L’importanza della prevenzione a partire dalla scuola dell’infanzia. Intervista al prof. Giacomo Stella

Socrate e il computer: sono davvero incompatibili?

Il bambino "gifted" tra sviluppo cognitivo ed emotivo

Per non lasciare indietro nessuno

Muoviamo i primi passi

Impariamo a rilassarci

Il dettato ortografico

Dobbiamo mobilitarci per offrire sapere in modo appassionato e desiderante, rispettando la complessità di chi impara e generando entusiasmo e desiderio di vita

Quando si parla di costruzione partecipata del sociale si parla di coinvolgimento dei diversi attori in gioco nell’individuazione e gestione dei problemi. Per costruire insieme un ambiente sociale è anzitutto necessario mediare tra le rappresentazioni che hanno gli attori in gioco gli uni degli altri e lavorare sui nodi che ne derivano. Agire in un ambiente sociale significa, quindi, partecipare alla costruzione di uno sfondo comune in cui possano nascere e crescere legami rispettando e valorizzando le diversità. La scuola è per eccellenza un ambiente sociale in cui nascono e si consolidano, ma possono anche essere soffocati o inibiti, legami tra le persone. Gli attori più rilevanti in gioco nella scuola sono certamente insegnanti, alunni e genitori, con i molteplici problemi di comunicazione e disparità di potere, interessi e cultura che ne derivano e che nel corso della pandemia sono esplosi in tutta la loro virulenza soprattutto a carico degli alunni.I servizi offerti dall’istruzione non hanno saputo o potuto costruire nuove rappresentazioni sintonizzate sulla nuova domanda di apprendimento da parte degli alunni se non con la DAD. E se difficoltà ci sono state per tutti gli alunni, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, tali difficoltà sono state ancora più gravi e spesso insormontabili per i disabili.

Ascoltare, osservare e agire in relazione

L'ascolto internazionale e vigile

Per creare mondi nuovi per i disabili non è sufficiente la buona volontà o un generico e incostante interesse, sono necessari il dialogo tra punti di vista diversi, il confronto di esperienze, risorse materiali e psichiche, connessioni feconde, reti articolate di supporto, collegamento tra privato e pubblico, collaborazione tra gli enti e gli agenti. Quando tutto ciò viene a mancare, l’azione diviene scollegata dal pensiero strategico per il bene comune, e diviene un modo per affrontare i problemi in emergenza continua, senza che la risoluzione degli stessi sia efficace. Il sostegno reale alla disabilità passa non da un manuale di istruzioni che non esiste, ma va cercato insieme alle persone che la vivono, ai bambini che non possono parlare, camminare, studiare; va cercato insieme ai genitori che pensano costantemente al “dopo di loro” e che accompagnano i figli da una terapia all’altra con l’angoscia di creare loro un futuro accettabile; va cercato con gli operatori della salute che hanno competenze per sostenere chi sostiene.

Costruire uno sfondo comune a scuola

Il dialogo che crea nuovi mondi

Una volta un’operatrice mi ha raccontato che il bambino con cui lavorava non era in grado di parlare o di fare qualsiasi tipo di attività scolastica e che lei, per poterlo capire nel primo mese di scuola, lo aveva osservato mettendosi accanto a lui e stando in silenzio mentre giocava con il suo tablet. Standogli accanto aveva capito che aveva una passione per alcune forme e colori che in seguito ha utilizzato con il bambino per staccarlo dal tablet e coinvolgere i compagni. Può sembrare forse un piccolo passo, nulla a che fare con un progresso sul programma ministeriale previsto per la classe di appartenenza, ma per un bambino con una disabilità grave già andare a scuola volentieri è una grande conquista per il miglioramento della sua qualità di vita. Che cosa ha fatto questa operatrice? Ha costruito una partecipazione sociale.

La DAD è stata una soluzione di emergenza gestita in emergenza. In futuro, se ce ne sarà ancora necessità, potrebbe diventare l’opportunità di insegnare a chi non può andare a scuola perché bloccato da un infortunio o da una malattia, pensata non per andare avanti in primis con programmi e valutazioni ma per aiutare ad apprendere nonostante la distanza, quindi ri-pensata, ri-progettata per aprire menti e cuori. È doveroso quindi ascoltare, osservare e agire in relazione, mantenendo legami: il cibo principale dell’essere umano, condizione indispensabile per crescere, per attivare la curiosità del sapere dell’altro e di sé, per apprendere e appassionarsi alle fonti del sapere, per poter così spaziare nell’oceano della conoscenza trovando la propria rotta. I bambini disabili hanno un loro ritmo, un loro tempo, un loro modo di apprendere, come tutti i bambini. Non possiamo permettere che in una comunità esista una trasmissione del sapere asettica e frammentata, priva di anima, ma dobbiamo mobilitarci per offrire sapere in modo appassionato e desiderante, rispettando la complessità di chi impara: solo così potremo generare ένθουσιασμός e desiderio di vita.

La reale comprensione della disabilità nelle scuole dovrebbe essere foriera di altri significanti quali: cura della relazione, rispetto dei diritti, sostegno, abbattimento di barriere architettoniche e comunicative, formazione degli operatori, personalizzazione dell’intervento educativo. Tutto ciò richiede strutture adeguate, attenzioni metodologiche, progettazione accurata, ma ancora prima ascolto. Per poter ascoltare occorre utilizzare una strategia intenzionale e vigile, osservare e capire non solo i bisogni ma anche i desideri attraverso la relazione comunicativa che non accentra, non reprime, non suppone ma si apre al nuovo, al diverso, con entusiasmo. “Entusiasmo” deriva dal greco antico enthusiasmós (ένθουσιασμός), formato da en (έν, “in”) con theós (θεός, “dio”) e ousía (ούσία, “essenza”). È quello stato interno che travolge fino a pensare di essere in grado di realizzare qualsiasi cosa abbattendo ostacoli, pregiudizi, difficoltà. È quel modo di parlare e di agire che coinvolge, appassiona, genera.

Fedi A. (a cura di) (2005), Partecipare il lavoro sociale. Esperienze, metodi, percorsi, FrancoAngeli, Milano.

La costruzione partecipata del sociale e la disabilità a scuola

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