L’importanza della sintonia dei punti di vista

Ritrovare un senso di appartenenza

Tempo libero o tempo organizzato?

Impariamo a rilassarci

Tutti insieme nel gruppo classe

Alleniamo la concentrazione

La narrazione scritta spontanea &egrave; un&rsquo;efficace via di accesso alle conoscenze infantili sulla mente

Quali stati mentali raccontano i bambini? 
La narrazione permette al bambino di compiere un esercizio di empatia utilizzando i termini riferibili a diversi stati mentali dei personaggi. Poche sono le emozioni negative, mentre pi&ugrave; rappresentativi sono i termini volitivi insieme agli stati descrittivi del vissuto emotivo dei personaggi, come si osserva nella storia raccontata da Camilla: &laquo;Tanto tempo fa c&rsquo;erano un drago e una principessa, ma un giorno la principessa fu rapita (stato socio-relazionale) da un mostro, il drago era preoccupato (stato emotivo negativo) e voleva (stato volitivo) andare dalla principessa e cinque ore dopo il drago prov&ograve; (stato volitivo) a salvarla (stato socio-relazionale) dal mostro e tornarono al castello felici (stato emotivo positivo)&raquo;.

Quando un bambino inventa una storia, pu&ograve; proiettare su di essa le proprie esperienze ed emozioni secondo modalit&agrave; meno condizionate da difese e resistenze

Nella prima ricerca che qui presentiamo, gli autori (Vettori, Incognito, 2021), a complemento di una ricca serie di studi che indaga la relazione tra linguaggio, lessico psicologico e teoria della mente (Pinto, 2022), si sono proposti di utilizzare le narrazioni come strumento comunicativo utile a esplorare il coinvolgimento identitario ed empatico del narratore, per delinearne il ritratto psicologico quale si desume dalle parole con cui il bambino ha parlato di s&eacute; e degli altri nel mondo psicologico della storia da lui narrata. Quando risponde alla richiesta di raccontare una storia, il narratore ha infatti la possibilit&agrave; di entrare sulla scena in modo pi&ugrave; o meno dissimulato, di &ldquo;darsi voce&rdquo; pi&ugrave; o meno direttamente, potr&agrave; scegliere se far parte della storia in prima persona, se partecipare emotivamente mediante la voce dei personaggi. Nello specifico, l&rsquo;obiettivo di questa indagine &egrave; stato di indagare l&rsquo;uso di parole riferibili al lessico psicologico per parlare di s&eacute; e di altri da s&eacute; nelle narrazioni per mezzo della voce dei personaggi. 
127 bambini (56 femmine e 71 maschi) di scuola primaria hanno inventato e raccontato una storia. Le storie sono state raccolte e codificate secondo due categorie di analisi:

<ol>
	<li style="text-align: justify;">il coinvolgimento identitario, i vari gradi con cui il narratore &egrave; coinvolto empaticamente nella storia in un continuum che va dal narratore presente come protagonista nella storia al narratore assente come protagonista a vantaggio della presenza di altri;</li>
	<li style="text-align: justify;">gli stati mentali attribuiti dal narratore al protagonista della storia facendo riferimento alle diverse categorie di lessico psicologico (si veda &ldquo;Strumenti e percorsi&rdquo;).</li>
</ol>

Come si posiziona il bambino-narratore nel suo racconto? 
Emergono diverse modalit&agrave; di partecipazione dei bambini alla loro produzione narrativa, situate lungo un continuum, dall&rsquo;assunzione di una posizione di Io narrante &ndash; chi narra &egrave; il protagonista, come si osserva fin dall&rsquo;inizio della storia di Marco, che racconta: &laquo;Il giorno 3 luglio partii per fare una gara&hellip;&raquo;, fino ad acquisire una gravit&agrave; identitaria di Altro da Me &ndash; il bambino narra una voce a lui estranea, come si osserva dal racconto di Michele: &laquo;C&rsquo;era una volta Ciattino, un uomo fatto di dolciumi&raquo;, passando per una posizione intermedia in cui il narratore si appoggia a un Alter Ego &ndash; mentre si parla di un Altro si parla anche di S&eacute;, per esempio Silvia, che inizia raccontando: &laquo;C&rsquo;era una volta una bambina di nome Martina&hellip;&raquo;. 
Risulta interessante notare come, nell&rsquo;assumere tali diverse posizioni, 7 bambini facciano uso di un&rsquo;identit&agrave; singola (&laquo;sono andato&raquo;), mentre 58 bambini fanno uso di un&rsquo;identit&agrave; di gruppo, tramite un &ldquo;noi&rdquo; (&laquo;io e la mia famiglia siamo partiti per andare a trovare i nonni&raquo;); 16 bambini approfittano della narrazione per parlare di s&eacute;: in modo indiretto, per esempio Antonio racconta la storia di &laquo;Una famiglia di insetti&raquo; (pluralit&agrave;) e Marta narra la storia di &laquo;Due orsi strani&raquo; (coppia).

