“Il mio papà ha una gamba sola”: quando i limiti diventano magie

Un Laboratorio sulle emozioni

Accoglienza, gioco, progettazione

Autismo: materiali per la scuola

Primi giorni di scuola

Gioco e cresco con gli altri

Conoscersi e riconoscersi

Il piano della comunicazione Un altro aspetto fondamentale riguarda le modalità di comunicazione: Nina presenta difficoltà nella pragmatica, la sua è spesso una comprensione letterale di quanto viene detto o scritto, non coglie il significato “altro”, nascosto, con conseguenti ripercussioni sia sul piano relazionale sia sulla didattica. Per intervenire su tale aspetto le insegnanti si impegnano nel tradurre, per esempio, con spiegazioni efficaci l’uso di metafore o poesie, oppure si assicurano di non essere fraintese quando danno delle consegne; d’altro canto è importante vigilare anche sui rapporti con i compagni, per evitare che nascano incomprensioni. A tal proposito, attraverso l’uso di storie sociali si cerca di rendere più accessibili e comprensibili per Nina eventi accaduti in classe, che l’hanno portata in precedenza a fraintendere intenzioni e comportamenti dei compagni, causandole rabbia e frustrazione. Il lavoro di mediazione con l’altro è fondamentale per la bambina, soprattutto in situazioni che possono risultare ambigue. È stato così possibile rappresentare e chiarire anche visivamente quanto accaduto, prendere in esame il pensiero, le emozioni e i vissuti degli altri, dando la possibilità all’alunna di costruire e consolidare relazioni all’interno della classe. Con il trascorrere dei mesi il lavoro portato avanti ha cominciato a mostrare i risultati sperati, compresi l’aumento dell’autostima in Nina e del senso di autoefficacia nelle insegnanti. In definitiva, nonostante le difficoltà, sicuramente lo stato di benessere della persona migliora se aumenta la consapevolezza rispetto al proprio modo di funzionare e se diventa comprensibile anche il mondo intorno a lei.

American Psychiatric Association (APA, 2014), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - DSM 5 (trad. it), Raffaello Cortina Editore, Milano. Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA, a cura di) (2005), Linee guida per l’autismo, Erickson, Trento. Vicari S., Caselli M.C. (a cura di) (2017), Neuropsicologia dell’età evolutiva, il Mulino, Bologna.

Era importante garantire il benessere di Nina e creare l’ambiente ideale per supportarla sul piano didattico e su quello emotivo-relazionale

Le attività di socializzazione Parallelamente, vengono programmate una serie di attività, sia in piccolo gruppo sia non, finalizzate all’integrazione e alla socializzazione con i compagni, per esempio i percorsi sensoriali, la realizzazione di lapbooks o i giochi a squadre, utili proprio a favorire la collaborazione all’interno del gruppo e la condivisione di emozioni comuni, oltre a potenziare specifiche abilità quali attenzione, linguaggio, capacità di pianificazione e abilità motorio-prassiche.

Secondo il DSM 5 (l’edizione più recente del
 
 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali
 
 ; APA, 2014) il disturbo dello spettro dell’autismo è un disturbo del neurosviluppo; si manifesta pertanto già nei primi anni di vita ed è possibile fare diagnosi se sono soddisfatti i seguenti criteri: deficit persistenti nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale; un pattern ristretto e ripetitivo di comportamenti, interessi o attività.
 
 Tuttavia non è così scontato riuscire a cogliere le diverse sfumature in cui tali comportamenti si possono declinare e come questi incidano nella vita scolastica di un bambino, soprattutto

