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La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Livia era da sempre stata una ragazza molto brillante e motivata a fare tutto nel modo migliore. I suoi genitori la sostenevano molto in questo, spingendola a non perdere tempo, a rendere tutto un&rsquo;occasione di crescita e apprendimento e soprattutto a &ldquo;non adagiarsi sugli allori&rdquo;, frase che il padre le ripeteva continuamente e che anche a me riport&ograve;, accompagnata per&ograve; da un tono pesante. Infatti, pur essendo felice che i suoi genitori credessero in lei, ultimamente Livia sentiva che quel sostegno era diventato una pressione non tanto sostenibile, e che si accompagnava alla paura di deluderli nel caso in cui lei avesse fatto scelte diverse da quelle che loro si aspettavano. Queste consapevolezze, per&ograve;, arrivarono dopo qualche mese dall&rsquo;inizio del nostro percorso. In prima battuta, infatti, Livia mi raccontava soltanto quanto la paura di riprovare quell&rsquo;ansia improvvisa e soffocante le stesse impedendo di condurre la sua vita di sempre.

La prima volta che Livia ha avuto un attacco di panico era nella palestra dove aveva sempre fatto gli allenamenti di pallavolo, proprio prima di una partita importante, quella che avrebbe sancito la vittoria del campionato amatoriale di quell&rsquo;anno. Fin da piccola giocava a quello sport e ormai, a quattordici anni, era in una squadra che si trovava in classifica a livelli agonistici. Gi&agrave; da prima della pandemia sentiva di fare fatica a seguire gli impegni scolastici e quelli sportivi, trovandosi spesso a studiare in autobus o fino a sera tardi e riconoscendo &ndash; a posteriori - di essere spesso stanca. Dopo la pandemia, poi, queste sensazioni si erano esponenzialmente amplificate, a seguito del lungo periodo di stop e del forzato stare a casa, cosa che non si era mai permessa di fare in tutta la sua vita.

&ldquo;Non adagiarsi sugli allori&rdquo;

A Livia i mesi di lockdown avevano fatto toccare con mano che cosa significava quel famoso &ldquo;adagiarsi sugli allori&rdquo;: improvvisamente la sua famiglia la sera si ritrovava a fare giochi da tavola o vedere film insieme. Non dovendo andare a scuola in presenza, Livia poteva svegliarsi ben un&rsquo;ora dopo, risparmiandosi il lungo viaggio in autobus. Gli allenamenti erano inizialmente sospesi e poi molto diradati, e per la prima volta dopo quasi dieci anni Livia aveva interi pomeriggi per fare videochiamate alle amiche, leggere libri e guardarsi tutte le serie che si era persa. Insomma, nel suo caso specifico il lockdown aveva imposto una pausa a quei ritmi serrati e le aveva fatto incontrare, con una certa sorpresa, il buon profumo di quei famosi allori dai quali sempre aveva sentito di dover fuggire.&nbsp;

Quando la situazione si &egrave; ristabilita e le attivit&agrave; sono riprese normalmente, Livia ha fatto molta fatica a riprendere la sua tabella di marcia, ora che aveva contattato dentro di s&eacute; anche la bellezza di rallentare un po&rsquo;. Tuttavia, nel nostro percorso insieme le &egrave; parso chiarissimo che non sentiva di poterlo dire: n&eacute; ai suoi genitori n&eacute; tantomeno a s&eacute; stessa. Ecco che il primo attacco di panico cos&igrave; invalidante sembra proprio aver avuto il senso di dirlo &ldquo;al posto suo&rdquo;: non solo non ha fatto quella partita cos&igrave; stressante, ma ha sentito vicinanza da parte dei suoi compagni di squadra, del suo allenatore e soprattutto dei suoi genitori, che da quel momento hanno aperto un dialogo con lei e si sono resi conto di avere un po&rsquo; esagerato con le loro richieste, perch&eacute; erano s&igrave; stimolanti e sempre propositivi, ma forse poco tolleranti dei momenti di svago e ripresa, altrettanto importanti per la crescita.

L&rsquo;attacco di panico ha parlato

Il cambiamento

Livia ha ripreso gli allenamenti, scegliendo per&ograve; di far parte di una squadra con meno aspettative: a lei piace giocare, non scalare le classifiche. Una sera a settimana la sua famiglia ha istituito la serata &ldquo;pizza e film&rdquo;, in cui per tutti &egrave; vietato lavorare. Anche i suoi genitori, molto disponibili e collaborativi, hanno ammesso di avere bisogno di quei momenti, dicendomi che in effetti loro erano i primi a non concederseli, sentendosi in dovere di mettere davanti le varie incombenze e perdendo di vista, come purtroppo spesso succede, l&rsquo;importanza del semplice stare insieme. Insomma, al netto della sofferenza e della paura che l&igrave; per l&igrave; ha ovviamente generato, possiamo dire che l&rsquo;attacco di panico di Livia si &egrave; trasformato in qualcosa di generativo per s&eacute; e per la sua famiglia, &ldquo;dicendo&rdquo; cose che ancora le parole non sarebbero state in grado di comunicare.

Una pausa&nbsp;

La storia di Livia, tra panico e allori