Quando un allievo disturba in classe

Come si progetta la “scuola più bella del mondo”?

Sezione e intersezione: quali opportunità, come organizzarsi

Star bene al nido: educatori, bambini, famiglie

Impariamo a rilassarci

Tutti insieme nel gruppo classe

Alleniamo la concentrazione

Sappiamo che lo sviluppo sostenibile si concretizza quando la generazione corrente soddisfa i propri bisogni senza intaccare la possibilità che anche la generazione futura possa fare altrettanto: è un “capitale” che ogni generazione lascia alla successiva.Credere nel benessere come “bene comune”, significa difendere e valorizzare il “capitale relazionale” attuale, inteso come “valore patrimoniale”, che può alimentare il fecondo scambio intergenerazionale tra i professionisti dell’educazione e può garantire la qualità della vita professionale anche alle future generazioni di educatori.Attingendo dalla geometria, in chiave metaforica, possiamo pensare al benessere come a una sorta di “frattale relazionale” che, partendo da manifestazioni semplici, è capace di attivare processi duraturi che si autoriproducono e si autoalimentano costituendo strutture armoniche complesse che esprimono la bellezza delle relazioni all’interno del proprio contesto di vita quotidiano, personale e professionale.

Le prospettive neurobiologiche esaminano il benessere attraverso lo studio di quei cambiamenti condizionati dall’esposizione a fattori ambientali e culturali. Gli aspetti relazionali che chiamano in causa la trasmissione “per contagio” di azioni, emozioni, stati d’animo, sono stati approfonditi grazie all’apporto delle neuroscienze e ai più recenti studi sui neuroni specchio.Gli studi sulla “mente relazionale” e sul “cervello sociale” hanno impresso una svolta fondamentale nell’analisi del benessere, mettendo in evidenza quanto e come le influenze ambientali e i rapporti interpersonali abbiano un ruolo-chiave nella strutturazione della mente e in che modo tale processo contribuisca a plasmare il cervello.

La soddisfazione personale gioca un ruolo importante nel migliorare la qualità delle relazioni.

La “decisione” di scegliere il benessere è un’assunzione di responsabilità, individuale e collettiva, fatta di costanza, di attesa e di intenzionalità

PIACERE, SODDISFAZIONE E GRATIFICAZIONE

Il benessere nelle organizzazioni non va limitato a una parentesi di rilassamento ogni tanto, ma va interpretato come un modo più equilibrato di stare nel quotidiano lavorativo, momento dopo momento.Le organizzazioni educative necessitano, oggi più che mai, di persone meno intrappolate in reazioni emotive automatiche e inconsapevoli, come la paura del nuovo, l’ansia, l’autoreferenzialità, ma molto più consapevoli, presenti, capaci di ascolto, ricettivi, empatici, non giudicanti, aperti al cambiamento.È assolutamente necessario che tutti coloro che hanno il compito di educare siano i primi ad avere consapevolezza delle incertezze che avvolgono il nostro tempo, così da predisporre la mente ad aspettarsi l’inatteso, per affrontarlo (Morin).Oggi più che mai, nel protrarsi di questo difficile, complesso e delicato momento pandemico, l’incertezza e l’imprevisto rappresentano “costanti” esistenziali che dobbiamo assumere come dimensioni fondanti per coltivare il benessere nei contesti educativi.

INVESTIRE SULLA SALUTE ORGANIZZATIVA

L’analisi interpretativa del benessere economico è ben esemplificata dal discorso che Robert F. Kennedy tenne il 18 marzo 1968 alla Kansas University, asserendo che non possiamo misurare lo spirito nazionale basandoci sul Dow Jones, né i risultati di una nazione basandoci sul Prodotto Interno Lordo. Perché del PIL fa parte l’inquinamento dell’aria, l’aumento di produzione di napalm e missili e testate nucleari. Il PIL include anche la trasmissione di programmi televisivi che, per vendere merci ai nostri figli, glorificano la violenza. Il PIL non misura né la nostra intelligenza, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra erudizione, né la nostra compassione. Misura tutto, insomma, tranne ciò che dà valore alla vita.Sono passati più di cinquanta anni e l’attualità di questo discorso resta immutata e confermata oggi dalle riflessioni di Martha Nussbaum (2012): per troppi anni abbiamo sopravvalutato il PIL, che non è un indicatore reale della qualità della vita. Sono altre le cose importanti, che rivelano la ricchezza di un Paese: sanità, educazione, rispetto delle minoranze, emozioni e immaginazione (Nussbaum).

