Obiettivi, metodologie, competenze: il ruolo dell’insegnante

SBP: Sindrome da Bulimia Progettuale

Miseria e mito del POF

“Prima c’era una scala per valutare le differenze tra i bambini, adesso chi ha 10 diventa uguale a chi ha 9 o 8: tutti livellati verso il basso! Non c’è riconoscimento per chi vale, per il merito!”. Così, verso la fine dell’anno scolastico, una mamma ha commentato l’abolizione dei voti e il passaggio ai giudizi descrittivi nella scuola primaria. L’ordinanza 172 e le Linee guida erano già state pubblicate. Si sapeva che al posto dei voti ci sarebbero stati quattro livelli (avanzato, intermedio, base, in via di acquisizione) e girava la voce che “la pagella” avrebbe contenuto lunghissimi giudizi descrittivi. Serpeggiava una certa insofferenza alla prospettiva di ricevere un “lenzuolo” invece di poche pagine facili da leggere.

Il livello avanzato descrive l’aspettativa massima: se consideriamo un obiettivo di apprendimento come “Riconoscere la struttura del nucleo della frase semplice/minima”, questo livello ci rappresenta un bambino o una bambina capaci di operare que- sto riconoscimento ogni volta che si presenta la necessità, senza l’aiuto degli insegnanti, di fronte a un compito che è stato eseguito già in altre occasioni, ma anche davanti a una situazione nuova ecc. Gli altri livelli segnalano invece delle criticità: per esempio la mancanza di continuità (intermedio) o la difficoltà (base) di fronte a situazioni non note, l’assenza di continuità e autonomia anche nelle situazioni note (in via di acquisizione).

I livelli livellano?

<ul><li style="text-align: justify;">Materiali del Ministero dell’Istruzione: <a data-cke-saved-href="https://www.istruzione.it/valutazione-scuola-primaria/" target="_blank" href="https://www.istruzione.it/valutazione-scuola-primaria/">www.istruzione.it/valutazione-scuola-primaria</a></li></ul>

“Prima c’era una scala per valutare le differenze tra i bambini, adesso chi ha 10 diventa uguale a chi ha 9 o 8: tutti livellati verso il basso! Non c’è riconoscimento per chi vale, per il merito!”. Così, verso la fine dell’anno scolastico, una mamma ha commentato
 
 l’abolizione dei voti e il passaggio ai giudizi descrittivi
 
 nella scuola primaria.
 
 L’ordinanza 172 e le
 
 Linee guida
 
 erano già state pubblicate. Si sapeva che al posto dei voti ci sarebbero stati quattro livelli (
 
 avanzato
 
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 intermedio
 
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 base
 
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 in via di acquisizione
 
 ) e girava la voce che “la pagella” avrebbe contenuto lunghissimi giudizi descrittivi. Serpeggiava una certa insofferen

“Prima c’era una scala per valutare le differenze tra i bambini, adesso chi ha 10 diventa uguale a chi ha 9 o 8: tutti livellati verso il basso! Non c’è riconoscimento per chi vale, per il merito!”. Così, verso la fine dell’anno scolastico, una mamma ha commentato l’abolizione dei voti e il passaggio ai giudizi descrittivi nella scuola primaria.L’ordinanza 172 e le Linee guida erano già state pubblicate. Si sapeva che al posto dei voti ci sarebbero stati quattro livelli (avanzato, intermedio, base, in via di acquisizione) e girava la voce che “la pagella” avrebbe contenuto lunghissimi giudizi descrittivi. Serpeggiava una certa insofferenza alla prospettiva di ricevere un “lenzuolo” invece di poche pagine facili da leggere.

