo aiutare cercando di limitare nel tempo le conversazioni e di farne invece molte. A volte bastano pochi minuti per far esprimere i bambini, purch&eacute; il momento sia preparato, i bambini siano concentrati, tranquilli. Questo esercizio, sempre motivato da necessit&agrave; concrete della vita scolastica, tende a creare l&rsquo;abitudine a pensare prima di parlare, a tener conto di ci&ograve; che gli altri dicono in modo da non ripetere il gi&agrave; detto, apportare contributi nuovi alla conversazione.

Molto utile &egrave; la registrazione con piccoli apparecchi che stanno in una mano e consentono di registrare in qualsiasi situazione, a scuola e fuori. Le conversazioni registrate permettono di riascoltare insieme ci&ograve; che i bambini hanno detto e anche, con le dovute cautele, per evidenziare gli interventi inutili perch&eacute; ripetitivi, ma soprattutto per arricchire con ulteriori interventi il discorso che nell&rsquo;immediatezza di una situazione &egrave; risultato incompleto. Interessanti, in questa fase, sono le conversazioni su situazioni conflittuali tra bambini, per esempio litigi. Bisognerebbe per&ograve; analizzare tutti i litigi, non per trovare il colpevole, ma per capire, ascoltando i protagonisti e testimoni, le diverse verit&agrave;, una per ogni bambino. A volte le origini di un litigio risalgono a molto tempo prima, magari all&rsquo;anno precedente. Questo lavoro serve per sdrammatizzare le tensioni (&egrave; quindi utile all&rsquo;educazione alla pace), diverte perch&eacute; ognuno tende a giustificare le proprie azioni, nello stesso tempo mette in moto i meccanismi interpretativi dei fatti.

La terza e ultima fase riguarda l&rsquo;uso differenziato della tecnica della discussione nei diversi casi. Esempio:

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	<li>Discussione di tipo scientifico nell&rsquo;ambito della ricerca sul campo: pu&ograve; essere un&rsquo;osservazione con descrizione di un fenomeno, ipotesi di esperimento e di verifica. Richiede un linguaggio preciso, non ambiguo.</li>
	<li>Discussione di tipo reattivo psicologico su argomenti di interesse generale (una partita di calcio, paure e coraggio, un fatto di cronaca ecc.).</li>
	<li>Discussione di tipo pratico organizzativo: come sistemare i mobili e materiali nello spazio- aula in modo funzionale o come organizzare nel tempo le attivit&agrave; (gruppi di lavoro fissi e occasionali, programmi mensili, settimanali e giornalieri, ecc.).</li>
	<li>Discussione di tipo grammaticale, motivata dalla pubblicazione sul giornale di classe di un testo. Essa si articola in vari momenti: la trascrizione alla lavagna del testo scorretto e incompleto; lettura del testo; la richiesta all&rsquo;autore di precisazioni sui punti oscuri del racconto o di ulteriori notizie da aggiungere per arricchirlo e renderlo pi&ugrave; vivo; la pulizia ortografica e sintattica su proposte dei bambini all&rsquo;autore; la nuova stesura del testo, migliorato e arricchito, a volte stilisticamente rinnovato.</li>
	<li>Discussione di tipo progettuale-fantastico, per esempio per scrivere insieme un lungo racconto o un romanzo. Essa sar&agrave; articolata in momenti successivi: scelta, fra le varie proposte, di quella pi&ugrave; interessante e significativa; dall&rsquo;idea come sintesi alla organizzazione del lavoro: suddivisione in momenti o capitoli ai quali si dedicheranno piccoli gruppi; lettura e discussione critica di ogni capitolo scritto (come nella messa a punto del testo); gioco teatrale per vivacizzare i testi con dialoghi.</li>
	<li>Discussioni di tipo critico: analisi di film, di libri letti insieme, di articoli di giornale ecc.</li>
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In ogni caso la discussione richiede un atteggiamento democratico che &egrave;, io credo, uno dei fini primari della scuola di base.

Ascoltare chi parla, prendere appunti, chiedere la parola, esprimere con chiarezza il proprio pensiero; partecipare alla discussione attenendosi all&rsquo;argomento sono aspetti positivi dell&rsquo;atteggiamento democratico e sociale che la scuola ha il compito di formare.

Che sia possibile educare alla democrazia &egrave; fuor di dubbio, anche se intorno ai bambini la societ&agrave; adulta influisce creando pi&ugrave; suggestioni e passioni che razionalit&agrave;: molte esperienze di educatori lo hanno dimostrato. &Egrave; possibile, ed &egrave; anche, in un certo senso, facile e naturale perch&eacute;, a differenza degli adulti che affrontano quasi sempre le discussioni condizionati da interessi economici o di potere che li costringono ai compromessi, i bambini questi condizionamenti non li hanno.

Le loro discussioni possono essere influenzate, a scuola, da convinzioni personali provenienti dall&rsquo;esperienza diretta o dall&rsquo;ambiente familiare o sociale, ma non condizionate da interessi materiali: ci&ograve; che essi esercitano con la discussione in una buona scuola, con docenti sensibili e capaci, &egrave; ricerca disinteressata, analisi di problemi comuni, in altre parole &egrave; democrazia di qualit&agrave;.

La prima fase, che potremmo definire del &ldquo;caos&rdquo; egocentrista, non si pu&ograve; saltare n&eacute; eludere con l&rsquo;imposizione di regole prefissate, come talvolta avviene quando l&rsquo;insegnante, per non perdere tempo, elenca su un cartellone le regole che tutti i bambini devono rispettare.