<ul>
	<li>Lecce S., Pagnin A. (2007), Il lessico psicologico: la teoria della mente nella vita quotidiana, il Mulino, Bologna.</li>
	<li>Marusak H.A., Martin K.R., Etkin A., Thomason M.E. (2015), &laquo;Childhood trauma exposure disrupts the automatic regulation of emotional processing&raquo;, Neuropsychopharmacology, 40(5), 1250-1258. doi:10.1038/npp.2014.311</li>
	<li>Morelli M., Cattelino E., Baiocco R., Trumello C., Babore A., Candelori C., Chirumbolo A. (2020), &laquo;Parents and Children During the COVID-19 Lockdown: The Influence of Parenting Distress and Parenting Self-Efficacy on Children&rsquo;s Emotional Well-Being&raquo;, Frontiers in Psychology, 11, 2584. doi:10.3389/fpsyg.2020.584645</li>
	<li>Pinto G. (2022), &laquo;E ToM incon tr&ograve; Cappuccetto Rosso: Teoria della Mente e narrazione di storie&raquo;, in Castelli I., Massaro D., Marchetti A. (a cura di), &ldquo;Dimmi che cosa pensi, e ti dir&ograve; chi sei&rdquo;. La Teoria della Mente in et&agrave; prescolare e scolare: nuove frontiere teoriche e applicative, Edizioni Junior, Parma.</li>
	<li>Pinto G., Primi C., Tarchi C., Bigozzi L. (2017), &laquo;Mental State Talk Structure in Children&rsquo;s Narratives: A Cluster Analysis&raquo;, Child Development Research, 2017, 1-7. doi:10.1155/2017/1725487</li>
	<li>Pinto G., Tarchi C., Bigozzi L. (2018), &laquo;Is two better than one? Comparing children&rsquo;s narrative competence in an individual versus joint storytelling task&raquo;, Social Psychology of Education, 21(3), 91-109. doi:10.1007/s11218-017-9411-0</li>
	<li>Pinto G., Tarchi C., Bigozzi L. (2019), &laquo;Promoting narrative competence in kindergarten: An intervention study&raquo;, Early Childhood Research Quarterly, 47, 20-29. doi:10.1016/j.ecresq.2018.09.003</li>
	<li>Riva Crugnola C. (2002), &laquo;Regolazione e comunicazione affettiva nelle prime relazioni tra bambino e genitori&raquo;, Psicologia Clinica dello Sviluppo, 6(3), 359-398. doi:10.1449/8075</li>
	<li>Vettori G., Incognito O. (2021), &laquo;Parlare di s&eacute;, parlare dell&rsquo;altro. Soggettivit&agrave; e alterit&agrave; nelle narrazioni infantili&raquo;, in XIII Convegno Nazionale SIPCO Oltre le distanze. Le comunit&agrave; tra separazione e solidariet&agrave;.</li>
	<li>Wright M.O&rsquo;D., Masten A.S. (2015), &laquo;Pathways to resilience in context&raquo;, in Theron L. C., Liebenberg L., Ungar M. (Eds.) Youth resilience and culture: Commonalities and complexities, 3-22, Springer, Dordrecht. doi:10.1007/978-94-017-9415-2_1</li>
</ul>

