Difficoltà nella scrittura, nella gestione dello spazio e del corpo

Come evitare comportamenti provocatori in classe

Chiarimenti sui DSA

Muoviamo i primi passi

Il dettato ortografico

Calcolatrice e altre strategie

Dare tempo e valorizzare tracce

Conoscere e riconoscere

I primi anni da genitore

Pensiamo di sapere chi sono i bambini perché li abbiamo studiati o perché ne abbiamo visti tanti. Pensiamo che aver studiato un argomento o aver visto tanti bambini significhi conoscere quell’argomento e come sono fatti e come si comportano. Così, soprattutto in sanità, ma certo non solo, finiamo spesso per conoscere la sindrome, ma non il bambino e scambiamo questa per quello. Ma i bambini, tutti i bambini, hanno prima di tutto bisogno/diritto a essere riconosciuti come persone, come individui unici e irripetibili e i bambini disabili hanno più bisogno e più diritto di altri a questo riconoscimento. Educatori, insegnanti, operatori sanitari e sociali sono esperti dei bambini e del loro sviluppo e il loro contributo è fondamentale specie quando qualcosa si complica e i bisogni si rivelano “speciali” e lo sviluppo poco o molto diverso da quello dei coetanei. Di norma invece i genitori non sono esperti dello sviluppo dei bambini, ma molto presto diventano i maggiori esperti del proprio bambino e il loro punto di vista e come essi hanno imparato, e ancora, giorno dopo giorno, imparano a conoscerlo è fondamentale per aiutarlo a crescere al massimo delle sue possibilità, ma rappresenta anche una fonte informativa e una risorsa decisiva per educatori, insegnanti e operatori. A questo lavorare in squadra per il bene e per il ben crescere di ogni bambino mirano esperienze come quelle dei percorsi di “pedagogia dei genitori” (Moletto e Zucchi, 2013), riprese da numerosi servizi, che per l’integrazione scelgono di presentare i bambini “speciali”, anziché in chiave sanitaria o terapeutica, con le parole semplici e ricche del sapere quotidiano dei genitori, di chi giorno dopo giorno vive con il bambino e più di chiunque altro quindi lo conosce.

Nell’impegno necessario per aiutare a crescere un bambino il contributo del nido e degli educatori rimane insostituibile

Valutare la qualità di un servizio è un passaggio ormai imprescindibile, ma per valutare la qualità di un nido o di un qualsiasi altro servizio educativo per l’infanzia le voci e i punti di vista sono indubbiamente molti e diversi tra loro. Tra questi non dovrebbe però mancare la dimensione etica perché, io credo, non possiamo pensare come un servizio di qualità per i bambini un servizio che “scaccia gli intrusi” (Canevaro, 1996) e che lascia fuori della porta i bambini disabili o gli stranieri, quelli difficili o quelli che vivono in famiglie deprivate. La diversità aiuta la crescita dei bambini, ma è decisiva anche per chi si prende cu

Valutare la qualità di un servizio è un passaggio ormai imprescindibile, ma per valutare la qualità di un nido o di un qualsiasi altro servizio educativo per l’infanzia le voci e i punti di vista sono indubbiamente molti e diversi tra loro. Tra questi non dovrebbe però mancare la dimensione etica perché, io credo, non possiamo pensare come un servizio di qualità per i bambini un servizio che “scaccia gli intrusi” (Canevaro, 1996) e che lascia fuori della porta i bambini disabili o gli stranieri, quelli difficili o quelli che vivono in famiglie deprivate. La diversità aiuta la crescita dei bambini, ma è decisiva anche per chi si prende cura di loro e con loro cresce sotto ogni profilo, non ultimo quello professionale.

Se lo spazio del riconoscimento di un bambino piccolo passa in primo luogo per il quotidiano e per le cure che la madre e i familiari gli assicurano, è a maggior ragione importante riconoscere il legame e il debito che le cure educative del nido mantengono con questa dimensione primaria e costitutiva dell’esperienza di sviluppo propria di ogni persona (Bianchi, 2002). ​​​​​​Debito quindi, ma non identità nel passaggio tra genitori e educatori nel lavoro di cura: similitudini e differenze nei ruoli segnalano quanto un ben gestito distanziamento professionale nel lavoro di cura apra uno spazio di lavoro e di crescita importante che, nel caso di un bambino disabile, si traduce in un’opportunità di aiuto e di supporto (al bambino e alla sua crescita personale, ma, nondimeno, anche ai suoi genitori) di primaria importanza.

