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Risponde Daniele Fedeli, Universit&agrave; degli Studi di Udine

 
Risponde Daniele Fedeli, Università degli Studi di Udine


Insegno in una quarta primaria e alcuni dei miei allievi hanno una grande paura di sbagliare, sono molto esigenti con loro stessi e il pi&ugrave; piccolo errore viene vissuto come una tragedia. Sono bambini che vogliono primeggiare a tutti i costi e mostrano una costante ansia da prestazione. Cerco di rassicurarli perch&eacute; non si preoccupino dei risultati scolastici, ma non riesco ad alleviare le preoccupazioni che non permettono loro di vivere serenamente la scuola.

Come posso aiutarli?

Martina, Milano

Insegno in una quarta primaria e alcuni dei miei allievi hanno una grande paura di sbagliare, sono molto esigenti con loro stessi e il più piccolo errore viene vissuto come una tragedia. Sono bambini che vogliono primeggiare a tutti i costi e mostrano una costante ansia da prestazione. Cerco di rassicurarli perché non si preoccupino dei risultati scolastici, ma non riesco ad alleviare le preoccupazioni che non permettono loro di vivere serenamente la scuola.
Come posso aiutarli?
Martina, Milano


Gentilissima,
 
 l’ansia da prestazione legata al rendimento scolastico è piuttosto diff

Gentilissima,
l’ansia da prestazione legata al rendimento scolastico è piuttosto diffusa e può manifestarsi a età differenti. Spesso, è la conseguenza di un approccio alla valutazione centrato esclusivamente sul risultato finale, in virtù del quale il bambino sente di essere apprezzato (nel vero e proprio senso etimologico di “vedersi attribuito un prezzo”) in base al prodotto ultimo, senza un’adeguata considerazione del processo a monte, ossia dello sforzo profuso, delle abilità impiegate, dei miglioramenti rispetto alle volte precedenti ecc. Tutto ciò rischia di determinare un’autostima condizionata all’apprezzamento altrui: “valgo nella misura in cui riesco a produrre qualcosa apprezzato dall’adulto di riferimento, altrimenti non valgo”.

L’importanza di sentirsi valorizzati
Sentirsi valorizzati è un bisogno del tutto fisiologico a qualsiasi età. Il problema che può verificarsi nei bambini è relativo alla loro ridotta autoconsapevolezza, per cui si basano sui feedback che ricevono dagli adulti significativi, in primis insegnanti e genitori. Se questi ultimi focalizzano l’attenzione sul prodotto finale di un percorso, in maniera inevitabile anche il bambino valuterà sé stesso in base a quel risultato, senza considerare altre variabili che potrebbero in realtà dimostrare il suo valore, come la capacità di persistere nello sforzo nonostante le difficoltà, o di usare un approccio strategico al compito invece che rispondere a caso, o ancora la disponibilità ad aiutare un compagno in difficoltà ecc. Anche nel caso di giudizi molto positivi legati solo al risultato, l’allievo si chiederà cosa potrebbe accadere e come potrebbero reagire gli adulti se non riuscisse più a fornire delle prestazioni altrettanto elevate e ciò, inevitabilmente, genera ansia che, a sua volta, può avere differenti esiti: può indurre a evitare il compito temuto, così da non incappare in errori e fallimenti, o a usare stratagemmi vari, per esempio copiando da qualcuno ecc.

Ulteriori elementi da considerare
Questa situazione può poi essere aggravata da due ulteriori elementi: alcuni genitori tendono a erogare rinforzi materiali nel momento in cui il bambino porta a casa un buon voto o un giudizio positivo. In questo modo però ancor più il feedback viene legato esclusivamente al voto, sul quale incidono molte variabili che sono al di là del controllo diretto dell’allievo, come il rendimento medio della classe (che può far risultare in meglio o in peggio quello del singolo), lo stato emotivo momentaneo di chi valuta e di chi viene valutato, anche la semplice sfortuna di ricevere l’unica domanda alla quale non si sa rispondere.
L’altra variabile da considerare riguarda possibili attività extrascolastiche praticate, per esempio sportive, artistiche ecc. Se il bambino non ha la possibilità di partecipare ad altre attività, legherà il suo sentirsi apprezzato solo al momento scolastico e aumenterà la sua ansia rispetto a ciò.

Come procedere?
Il primo passo deve essere quello di “normalizzare” l’emozione provata, ossia comunicare esplicitamente agli alunni che provare un certo livello di ansia in prossimità di una verifica o di un’interrogazione è normale e anzi, se modulata, aiuta a rimanere concentrati sul compito. Spesso, già questa normalizzazione dell’esperienza emotiva aiuta a viverla in termini positivi, evitando una possibile escalation.
In secondo luogo, è fondamentale abituare i bambini a non effettuare confronti con i compagni ma con sé stessi, cercando di individuare i progressi rispetto alla volta precedente: in questa fase è fondamentale il ruolo dell’insegnante, che deve aiutare ciascuno a individuare i propri obiettivi di miglioramento rispetto ai quali possa verificare i progressi compiuti e possa ricevere adeguati feedback rinforzanti.
Questa riflessione porta alla terza raccomandazione, ossia l’importanza di erogare rinforzi significativi soprattutto su quelle parti della prestazione scolastica che sono sotto il diretto controllo dell’allievo (il tempo dedicato agli esercizi, l’aver applicato strategie di revisione del compito ecc.), evitando di concentrare l’attenzione solo sul risultato finale: si tratta di costruire gradualmente un locus of control interno, in virtù del quale il bambino possa percepire un controllo non solo sui propri comportamenti ma anche sulle proprie emozioni.
 
Gestione dell'errore
Per quanto riguarda la gestione dell’errore, che sembra essere così fonte di ansia, spesso affermiamo che gli errori servono a crescere e a imparare, ma poi non mostriamo ai bambini la loro utilità in quel senso. Un suggerimento potrebbe essere quello di partire dagli errori compiuti durante un compito, riflettendo in gruppo cosa si è imparato da essi: un errore di distrazione durante un calcolo insegna l’importanza di dedicare il giusto tempo al momento della revisione, mentre un errore ortografico può essere l’occasione per accorgersi che una certa regola non era chiara. In questo modo, non ci limitiamo al conteggio degli errori, ma al loro attivo utilizzo come occasione di riflessione metacognitiva guidata. L’insegnamento principale è che l’errore non va temuto o nascosto ma usato come strumento per imparare e crescere.
 


La paura di sbagliare | Giunti EDU

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