E quali parole si usano per parlare di s&eacute;? 
L&rsquo;analisi del lessico psicologico ha permesso di far emergere il livello di contatto con il proprio mondo interiore tramite l&rsquo;uso di termini riferiti a diversi stati psicologici dei personaggi, anche in relazione alle diverse posizioni assunte dal narratore. La narrazione costituisce un contesto relazionale di tipo simbolico utile a comprendere la costruzione di dinamiche identitarie ed emotive in bambini di et&agrave; scolare. Dall&rsquo;analisi delle storie risulta una mentalizzazione pi&ugrave; elevata nella situazione in cui il protagonista entra nella storia tramite un &ldquo;Noi narrante&rdquo;. 
Da un lato i bambini sembrano aver rispettato il genere narrativo limitando le loro autobiografie, dall&rsquo;altro approfittano della narrazione per parlare ampiamente di S&eacute; nella forma di un &ldquo;Noi narrante&rdquo;. La maggioranza dei bambini partecipa al sistema narrativo proponendo un&rsquo;identit&agrave; gruppale, come nel racconto di Martina: &laquo;Io e la mia famiglia siamo andati al mare in vacanza e si era contenti di fare il bagno e giocare nella sabbia, dopo un po&rsquo; &egrave; arrivato un uragano grandissimo che aveva quasi rotto tantissime cose e ci siamo spaventati. Poi c&rsquo;era un ponte che stava crollando, tantissime famiglie che scappavano dalla paura. Dopo un po&rsquo; arriva una nave che stava tornando a casa. Quando siamo tornati a casa eravamo contenti e lo abbiamo detto ai nonni&raquo;. 
Il coinvolgimento identitario tramite un &ldquo;Noi narrante&rdquo; attiva la mentalizzazione. I bambini che partecipano al sistema narrativo proponendo un&rsquo;identit&agrave; gruppale utilizzano un maggior numero di parole riferibili a stati mentali. 
In sintesi, il bambino approfitta della narrazione per parlare ampiamente di s&eacute;, anche se non manca l&rsquo;esercizio della conoscenza dell&rsquo;altro, che implica una buona capacit&agrave; di decentramento cognitivo ed emotivo. Il Noi narrante probabilmente permette al S&eacute; di disvelarsi in maniera pi&ugrave; semplice tramite l&rsquo;appartenenza al gruppo, cos&igrave; come anche l&rsquo;assunzione di una posizione di un Noi Altro da S&eacute; attiva la mentalizzazione, probabilmente per la distanza che potrebbe essere avvertita come protettiva.

Quando soddisfa alla richiesta di raccontare una storia, il narratore pu&ograve; entrare sulla scena in modo pi&ugrave; o meno dissimulato, &ldquo;darsi voce&rdquo; pi&ugrave; o meno direttamente

Gli studiosi della narrazione interessati a vederla come una finestra aperta sul mondo interno del bambino hanno ricercato nel testo le espressioni della consapevolezza del narratore circa i propri processi mentali e quelli altrui, ovvero della teoria della mente (Lecce, Pagnin, 2007). Gli indicatori di questa capacit&agrave;, suggeriscono gli studiosi, vanno ricercati nell&rsquo;uso che il narratore fa di un particolare tipo di linguaggio, il lessico psicologico, parole che consentono di attribuire stati interni sia epistemici (per esempio pensieri, credenze, opinioni), sia non epistemici (per esempio emozioni, desideri, intenzioni) a se stessi e agli altri, attribuendo significato agli eventi e prevedendo i comportamenti sulla base di tali inferenze (si veda la Scheda 1 in &ldquo;Strumenti e percorsi&rdquo; alla fine del presente contributo).