Valutare la qualità di un servizio è un passaggio ormai imprescindibile, ma per valutare la qualità di un nido o di un qualsiasi altro servizio educativo per l’infanzia le voci e i punti di vista sono indubbiamente molti e diversi tra loro. Tra questi non dovrebbe però mancare la dimensione etica perché, io credo, non possiamo pensare come un servizio di qualità per i bambini un servizio che “scaccia gli intrusi” (Canevaro, 1996) e che lascia fuori della porta i bambini disabili o gli stranieri, quelli difficili o quelli che vivono in famiglie deprivate. La diversità aiuta la crescita dei bambini, ma è decisiva anche per chi si prende cura di loro e con loro cresce sotto ogni profilo, non ultimo quello professionale.

Per i bambini tutti, ma tanto più e a maggior ragione quando una disabilità limita competenze e ritmi di crescita, lo spazio di lavoro e di vita al nido risulta decisivo e di grandissimo valore e può aprire spazi di crescita perché permette al bambino di vivere “alcune ore al giorno in un’atmosfera diversa da quella, emotivamente molto carica, che egli trova a casa (…) e di disporre di uno spazio autonomo per il suo sviluppo personale” (Winnicott , 1959). Questi elementi di&nbsp;valore propri del nido in generale sono fondamentali nella crescita di un bambino con disabilità perché si traducono in altrettante opportunità educative. Un educatore che sappia dare tempo e sappia attendere la risposta o la proposta di un bambino disabile; un educatore che sappia conservare e mettere in valore le tracce di crescita e le esperienze di un bambino, è anche capace di aiutare tutti, i sanitari che con lui e su di lui lavorano, ma anche gli stessi familiari quando dovessero essere accecati dal dolore o dalla speranza, a vedere la persona in crescita oltre il deficit e la sindrome.

Per i genitori il nido è il primo contesto extra-familiare nel quale presentare per così dire “in pubblico” il proprio bambino. Seppur con caratteristiche diverse a seconda delle situazioni, la disabilità di un figlio segna profondamente tutta la vita di un genitore e nel corso degli anni sono molti i momenti in cui esso si troverà ad affrontare esperienze difficili e passaggi dolorosi. Sarà così a ogni passaggio tra ordini di scuola, quando il figlio adolescente scoprirà sulla propria pelle le fatiche crescente dei legami amicali o quando, finita la scuola, si renderanno evidenti mille difficoltà a entrare nel mondo del lavoro. In tutto questo però, i primi anni dopo la scoperta della malattia e dell’handicap, che in tanti casi coincidono proprio con quelli della frequenza al nido, hanno una loro peculiarità e una grandissima importanza anche prospettica. Quando la scoperta è repentina alla nascita, come dopo un terremoto, prevalgono dolore e confusione e ci vuole tempo per metabolizzare (e non è né raro né strano che in questo frangente si possa rischiare di perdere di vista l’individualità del bambino). Gli anni immediatamente seguenti sono poi quelli della speranza nella riabilitazione, della ricerca affannosa di terapie e di guarigione e quando gli educatori rimangono vicini ai genitori possono risultare decisivi nell’aiutarli a ritrovare un equilibrio e a non perdersi quanto comunque di positivo propone la crescita del bambino. Altre volte, invece, i problemi dei bambini hanno un modo meno repentino e più subdolo diproporsi e spesso i genitori vivono lunghi periodi di preoccupazione senza capire esattamente che cosa stia succedendo, anche in questo caso gli educatori del nido, se riescono a non farsi prendere dall’ansia e dalla fretta di consegnare alla medicina il responso, possono essere di estrema importanza nell’aiutare i genitori a gestire emozioni e ad arrivare nel modo giusto a intraprendere un percorso insieme diagnostico e riabilitativo.

L'alleanza tra nido e famiglia

I genitori sono i primi esperti dei loro bambini e vanno sostenuti e ascoltati.

Tenere i genitori vicino e dentro i servizi, senza paura e senza fretta, può essere un’esperienza che ricorderanno per tutta la vita

L’alleanza tra nido e famiglia è dunque insieme elemento di qualità e contributo decisivo per la crescita dei bambini, come per i loro genitori, e nido ed educatori possono dare uno straordinario contributo/aiuto a chi, bambino e famiglia, si affaccia alla vita già carico di fatiche e per evitare che fin dall’inizio si resti tutti come abbagliati a guardare il deficit e l’handicap senza scorgere il volto dietro di esso. Un proverbio africano molto noto dice che per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio, ma senza andare in Africa anche noi sappiamo bene che per aiutare a crescere un bambino, tanto più quando qualcosa nella sua crescita si complica per una malattia o una disabilità, serve un lavoro di squadra, un lavoro che per ottenere risultati deve vedere, pur nella distinzione dei ruoli, operare fianco a fianco genitori e insegnanti, educatori ed operatori sanitari.

Il lavoro di cura tra genitori ed educatori

L'integrazione è qualità

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