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L’ADHD può essere considerato sostanzialmente un deficit di funzionamento autoregolativo: il bambino mostra difficoltà a iniziare e sostenere uno sforzo nel tempo, a mantenere un comportamento organizzato e finalizzato all’obiettivo, a inibire la propria irrequietezza (ampi approfondimenti su questo aspetto si trovano in Fedeli e Vio, 2015). Tali problematiche si caratterizzano per tre aspetti fondamentali: la
 
 pervasività
 
 , la
 
 persistenza
 
 e la
 
 contestualità
 
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 1. La pervasività


 Oltre al


L’ADHD può essere considerato sostanzialmente un deficit di funzionamento autoregolativo: il bambino mostra difficoltà a iniziare e sostenere uno sforzo nel tempo, a mantenere un comportamento organizzato e finalizzato all’obiettivo, a inibire la propria irrequietezza (ampi approfondimenti su questo aspetto si trovano in Fedeli e Vio, 2015). Tali problematiche si caratterizzano per tre aspetti fondamentali: la pervasività, la persistenza e la contestualità.
 
1. La pervasività
Oltre alla classica triade sintomatologica di disattenzione, iperattività e impulsività, il disturbo coinvolge una serie di abilità fondamentali sia per il successo scolastico sia per l’adattamento a diversi contesti di vita quotidiana: per esempio la pianificazione; il senso del tempo; la memoria di lavoro; il linguaggio interno...
Ciò determina difficoltà non solo nei compiti prettamente scolastici, ma anche nel gioco, nella relazione con i coetanei, nelle attività sportive e di autonomia.
 
2. La persistenza
I deficit autoregolativi persistono nel tempo, sebbene si esprimano attraverso profili parzialmente diversi nelle successive fasi della vita, impedendo al bambino di trovare degli adattamenti positivi ai vari compiti evolutivi: nel periodo della scuola primaria l’iperattività motoria tende a essere prevalente, lasciando il posto, dopo la pubertà, a maggiori compromissioni per quanto riguarda la sfera attentiva e le funzioni esecutive. Alcune dimensioni, come la disregolazione emotiva, si presentano invece in modo più persistente. In alcuni casi, le difficoltà autoregolative evolvono verso condotte sfidanti e aggressive, fino al disturbo della condotta.
 
3. La contestualità
Il disturbo, infine, si manifesta con intensità e modi differenti in base ai diversi contesti: per esempio, in un ambiente maggiormente strutturato e coerente il bambino iperattivo riesce a mantenere un comportamento più regolato, mentre peggiora visibilmente in contesti caotici e imprevedibili o quando è più stanco.
 
 
Organizzare un contesto autoregolativo
Se da un lato il bambino può essere influenzato negativamente da un ambiente caotico e sregolato, dall’altro può essere supportato da un contesto strutturato in modo coerente e prevedibile, in tutte le sue declinazioni (Fedeli e Vio, 2015): ad esempio, la gestione incoraggiante dei processi relazionali consente di sostenere l’attivazione dell’allievo, soprattutto nei casi in cui vi siano maggiori compromissioni a livello energetico.
Altrettanto importante è la gestione del tempo, con un’attenta programmazione e scansione temporale delle attività, al fine di garantire dall’esterno quella strutturazione che l’allievo non è in grado di fornirsi in modo autonomo. Agendo su queste e altre dimensioni, in base anche al profilo di funzionamento individuale, possiamo organizzare un ambiente “autoregolativo” (una sorta di lobo frontale esterno), come si può vedere nel caso di Federico descritto di seguito. 
 


Un bambino iperattivo può essere supportato da un contesto strutturato in modo coerente e prevedibile
 

 
Il caso di Federico
Federico ha dieci anni, frequenta la classe quinta e fin da piccolo ha lamentato rilevanti problematiche di autoregolazione. Già alla scuola dell’infanzia mostrava difficoltà a rimanere concentrato, a rispettare gli spazi dei compagni, a completare i compiti: si creavano spesso momenti di tensione in cui gli altri bambini mostravano irritazione per questi comportamenti del tutto sregolati e Federico esplodeva in crisi di rabbia o di pianto. Gradualmente, il bambino è stato isolato dai compagni e ha reagito assumendo comportamenti sfidanti. Il passaggio alla scuola primaria si è rivelato all’inizio positivo: Federico si mostrava infatti incuriosito dal nuovo ambiente e dai nuovi compiti. Purtroppo, dopo un paio di mesi, hanno iniziato a ricomparire le sue difficoltà di autoregolazione, ulteriormente peggiorate anche negli anni seguenti: Federico non riesce a rimanere seduto al suo posto più di qualche minuto, poi inizia a girovagare per l’aula. Nei compiti di letto-scrittura commette numerosi errori e si stanca facilmente, mentre nelle varie discipline ha difficoltà a memorizzare i lessici specialistici e i numerosi concetti. Infine, nelle attività di autonomia (preparare lo zaino o usare il diario) mostra una totale dipendenza dall’adulto. A tali difficoltà, si accompagna un aggravamento delle condotte irritanti e oppositive.
 