Secondo il DSM 5 (l’edizione più recente del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali; APA, 2014) il disturbo dello spettro dell’autismo è un disturbo del neurosviluppo; si manifesta pertanto già nei primi anni di vita ed è possibile fare diagnosi se sono soddisfatti i seguenti criteri: deficit persistenti nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale; un pattern ristretto e ripetitivo di comportamenti, interessi o attività.Tuttavia non è così scontato riuscire a cogliere le diverse sfumature in cui tali comportamenti si possono declinare e come questi incidano nella vita scolastica di un bambino, soprattutto quando si parla di autismo ad alto funzionamento. Ancora troppo spesso, infatti, nell’immaginario comune dei “non addetti ai lavori”, la parola “autismo” prende la forma di un soggetto avulso dalla realtà, incontenibile, incapace di sentire emozioni; quando va bene, l’autismo è identificato esclusivamente con il basso funzionamento: bambini con un QI inferiore alla norma, che non hanno sviluppato il linguaggio verbale e che presentano difficoltà di autoregolazione.L’autismo ad alto funzionamento richiede tuttavia una maggiore attenzione a quelle sfumature del comportamento che, se non adeguatamente riconosciute e accolte, possono portare a grande sofferenza della persona. Accogliere una diagnosi di autismo a scuola significa allora progettare un intervento che coinvolga l’intero gruppo classe; vuol dire aprirsi a una modalità “diversa” di pensare e parlare, vuol dire fare spazio alla neurodiversità.

L’anno scolastico è iniziato da poco quando i genitori di Nina (nome di fantasia), 7 anni, comunicano alla scuola la diagnosi di autismo della figlia. Le maestre della classe (seconda primaria) descrivono Nina come una bambina intelligente ma estremamente timida, tanto che resta spesso in silenzio durante le interrogazioni, evita lo sguardo del suo interlocutore quando parla con qualcuno ed è poco partecipe al dialogo educativo nonostante le sollecitazioni dell’insegnante. Anche con i compagni la bambina sembra avere difficoltà nell’instaurare un rapporto di amicizia, “come se non sapesse come fare”, riferiscono le maestre.

Il primo passo: l’insegnante di sostegno e il PDP In situazioni del genere il primo passo è garantire il benessere dell’allieva e creare l’ambiente ideale per supportarla sia sul piano didattico sia su quello emotivo-relazionale. A tal proposito, vengono introdotte le figure dell’insegnante di sostegno e dell’operatore specializzato come supporto all’autonomia e alla comunicazione e viene avviato un lavoro di rete tra sistema scolastico, famiglia e professionisti che hanno preso in carico la bambina. Viene stilato un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che tiene conto dei punti di forza e di debolezza di Nina. Nello specifico le insegnanti fanno attenzione ai compiti difficili per l’alunna, per esempio quelli che richiedono capacità di astrazione, prediligendo invece spiegazioni basate sul concreto, o che implicano l’inferenza di stati mentali altrui, oppure ancora che sono caratterizzati da imprevisti che necessitano la messa in atto immediata delle capacità di problem solving; per la valutazione delle competenze le insegnanti si basano prevalentemente su verifiche scritte.

Secondo il DSM 5 (l’edizione più recente del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali; APA, 2014) il disturbo dello spettro dell’autismo è un disturbo del neurosviluppo; si manifesta pertanto già nei primi anni di vita ed è possibile fare diagnosi se sono soddisfatti i seguenti criteri: deficit persistenti nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale; un pattern ristretto e ripetitivo di comportamenti, interessi o attività. Tuttavia non è così scontato riuscire a cogliere le diverse sfumature in cui tali comportamenti si possono declinare e come questi incidano nella vita scolastica di un bambino, soprattutto quando si parla di autismo ad alto funzionamento. Ancora troppo spesso, infatti, nell’immaginario comune dei “non addetti ai lavori”, la parola “autismo” prende la forma di un soggetto avulso dalla realtà, incontenibile, incapace di sentire emozioni; quando va bene, l’autismo è identificato esclusivamente con il basso funzionamento: bambini con un QI inferiore alla norma, che non hanno sviluppato il linguaggio verbale e che presentano difficoltà di autoregolazione. L’autismo ad alto funzionamento richiede tuttavia una maggiore attenzione a quelle sfumature del comportamento che, se non adeguatamente riconosciute e accolte, possono portare a grande sofferenza della persona. Accogliere una diagnosi di autismo a scuola significa allora progettare un intervento che coinvolga l’intero gruppo classe; vuol dire aprirsi a una modalità “diversa” di pensare e parlare, vuol dire fare spazio alla neurodiversità.

L’altra faccia dell’autismo

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