&Egrave; bene invece che quelle norme, a una a una, siano espresse dai bambini come il risultato della loro esperienza concreta a scuola. In quella scuola dove ogni mattina essi possono parlare ai compagni e all&rsquo;insegnante per raccontare qualcosa della loro vita, piccoli fatti spesso ritenuti banali dagli adulti ma che per essi invece hanno significato importante. L&rsquo;insegnante ascolta, i bambini parlano: ma parlano tutti insieme e non si capisce quello che ognuno dice. Gli stessi bambini lo testimoniano, con insofferenza. &Egrave; da questo caos che verr&agrave; la nostra richiesta di come fare per capire tutti, alla quale in genere i bambini rispondono che bisogna parlare uno alla volta. Ma ognuno vuole essere il primo e lo chiederanno, convinti che la loro richiesta &egrave; giusta perch&eacute; ognuno di loro crede ancora di essere il centro del mondo. 

Il nostro paziente atteggiamento avr&agrave; come obiettivo non tanto i contenuti del loro parlare, quanto l&rsquo;accettazione della regola che essi stessi sentono necessaria. Come fanno quando giocano: le conte sono nate per questo. Non &egrave; da escludere quindi che anche per stabilire i turni della comunicazione si possa ricorrere, all&rsquo;inizio, alla conta. O al sorteggio. Sar&agrave; una soluzione temporanea, ovviamente, finch&eacute; la successione degli &ldquo;interventi&rdquo; sar&agrave; accettata senza problemi. Stabilito l&rsquo;ordine degli interventi &egrave; ora necessario gestire l&rsquo;ascolto. Sembrerebbe facile, con bambini abituati a stare davanti alla TV ad ascoltare, ma non &egrave; cos&igrave;. Nella scuola il rapporto fra chi parla e chi ascolta non &egrave; unidirezionale: il docente, introducendo la conversazione nelle attivit&agrave; scolastiche, restituisce ai bambini il dialogo che la TV, per limiti oggettivi del mezzo tecnico, non pu&ograve; dare. E si tratta appunto di riappropriarsi del dialogo e di farne buon uso. Attenzione particolare sar&agrave; rivolta, in questa prima fase di approccio alla discussione, ai fatti della vita dei bambini, per scoprire chi siamo, le preferenze, le paure e anche i coraggi, insomma tutto ci&ograve; che concorre alla conoscenza dei bambini e del docente e che sar&agrave; la base su cui fondare a poco a poco l&rsquo;amicizia che tiene insieme il gruppo nascente. Si pu&ograve; parlare all&rsquo;inizio della giornata, oppure nei momenti di passaggio da un&rsquo;attivit&agrave; a un&rsquo;altra, o durante o alla fine di qualche attivit&agrave; (la lettura di una fiaba, la pittura, l&rsquo;esplorazione del giardino o la visita al quartiere). Anche qui l&rsquo;obiettivo primario non sono i contenuti ma la formazione dell&rsquo;abitudine a parlare, ascoltare, inserirsi in un discorso aperto.

Le occasioni possono essere molte e ognuna richieder&agrave; un particolare modo di gestirla.

Se, per esempio, un bambino racconta la sua paura del temporale appena finito ancora in atto, la conversazione evidenzier&agrave; l&rsquo;atteggiamento di ogni bambino nei confronti del fenomeno naturale (chi ha paura e chi no) che potr&agrave; essere rappresentato con il giocodramma in forma teatrale. Un gioco che durer&agrave; pochi minuti, nel quale si ricreer&agrave; l&rsquo;atmosfera dell&rsquo;arrivo del temporale e si finger&agrave; di parteciparvi con una successione di gesti, movimenti, battute che si susseguono con un criterio logico. Gi&agrave; in questo articolarsi di gesti e di parole c&rsquo;&egrave; l&rsquo;autocontrollo di ogni bambino, che entrer&agrave; in scena al momento opportuno a vivere la sua finzione scenica. Non &egrave; forse cos&igrave; nella discussione motivata, in cui ogni intervento &egrave; collegato all&rsquo;altro? 

Il nostro compito sar&agrave;, in quella situazione, di cogliere le frasi che i bambini pronunciano, di farle notare a gioco finito, per eventualmente inserirle in un racconto da progettare insieme.

Anche dopo l&rsquo;attivit&agrave; di espressione pittorica, la conversazione &egrave; utile. I dipinti, appesi alla parete come in una mostra vera, saranno osservati dai bambini: gli autori potranno &ldquo;spiegare&rdquo; la loro opera e gli altri potranno esprimere il loro giudizio &ldquo;preferenziale&rdquo;, motivandolo. In questo caso il docente &egrave; di fronte un problema: lasciare che i bambini dicano tutto quello che pensano, con il rischio di inibire gli autori, oppure invitare i bambini a non rilevare i &ldquo;piccoli errori che tutti fanno&rdquo;, anche i pittori veri, ma evidenziare ci&ograve; che in ciascun quadro &egrave; ben riuscito, &egrave; bello, d&agrave; piacere.

La discussione, orientata in senso positivo, pu&ograve; dare ben presto buoni risultati critici sulla disposizione del soggetto nello spazio, sulla scelta e l&rsquo;abbinamento dei colori. Ricordo alcune osservazioni critiche di anni fa, quando i bambini conversavano davanti alle pitture dei loro compagni: &ldquo;I contorni neri dicono che &egrave; sera&rdquo;, &ldquo;Quelle nuvole nel cielo mi fanno pensare a quel giorno che c&rsquo;era il cielo sereno ma tirava un forte vento&hellip;&rdquo;, &ldquo;Il pastore mi sembra attento al canto degli angeli&rdquo;, &ldquo;Lo sfondo azzurro mi fa capire che &egrave; una notte serena&rdquo; ecc. (Cfr. C&rsquo;&egrave; speranza se questo accade a Vho, Einaudi, pp. 16-18).

Dal caos alla norma