L’inquadramento diagnostico
Le difficoltà di decodifica e di comprensione durante la lettura hanno inizialmente indotto a una valutazione per un possibile Disturbo Specifico di Apprendimento. Tuttavia non si è arrivati a una certificazione di DSA, mentre è stata riconosciuta una diagnosi di Disturbo da Deficit d’Attenzione e Iperattività. Sono stati così avviati alcuni training di potenziamento attentivo e un contratto educativo volto a controllare i comportamenti di maggiore irrequietezza in classe. Dopo un breve periodo in cui Federico sembrava rispondere positivamente a tali interventi, la situazione è tornata a peggiorare ed è diventata nuovamente complessa all’inizio del quinto anno di primaria.
 
La scelta di lavorare sul contesto classe
Gli interventi attuati l’anno precedente si erano concentrati sull’allievo e non avevano parallelamente considerato il contesto classe in cui è inserito. Gli insegnanti decidono ora di procedere organizzando un ambiente “autoregolativo”, in grado cioè di supportare dall’esterno le abilità esecutive carenti.
Il primo passo consiste nel definire il profilo di funzionamento esecutivo di Federico, utilizzando due strumenti. In primo luogo, si impiega la rating-scale Iper (Fedeli e Vio, 2016), compilata direttamente dagli insegnanti, che permette di ottenere un profilo su tre dimensioni:
1. l’inibizione cognitiva misura sostanzialmente le componenti energetiche del disturbo, ossia la capacità di iniziare e sostenere lo sforzo, anche in rapporto alla dimensione del tempo;
2. l’orientamento al compito è invece relativo alla capacità di mantenere un comportamento organizzato e finalizzato all’obiettivo;
3. l’autocontrollo motorio rimanda alla gestione dei comportamenti di iperattività e di irrequietezza motoria.
Si procede quindi a un’analisi del funzionamento esecutivo, tramite la scala FE (Fedeli e Vio, 2016), che evidenzia delle cadute in particolare nella pianificazione, nella flessibilità e nella memoria di lavoro. Queste difficoltà si ripercuotono in diversi ambiti, dalla composizione dei testi (che risultano caotici e privi di nessi logici) allo svolgimento di problemi (affrontati per tentativi ed errori e non in base a una procedura) fino ai giochi e alle attività in gruppo (nelle quali Federico appare rigido e poco flessibile). È evidente come tali criticità siano particolarmente invalidanti di fronte alle richieste cognitive avanzate in quinta primaria, che prevedono un elevato sforzo autoregolativo nel ricordare le regole da seguire nei vari compiti, nel preparare i propri materiali, ecc. Così, si registra una discrepanza eccessiva tra le capacità di autoregolazione dell’allievo e le richieste del contesto.
Partendo da tale analisi, le insegnanti considerano tutte le dimensioni contestuali al fine di introdurre gli adattamenti necessari a sostenere le funzioni autoregolative deficitarie del bambino.
 
1. Relazioni
Si organizza un “sistema di contingenze”, rinforzando Federico anche per piccoli progressi in azioni pianificate in vista di un obiettivo, in base a sequenze fornite dagli insegnanti: per esempio viene creata una procedura per preparare lo zaino al termine della mattinata e per altri momenti critici, relativi in particolare alle fasi di transizione (inizio della lezione, cambio della disciplina e dei materiali, ecc.). A livello di apprendimento, poi, si prevedono fasi di tutoring centrate su due impegni: segnare i compiti per casa e ripassare i concetti spiegati a lezione. L’aspetto principale curato dagli insegnanti è quello di strutturare delle attività in cui Federico possa agire anche da tutor di un suo compagno, in modo da supportare la sua autoefficacia: si tratta di un obiettivo però al momento ancora non raggiunto stabilmente.
 
