"È bello leggere perché": modi di stare al mondo

"È bello leggere perché": le sfumature della lingua

Filastrocche di benvenuto

Stampe e collage dell'Agenda 2030

Natura in versi

Leggere con i nonni

COMUNICATORI INNATI

LINGUAGGIO E MOVIMENTO

Negli anni 1990, lo psicologo Steven Pinker aveva sfidato le idee correnti sull’acquisizione del linguaggio affermando che non sono i genitori che insegnano ai figli a parlare, ma che i bambini imparano da soli captando le parole dal loro ambiente.Molti psicologi hanno poi accettato la tesi secondo cui i genitori si limitano a trasmettere una (o più) lingue, parlando tra di loro. Ma sono poi i bambini che captano da soli, e a una velocità sorprendente, la maggior parte delle parole e della grammatica della lingua madre.La loro mente è avida di conoscenze. Spontaneamente curiosi, attenti, esplorativi, i bambini sono come dei ricercatori in erba. In più possiedono anche una forte spinta a interagire che facilita l’acquisizione del linguaggio, così come di altre abilità.

Già in fase pre-linguistica, quando ancora non sanno articolare delle parole di senso compiuto, i bambini mostrano di comprendere la funzione del linguaggio e le sue scansioni. A questo proposito ricordo sempre un episodio a cui assistetti in un supermercato.Una bimba di sette/otto mesi rischiò di cadere a terra quando il carrello su cui era seduta perse due ruote su quattro. Il padre l’afferrò un attimo prima che battesse la testa sul pavimento. Sistemata su un nuovo carrello la bimba incominciò a “parlare” concitatamente con un avventore che aveva assistito alla scena “spiegandogli” l’accaduto. Sebbene nessuna delle sue “parole” avesse un senso compiuto la bimba riuscì a esprimere perfettamente in un “discorso filato” fatto di sillabe, suoni, mimiche e gesti l’emozione che aveva vissuto durante l’accaduto.D’altro canto, se a quella stessa età mettiamo due bambini l’uno di fronte all’altro essi incominciano a dialogare con gesti e vocalizzi.Questi due esempi indicano quanto sia precoce il legame tra pensiero e linguaggio e quanto essi si sostengano a vicenda.

La pioggia dei perché dei bambini rivela la loro attitudine di ricercatore scientifico in cerca di risposte

Linguaggio interiore, disegni e giochi spontanei racchiudono in sé il mondo interno dei bambini. Ad essi possiamo aggiungere anche i sogni. Sta a noi saper leggere che cosa un bambino vuole esprimere quando disegna una casa, la sua famiglia, fa il ritratto di un amico, si orienta verso alcuni colori e non su altri, oppure sogna di cadere o, al contrario, di volare.Certo, non tutto il mondo interiore di un bambino emerge in queste modalità espressive, ma soltanto una parte. Se però prestiamo attenzione scopriamo che qualcosa di quel mondo intimo e segreto emerge anche quando i bambini assalgono i genitori e gli insegnanti con ogni tipo di domande.La scoperta della malattia, della morte, dell’ingiustizia, delle persone malevole o cattive suscitano in loro dei problemi esistenziali e delle angosce quasi metafisiche. Ecco perché molti psicologi ed educatori considerano l’infanzia una età filosofica ed ecco perché bisogna, evitando di essere intrusivi e di indurre paure e insicurezze, rispondere in qualche modo alle loro domande, così da non lasciarli soli di fronte alle scoperte collegate alla crescita del loro pensiero e alla comprensione del nostro linguaggio.

PENSIERO E LINGUAGGIO

Che il linguaggio non si leghi soltanto al pensiero, ma anche al movimento lo dimostrano le osservazioni condotte su bambini di due e tre anni quando iniziano a parlare: la gestualità delle mani e delle braccia accompagna la pronuncia delle parole come a sostenerle e ad aumentarne l’efficacia. I movimenti del linguaggio non verbale si intrecciano a quelli del linguaggio verbale.Il linguaggio interiore non ha però soltanto una valenza “normativa”, ossia di guida all’azione e di mantenimento di un legame con il pensiero e la memoria, ma è anche in stretto contatto con le emozioni.Queste, in età prescolare, non possono ancora essere espresse attraverso il linguaggio vocale di cui i bambini non conoscono tutti i vocaboli necessari; emergono però nel tono della voce, nelle mimiche, nei gesti e in altre forme comunicative come il disegno e i giochi di drammatizzazione, in cui essi fingono e immaginano situazioni diverse, guidati dal loro sentire e dai loro bisogni espressivi.

Studiando i rapporti tra pensiero e linguaggio lo psicologo Lev Vygotskij è giunto alla conclusione che l’abitudine che hanno i bambini piccoli di parlare ad alta voce mentre eseguono un compito, un gioco o un disegno, sia una forma di pensiero esteriorizzato. Man mano, crescendo, questo pensiero si fa sempre più interiore e sempre meno sonoro, ma spesso continua a essere usato anche in età successive allo scopo di non dimenticare ciò che si sta facendo, guidare la mano che scrive o che disegna, così come di supportare lo svolgimento di azioni o interventi. Il pensiero progetta, mentre il linguaggio sostiene e aiuta a portare a compimento.

Categorizzare, memorizzare, pensare, ragionare, imparare sono attitudini mentali che i bambini possiedono autonomamente

IL MONDO INTERIORE DEI BAMBINI

Costruire il pensiero, coltivare l’interiorità

Dove trovi questo contenuto