La ricerca: narrare nelle avversit&agrave;, ai tempi del Covid-19

La narrazione scritta spontanea si conferma un&rsquo;efficace via di accesso alle conoscenze infantili sulla mente. L&rsquo;analisi del lessico psicologico usato dai bambini in condizioni emergenziali pu&ograve; supportare nell&rsquo;identificare precocemente l&rsquo;incremento degli stati emotivi negativi e nell&rsquo;intervenire preventivamente. Supportare precocemente la scrittura di storie e dare spazio all&rsquo;interno del curriculum formativo alla pratica narrativa rappresentano azioni utili non solo per il consolidamento delle abilit&agrave; strumentali, ma anche per l&rsquo;espressione degli stati emotivi dei bambini. L&rsquo;esperienza di costruzione di storie si pu&ograve; configurare anche come uno strumento utile agli insegnanti per promuovere nei bambini una circolazione di esperienze emotive condivise nella classe all&rsquo;interno di uno scaffolding (l&rsquo;aiuto dato da una persona a un&rsquo;altra per svolgere un compito, N.d.R.) relazionale insegnante-bambini che funge da sostegno cognitivo ed emotivo. Gli insegnanti possono coinvolgere il bambino nel racconto di storie variando il contesto narrativo; per esempio si pu&ograve; proporre a un bambino di raccontare una storia ai compagni della classe oppure si pu&ograve; chiedere a un gruppo di bambini di co-costruire una storia inventata (la prova di narrazione congiunta), come proposto nello studio di Pinto et al. (2018). 
L&rsquo;utilit&agrave; di sostenere le competenze narrative orali, le quali risultano pressoch&eacute; simili tra bambini bilingui e monolingui, emerge anche nella direzione di considerare tale compito come appropriato a sviluppare la conoscenza circa i diversi significati delle parole, un&rsquo;area di debolezza per i bambini bilingui a lingua minoritaria. Molte ricerche mostrano, inoltre, che la competenza narrativa dei bambini pu&ograve; essere migliorata tramite interventi di potenziamento fin dalla scuola dell&rsquo;infanzia (Pinto et al., 2019).

&nbsp;

La narrazione come mentalizzazione

Nel corso della pandemia si &egrave; avvertita prepotentemente la necessit&agrave; di comprendere le conseguenze che la situazione emergenziale veniva a esercitare su adulti e bambini, il cui assetto socio-affettivo e cognitivo veniva messo a cos&igrave; dura prova. Nell&rsquo;intento di rilevare e possibilmente contrastare i fattori di disagio, se non addirittura sofferenza, associati all&rsquo;interruzione e alla trasformazione delle consuete pratiche didattiche e della partecipazione alla vita scolastica, le narrazioni sono tornate a proporsi a psicologi ed educatori come utili strumenti di lavoro. Dalle storie narrate ci si poteva aspettare, infatti, di trarre un osservatorio privilegiato delle fluttuazioni che il registro emotivo di bambini e bambine poteva aver subito a seguito della chiusura degli ambienti scolastici ed educativi e al prolungato confino a domicilio nel contesto familiare. Rispetto ad altri strumenti verbali, quali i questionari compilati dai genitori o le interviste e i colloqui, nei quali il bambino viene interpellato direttamente sulle sue esperienze e reazioni, la richiesta di narrare una storia appare meno intrusiva e meno destinata a suscitare riserbo o risposte adattate alle aspettative degli adulti. Chiedendo al bambino di inventare una storia senza vincoli precisi, gli si consentir&agrave; di proiettare su di essa le proprie esperienze ed emozioni, secondo modalit&agrave; indirette, per vie inconsce e preconsce, meno condizionate da difese e resistenze rigide. 
Si avr&agrave; inoltre la possibilit&agrave; di confrontare la narrazione attuale, generata in circostanze avverse, con il lessico psicologico adattato antecedentemente all&rsquo;insorgere delle difficolt&agrave;. Per comprendere l&rsquo;esperienza affettiva-emotiva dei bambini e il potenziale impatto della pandemia da Covid-19 abbiamo quindi condotto uno studio esplorativo per verificare l&rsquo;esistenza di eventuali variazioni nella capacit&agrave; di mentalizzazione nell&rsquo;arco del periodo temporale intercorrente tra l&rsquo;esordio della pandemia da Covid-19 e i 12 mesi successivi, che avrebbero potuto essersi riflesse nell&rsquo;utilizzo di termini riferibili al lessico psicologico e nella loro variet&agrave; all&rsquo;interno delle narrazioni dei bambini. Ventuno bambini che alla prima valutazione frequentavano la classe seconda di una scuola primaria hanno partecipato allo studio esplorativo. I dati sono stati raccolti longitudinalmente a distanza di 5 mesi fra la prima (novembre 2019) e la seconda valutazione (aprile 2020) e di 6 mesi fra la seconda e la terza valutazione (ottobre 2020), quando i bambini erano passati in classe terza, appaiati a un gruppo di controllo. 
L&rsquo;utilizzo del lessico psicologico mostra un pattern peculiare, ovvero durante il periodo del primo lockdown si osserva una significativa diminuzione dei termini riferibili a stati mentali positivi (&ldquo;contento&rdquo;), accompagnata da un significativo incremento dei termini riferibili a stati mentali negativi (&ldquo;spaventato&rdquo;) nel riferirsi alla sfera emotiva dei personaggi delle storie inventate dai bambini, situazione che riflette in maniera speculare la ridotta possibilit&agrave; per i bambini stessi di coinvolgersi in circostanze emotive positive, aspetto che caratterizza il vivere una situazione traumatica come quella pandemica (Morelli et al., 2020). Il trauma &ldquo;scuote&rdquo; la mentalizzazione e la regolazione del mondo emotivo (Marusak et al., 2015), indicando che le emozioni pi&ugrave; faticose da &ldquo;pensare&rdquo; sono quelle legate al benessere e alla piacevolezza. Le emozioni negative, invece, potrebbero essere facilmente accessibili a livello cognitivo, poich&eacute; utili ad anticipare e prevedere futuri eventi traumatici, secondo un meccanismo parzialmente accostabile a quello di ipervigilanza e utili a riflettere e organizzare le proprie esperienze emotive in sintonia con le circostanze attuali di vita dell&rsquo;individuo (Riva Crugnola, 2002). 
Con il ritorno della didattica in presenza si osserva un riavvicinamento del numero medio di termini di stati emotivi positivi e negativi a quelli registrati precedentemente. Tale cambiamento che si stabilizza potrebbe legarsi al raggiungimento di un nuovo assetto del bambino, che si adatta in maniera resiliente alla situazione critica di vita che sta vivendo (Wright, Masten, 2015).

