La conquista dello spazio scenico 2

La conquista dello spazio scenico 3

La conquista dello spazio scenico 4

Comunicare con la musica

Giochi e... desideri

Le emozioni dell’inizio

&nbsp;• Mitchell, W.J.T (2007). Pictorial Turn. Saggi di cultura visuale. A&nbsp;cura di Cometa, M. (2008). Palermo: Duepunti. • Eco, U. (1984). Semiotica e filosofia del linguaggio. Torino: Einaudi. • Cassirer, E. (1944). Saggio sull’uomo. Roma: Armando 2004. • Langer, S. (2002). Filosofia in una nuova chiave, linguaggio, mito, rito, arte. Roma: Armando.

Foto di apertura: “La grande onda di Kanagawa” di Katsushika Hokusai, elaborato in grande dei bambini in collaborazione con il maestro Maurizio Fuoco

Sono sempre più convinto che ciò di cui il nostro sistema scolastico ha bisogno non sia tanto educare all’arte ma piuttosto usare l’arte per educare.La tradizione didattica assegna all’arte visuale uno spazio specifico che riguarda sia le produzioni visive degli alunni che l’incontro con le produzioni artistiche e le “visite al museo”. Questa abitudine comporta il rischio fondato di incorrere in un doppio errore: il primo riguarda il concetto di competenza simbolica (riferito alle risorse dei bambini e delle bambine), il secondo quello di arte (riferito alle risorse dell’universo artistico-culturale).Primo aspetto del problemaIl concetto di competenza simbolica, in ambito scolastico, viene circoscritto alla competenza verbale e numerica. Questa concezione ha precedenti illustri: il filosofo Ernst Cassirer, verso la metà del ’900, scrive che ciò che distingue l’essere umano dagli altri mammiferi è proprio la competenza simbolica e si riferiva soprattutto alle parole, al Logos, che in greco antico identifica discorso e ragione. Tuttavia il concetto di simbolo è più complesso.Susanne Langer, allieva di Cassirer, nota come sia impossibile individuare il confine che separa parole e immagini nei processi che costruiscono competenze e conoscenze.La potenza del linguaggio delle immaginiOggi sono molti gli studiosi che ci fanno notare come entrambi gli alfabeti, quello iconico e quello verbale, si arricchiscano reciprocamente: pensiamo soltanto come quasi tutte le metafore sono trasposizioni linguistiche di un’immagine. Studiosi e ricercatori di area cognitiva parlano di pictorial turn, una “svolta iconica” avvenuta negli ultimi decenni che evidenzia la superiorità dell’universo delle immagini rispetto a quello delle parole nella creazione di conoscenze e rappresentazioni.William John Thomas Mitchell sostiene che la potenza del linguaggio delle immagini, unita alla sua diffusione odierna, è tale da surclassare la lingua delle parole, sottolineando come siano oggi rilevanti «…le convenzioni e i codici che sottendono i sistemi simbolici non linguistici e, aspetto ancora più importante, non assumono il linguaggio come paradigma del significato» (Mitchell 2007, p. 20).L’universo visivo in classeÈ dunque giunto il momento di attribuire all’universo visivo un’attenzione pedagogico-didattica decisamente superiore a quella finora assegnatagli, tenendo anche conto del fatto che le risorse tecnologiche e digitali consentono oggi di portare in aula con grande facilità un universo audiovisuale fino a poco tempo fa difficilmente condivisibile. Ed è evidente che le immagini reperite nell’universo artistico (non solo dell’arte e della sua storia, ma anche dell’illustrazione, della fotografia, delle graphic novel…), per le loro caratteristiche di qualità, originalità, suggestione estetica, sono in grado di incrementare le competenze simboliche contrastando il rischio che il panorama visivo interiorizzato dagli alunni sia circoscritto all’universo delle banalità e degli stereotipi che i media e la rete ci riversano quotidianamente addosso.<blockquote>Non c’è didattica che non sia possibile arricchire con immagini d’arte</blockquote>Secondo aspetto del problemaL’arte visuale, le sue risorse, la sua storia, sono diventati una disciplina specifica, una “materia”, ma quello dell’arte è un linguaggio veicolare per eccellenza: gli artisti, nel corso dei secoli, hanno raccontato vicende e pensiero umani, hanno collaborato, con le immagini, alla costruzione delle grandi narrazioni religiose, mitologiche, storiche, hanno immortalato personaggi, hanno creato figure dei fatti, delle idee, delle emozioni, hanno rappresentato le manifestazioni della natura e illustrato le conquiste della scienza.Non c’è argomento che un maestro o una maestra decidano di affrontare per il quale non esistano immagini d’arte di riferimento, e la rete le rende facilmente reperibili anche a chi non ha una specifica competenza storico-artistica. Basta andare su Google e, accanto alla parola chiave del progetto didattico, scrivere “arte visiva” o “pittura”, e una cascata di immagini saranno pronte per arricchire conoscenza e immaginario, per incrementare interesse e attenzione.L’arte come esperienzaInoltre, questa strategia, di per sé inter e trans disciplinare, permette di fare sì che l’incontro con l’arte, come già suggeriva John Dewey, sia un’esperienza. Per Dewey ogni forma d’arte per sua stessa natura è varia, mobile, complessa, e pensare che farla conoscere possa consistere nel trasmettere e diffondere la sua classificazione storico-filologica è un controsenso, poiché se ne snaturano le caratteristiche più autentiche e fondanti. E, credetemi, la familiarità con il mondo dell’arte, la presenza quotidiana dei suoi esempi, i riferimenti e i rimandi che consente, sono pronti a diventare una risorsa di piacere e di bellezza non solo per gli allievi ma anche per i maestri.

L’arte, risorsa educativa

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