Virtù dell’errore

Le tecnologie peggiorano l’apprendimento? Che cosa dice veramente il rapporto OCSE

Bambini e sessualità, un avvicinamento troppo precoce?

Impariamo a rilassarci

Tutti insieme nel gruppo classe

Alleniamo la concentrazione

Norman era un bambino perfettamente normale, fino al giorno in cui gli spuntarono due ali maestose e colorate sulla schiena. All’inizio fu una bella scoperta e si godette quella nuova e inaspettata possibilità. Ma già all’ora di cena, ricordandosi che forse non era proprio normale avere due ali, queste ultime si trasformarono solamente in un ostacolo: che cosa avrebbero pensato i suoi genitori? E i suoi amici? Per fortuna aveva un cappotto, giallo e pesante, sotto cui coprirle. Decise di non toglierselo più: non fosse mai che le ali sbucassero fuori! Ma a quel punto si sentiva normale solo quando pioveva, e anche stare con gli altri era sempre più difficile. Maledette ali… Un giorno i genitori gli suggerirono amorevolmente di togliersi il cappotto, e lui ci provò. Spiccò il volo! E quando gli altri, coperti dai loro cappotti pesanti, lo videro, finalmente si permisero di scoprire le loro ali e di volarci insieme. Norman e la storia di quando pensò di non essere normale spiega magistralmente che i “sintomi” hanno un senso e una funzione e che solo attraverso una relazione significativa è possibile “guarire”. Il cappotto giallo può essere visto metaforicamente come un sintomo: la parte visibile di un problema, quella che luccica, che lo rende palese, ma che non è il problema reale. Il cappotto giallo è utilissimo, perché permette a Norman di coprire quelle ali che lo fanno sentire troppo diverso. D’altra parte, è anche molto scomodo, perché non gli permette di giocare con gli altri, di stare bene durante i viaggi in macchina, di tuffarsi in piscina. Così sono i sintomi: hanno molti costi, ma al contempo ci proteggono da una minaccia al nostro equilibrio personale. Nel caso di Norman, nonostante le rinunce, tutto sommato&nbsp;era meglio stare con quel cappotto scomodo pur di non sentirsi troppo diverso dagli altri. Sono i genitori a proporre a Norman di togliersi il cappotto, ormai malandato. Quando lui li guarda dubbioso, loro rispondono sorridendo, ed è proprio attraverso la sensazione di poter essere come si è, di andare bene così come si è, che ci si può permettere di essere ciò che si è: bambini con le ali, in questo caso… Insomma, si può volare solo se sappiamo che poi da qualche parte c’è una pista d’atterraggio, qualcuno che ci aspetta. Siamo in tanti a metterci cappotti di varie forme e colori pur di non far vedere quante ali avremmo. Eppure, come succede a Norman, una volta che lui svela il suo prodigio, ecco che tutti gli altri bambini svelano il loro. Già: quante volte, dopo che abbiamo avuto il coraggio di aprirci rivelando qualcosa di noi che ci sembrava non condivisibile, ci siamo sentiti rispondere: «Ma lo sai che succede anche a me?». Il libro illustrato di Tom Percival suona come un grande invito a fare attenzione alle ali che si nascondono sotto ai cappotti scomodi ma protettivi che indossiamo e, soprattutto, a non avere paura di quello che siamo.

Norman era un bambino perfettamente normale, fino al giorno in cui gli spuntarono due ali maestose e colorate sulla schiena. All’inizio fu una bella scoperta e si godette quella nuova e inaspettata possibilità. Ma già all’ora di cena, ricordandosi che forse non era proprio normale avere due ali, queste ultime si trasformarono solamente in un ostacolo: che cosa avrebbero pensato i suoi genitori? E i suoi amici? Per fortuna aveva un cappotto, giallo e pesante, sotto cui coprirle. Decise di non toglierselo più: non fosse mai che le ali sbucassero fuori! Ma a quel punto si sentiva normale solo quando pioveva, e anche stare con gli altri era

Norman era un bambino perfettamente normale, fino al giorno in cui gli spuntarono due ali maestose e colorate sulla schiena. All’inizio fu una bella scoperta e si godette quella nuova e inaspettata possibilità. Ma già all’ora di cena, ricordandosi che forse non era proprio normale avere due ali, queste ultime si trasformarono solamente in un ostacolo: che cosa avrebbero pensato i suoi genitori? E i suoi amici? Per fortuna aveva un cappotto, giallo e pesante, sotto cui coprirle. Decise di non toglierselo più: non fosse mai che le ali sbucassero fuori! Ma a quel punto si sentiva normale solo quando pioveva, e anche stare con gli altri era sempre più difficile. Maledette ali…Un giorno i genitori gli suggerirono amorevolmente di togliersi il cappotto, e lui ci provò. Spiccò il volo!E quando gli altri, coperti dai loro cappotti pesanti, lo videro, finalmente si permisero di scoprire le loro ali e di volarci insieme.Norman e la storia di quando pensò di non essere normale spiega magistralmente che i “sintomi” hanno un senso e una funzione e che solo attraverso una relazione significativa è possibile “guarire”.Il cappotto giallo può essere visto metaforicamente come un sintomo: la parte visibile di un problema, quella che luccica, che lo rende palese, ma che non è il problema reale. Il cappotto giallo è utilissimo, perché permette a Norman di coprire quelle ali che lo fanno sentire troppo diverso. D’altra parte, è anche molto scomodo, perché non gli permette di giocare con gli altri, di stare bene durante i viaggi in macchina, di tuffarsi in piscina.Così sono i sintomi: hanno molti costi, ma al contempo ci proteggono da una minaccia al nostro equilibrio personale. Nel caso di Norman, nonostante le rinunce, tutto sommato era meglio stare con quel cappotto scomodo pur di non sentirsi troppo diverso dagli altri.Sono i genitori a proporre a Norman di togliersi il cappotto, ormai malandato. Quando lui li guarda dubbioso, loro rispondono sorridendo, ed è proprio attraverso la sensazione di poter essere come si è, di andare bene così come si è, che ci si può permettere di essere ciò che si è: bambini con le ali, in questo caso…Insomma, si può volare solo se sappiamo che poi da qualche parte c’è una pista d’atterraggio, qualcuno che ci aspetta. Siamo in tanti a metterci cappotti di varie forme e colori pur di non far vedere quante ali avremmo. Eppure, come succede a Norman, una volta che lui svela il suo prodigio, ecco che tutti gli altri bambini svelano il loro. Già: quante volte, dopo che abbiamo avuto il coraggio di aprirci rivelando qualcosa di noi che ci sembrava non condivisibile, ci siamo sentiti rispondere: «Ma lo sai che succede anche a me?».Il libro illustrato di Tom Percival suona come un grande invito a fare attenzione alle ali che si nascondono sotto ai cappotti scomodi ma protettivi che indossiamo e, soprattutto, a non avere paura di quello che siamo.

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