Implicazioni pratiche

La ricerca: narrare di s&eacute; narrando degli altri

Coinvolgere i bambini nell&rsquo;invenzione e nel racconto di una storia significa offrire loro un&rsquo;opportunit&agrave; per alimentare e promuovere molteplici processi linguistici, cognitivi ed emotivi. Il narratore, infatti, da un lato deve creare un testo aderente alla struttura convenzionale, utilizzando a tal fine i connettori linguistici utili a sostenere la continuit&agrave; logico-temporale nel discorso; dall&rsquo;altro deve tratteggiare i personaggi, pianificare e prevedere l&rsquo;evoluzione della vicenda, gli obiettivi e le conseguenze delle azioni degli attori. Nell&rsquo;invenzione dei personaggi e della loro trama relazionale il narratore si avvale sia delle proprie esperienze soggettive e delle proprie conoscenze sulle emozioni, sui desideri, sulle motivazioni che muovono i comportamenti e che ne sono conseguenza, sia della propria capacit&agrave; di identificarsi con gli altri. La narrazione diviene cos&igrave; un luogo &ldquo;protetto&rdquo; dove prendere contatto con il proprio mondo interno e metterlo in scena, sotto la protezione accordata dalla cornice immaginaria e simbolica del racconto, ed esercitare il campo dell&rsquo;empatia. 
Per queste sue caratteristiche il racconto di storie viene sempre pi&ugrave; considerato una modalit&agrave; privilegiata e di grande efficacia per &ldquo;dare voce&rdquo; ai bambini e per portarne alla luce le esperienze e le conoscenze emotive. Le ricerche che illustreremo nel seguito esemplificheranno il modo in cui la narrazione offre un contesto favorevole all&rsquo;espressione di s&eacute;, un terreno immaginario dove ci si pu&ograve; svelare in sicurezza, rendendo accessibile allo studioso il mondo interno infantile e i processi di costruzione dell&rsquo;identit&agrave;. Mostreranno inoltre come le storie narrate costituiscano un importante strumento di resilienza: l&rsquo;opportunit&agrave; di tessere una trama di vicende inventate, a partire da circostanze difficili o traumatiche, offre alla mente una via di uscita dalla pressione del presente, consente di immaginare scenari alternativi, disegna realt&agrave; possibili, sulle quali si pu&ograve; esercitare quel controllo che ci &egrave; sottratto nella vita reale.

&nbsp;

Narrare fa bene e fa star bene

Dove trovi questo contenuto