Potrebbe essere interessante mettere a confronto proprio il concetto di “insufficienza”, con il livello in via di acquisizione e discutere con i genitori su cosa ci raccontano davvero un 5 e cosa invece capiamo se leggiamo il giudizio descrittivo. Il 5 ci dice che siamo al di sotto di quello che serve per essere “abbastanza”, ma così, da solo, non ci dice quale sia il problema e cosa definisca la sufficienza. Il livello in via di acquisizione è più preciso: ci dice per esempio che c’è bisogno di lavorare sull’autonomia, anche nello svolgimento di quei compiti che abbiamo svolto ripetutamente in classe. Questo piccolo esperimento che possiamo fare, per esempio durante un incontro con i genitori, mette in crisi il “mito” della chiarezza del voto, perché al confronto si dimostra più&nbsp; povero di informazioni e quindi più “opaco”. Un altro esperimento da fare è confrontare una vecchia “pagella” (che in realtà non si chiamava più così già da tempo) con il nuovo documento di valutazione. I giudizi descrittivi infatti “funzionano”, cioè sono validi e attendibili, quando sono riferiti ad obiettivi di apprendimento chiari e precisi o, per essere ancora più specifici, osservabili. Così è possibile rappresentare, per esempio, che un bambino o una bambina sono particolarmente capaci di dirci i loro ragionamenti matematici (Argomentare il procedimento seguito per risolvere i problemi), ma che magari ancora c’è uno sforzo da fare nel calcolo (Eseguire le operazioni con i numeri naturali). Se ci limitassimo a dire che un’alunna o un alunno sono di “livello avanzato” in matematica perderemmo la possibilità di riconoscere i traguardi raggiunti e di restituire un’idea del percorso che resta da compiere. Finiremmo con l’elaborare “medie” e altre operazioni assai poco matematiche come accadeva per l’assegnazione del voto numerico alla disciplina: una soluzione semplice, sì, perché sintetica, ma nient’affatto chiara, perché ci diceva solo quanto il bambino o la bambina si trovavano al di sopra o al di sotto di una imperscrutabile linea di “sufficienza” e ad un obiettivo enciclopedico (“la matematica”).&nbsp;A guardar bene, allora, era forse il voto assegnato alla disciplina a “livellare” e appiattire, mentre il nuovo documento di valutazione riporta tante informazioni che prima erano scambiate solo durante i colloqui.

Più semplice vuol dire più chiaro?

Il voto numerico, e più in generale le scale di giudizi sintetici, non sono la scelta migliore per esprimere la valutazione degli apprendimenti nel sistema scolastico italiano: più che di scale per mettere a confronto gli alunni tra loro, abbiamo bisogno di strumenti per confrontare gli apprendimenti raggiunti con quelli attesi. Si tratta di un altro tipo di valutazione, detta criteriale, ed è questo l’approccio a cui fanno riferimento giudizi descrittivi dell’ordinanza 172. I quattro livelli infatti non sono una versione “compressa” della scala in decimi, ma corrispondono ad altrettante descrizioni degli apprendimenti che ci aspettiamo siano raggiunti, formulate a partire da quattro dimensioni: <ul><li style="text-align: justify;">la continuità </li><li style="text-align: justify;">l’autonomia </li><li style="text-align: justify;">il tipo di situazione affrontata </li><li style="text-align: justify;">il tipo di risorse utilizzate.</li></ul>

Avendo partecipato alla scrittura delle Linee guida ministeriali, io penso che le domande dei genitori siano tutt’altro che banali: sono espressione di un sistema di credenze e di significati radicati nell’esperienza che molti adulti hanno fatto del giudizio scolastico. Penso anche che sia molto utile prenderle sul serio, perché sulla valutazione degli apprendimenti si gioca una partita importante della relazione tra insegnanti e le famiglie. Partiamo della mamma che contesta l’abolizione della scala in decimi. Nella sua protesta c’è una tesi molto diffusa: la valutazione scolastica deve essere “meritocratica”, cioè deve dirci chi è il primo della classe, il secondo, il terzo e l’ultimo. Ci sono circostanze in cui abbiamo bisogno di fare una classifica. Per esempio, l’allenatore di una squadra di calcio di serie A che vuole vincere una partita ha bisogno di sapere quali sono i migliori giocatori da mettere in campo.&nbsp; Però la scuola non è un campionato di calcio: lo scopo a cui tende non è selezionare i migliori, ma fare in modo che tutti apprendano. Ed è importante condividere con i genitori che questa finalità non è sog- getta agli orientamenti personali dei docenti, ma è esplicitata nelle norme, nelle leggi che regolano la loro azione, come la legge sull’Autonomia scolastica e Indicazioni nazionali.

Le descrizioni che servono

Progettazione e valutazione tra scuola e famiglia

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