2. Didattica
La scelta degli insegnanti, sicuramente condivisibile, è quella di procedere in modo parsimonioso, evitando di sommergere le ridotte capacità attentive del bambino con una serie di strumenti didattici. Pertanto, si decide di lavorare soprattutto su due punti:
A. Il primo consiste nel ricorso all’utilizzo di vari tipi di mappe, utili per organizzare i concetti in tutte le fasi di apprendimento: comprendere, memorizzare e ripetere, produrre (testi, resoconti verbali, ecc.).
B. Il secondo punto di intervento riguarda invece lo stile degli insegnanti che, tramite l’utilizzo consapevole di tutte le dimensioni para- e non-verbali della comunicazione e di altri supporti visivi, devono sostenere le componenti energetiche e lo sforzo attentivo del bambino.
 
3. Valutazione
L’obiettivo principale in questo caso consiste nel promuovere forme di autovalutazione. In particolare, al termine di alcune lezioni, a Federico vengono consegnate delle schede nelle quali viene indicato con precisione il parametro da osservare: per esempio, il rispetto dei margini e delle righe al termine di una composizione scritta, il rispetto dell’incolonnamento nelle operazioni aritmetiche, ecc. L’autovalutazione viene poi comparata con l’eterovalutazione degli insegnanti, discutendo le incongruenze e rinforzando le congruenze, al fine di potenziare l’autoconsapevolezza dell’allievo.
 
4. Tempi
Rispetto ai tempi gli insegnanti effettuano la riflessione più attenta e impegnativa, poiché essa incide sull’organizzazione di tutto l’Istituto. Si cerca di collocare le attività più impegnative per Federico all’inizio della giornata, in modo tale da evitare le fasi di maggior stanchezza. Inoltre, si prevedono delle pause frequenti di tre minuti ogni venti minuti di lavoro, durante le quali vengono proposti esercizi di ginnastica sul posto: Federico può così scaricare la tensione accumulata durante il lavoro. A questo accorgimento si collega infine la previsione, al termine di ogni lezione, di momenti di ripasso in coppia (circa dieci minuti), tramite procedure di tutoring, in base allo schema seguente:

venti minuti di spiegazione;
tre minuti di pausa attiva;
dieci minuti di ripasso dei concetti chiave.

Gradualmente, la lunghezza del primo e del terzo intervallo verrà incrementata, senza superare però mai i cinquanta minuti complessivi.
 
5. Materiali
Il lavoro sui materiali avviene lungo due direttrici. La prima, immediata, consiste nell’organizzare i contenuti dei testi in base alle mappe prima discusse, tramite azioni di facilitazione e schematizzazione. Gradualmente, poi, si ricorrerà anche a software didattici (partendo proprio da quelli utilizzabili per creare delle mappe): l’obiettivo consiste nello sfruttare lo strumento multimediale per favorire in Federico un approccio più attivo all’apprendimento, in modo tale da sollecitare una maggiore attivazione frontale. Su tale aspetto tuttavia gli insegnanti decidono di procedere con maggior cautela, al fine di non creare stati di sovraccarico attentivo, ricorrendo a una molteplicità non modulata di stimolazioni.
 
6. Spazi
Infine, il lavoro sugli spazi si concentra soprattutto sulla disposizione dei banchi: quella a isole è ritenuta preferibile, rispetto alle file o al ferro di cavallo, in quanto più funzionale al lavoro di tutoraggio trattato in precedenza.
 


Le attività più impegnative per il bambino sono previste all’inizio della giornata, in modo da evitare le fasi di stanchezza

 
Conclusioni
Il caso appena esposto consente di illustrare un approccio all’ADHD basato sulla creazione di un contesto “compensativo”, in grado di supportare i deficit autoregolativi dell’allievo tramite l’attenta progettazione delle sei dimensioni prima analizzate.
Prima di concludere, però, dobbiamo accennare brevemente a due accorgimenti metodologici particolarmente rilevanti per rendere efficace questo lavoro. In primo luogo, la sfida maggiore per gli insegnanti di Federico è stata quella di condividere gli adattamenti descritti, in modo tale da permettere la creazione di un contesto realmente coerente: talvolta infatti si dimentica che un ambiente (fisico e relazionale) segnato dall’incoerenza ostacola la promozione di condotte autoregolate da parte dei bambini.
In secondo luogo, la reale utilità di questo approccio è di essere applicabile all’intero gruppo classe, creando così un ambiente inclusivo e una didattica flessibile e personalizzabile, al di là della presenza o meno di disturbi specifici o di bisogni educativi speciali.
 


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Nell&rsquo;ADHD sono coinvolte una serie di abilit&agrave; fondamentali sia per il successo scolastico che per l&rsquo;adattamento diversi contesti di vita quotidiana 
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Nell’ADHD sono coinvolte una serie di abilità fondamentali sia per il successo scolastico che per l’adattamento diversi contesti di vita quotidiana
 



L’importanza del contesto per l’ADHD | Giunti EDU

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