STAR BENE SEMPRE

All’interno del paradigma della complessità, i riferimenti concettuali che riconducono al termine “benessere” sono sostenuti dall’interdisciplinarità dei saperi, filosofici, sociologici, economici, neurobiologici, psicologici e pedagogici.In ambito filosofico, la prospettiva “eudaimonica” interpreta il ben-essere come percorso di integrazione con il mondo circostante, come stato non solo fisico, ma anche e soprattutto emotivo, mentale, sociale e spirituale. Platone collegava i termini eufrosìne (gioia) e sìnferon (conveniente) per trarre il significato di benessere e definirlo come movimento ordinato dell’anima quando è in accordo con le cose, quindi capace di produrre azioni convenienti.L’“eudaimonia”, da Aristotele in poi, esprime un processo di felicità che corrisponde ai bisogni individuali e collettivi legati nel loro insieme a quel “bene comune” che pone gli esseri umani in tensione reciproca. Dunque, una visione globale del benessere, salute e felicità che i filosofi-medici dell’antichità interpretavano come “equilibrio”, che non poteva risiedere solo nel corpo o nel possesso di beni o nella singola interiorità del soggetto ma, al contrario, in una dimensione armonica dell’uomo nel mondo.

LA PEDAGOGIA DEL BENESSERE INTEGRALE

Lo studio della salute organizzativa richiama la necessità di riflettere sul bisogno di un lavoro non solo redditizio, ma anche realizzante, gratificante, piacevole e felice. Dal confronto tra diversi studi emerge come, negli ultimi anni del secolo scorso, le ricerche si siano rivolte soprattutto all’individuazione degli agenti di rischio e alla rilevazione dei fattori che provocano stress e burnout nei luoghi di lavoro.Più recentemente, anche grazie a diversi supporti normativi e a crescenti riflessioni in merito, nella valutazione della condizione lavorativa è stata introdotta la ricerca dei principali motivi di soddisfazione e del grado di benessere organizzativo. Anche in riferimento al più ampio concetto multi-prospettico di “salute”, i temi affrontati si rivolgono all’analisi del clima organizzativo e delle numerose variabili che mantengono in salute un’organizzazione, compreso il controllo della “fisiologica” conflittualità tra i membri che ne fanno parte.

IL RUOLO DELL’AMBIENTE E DELLE RELAZIONI

Infine, la pedagogia del benessere “integrale” costituisce lo sfondo integratore dei diversi approcci di studio offrendo l’opportunità ai professionisti dell’educazione di riflettere sulla necessità di “imparare a stare bene”, confermando l’ottica auto-formativa nei confronti della propria esistenza e della propria identità professionale di educatori e insegnanti nell’attuale società postmoderna.Pensare a un progetto pedagogico-educativo intenzionalmente mirato a garantire la “sostenibilità” del benessere, significa investire in una formazione, iniziale e in servizio, che mira al potenziamento dei legami relazionali, degli affetti, delle emozioni (anche) tra gli educatori, per promuovere e mantenere nel futuro la possibilità di sviluppo.

BENESSERE COME “BENE COMUNE”

CHE COSA DÀ VALORE ALLA VITA?

All’interno del paradigma della complessità, i riferimenti concettuali che riconducono al termine “benessere” sono sostenuti dall’interdisciplinarità dei saperi, filosofici, sociologici, economici, neurobiologici, psicologici e pedagogici.


 In ambito filosofico, la prospettiva “eudaimonica” interpreta il ben-essere come percorso di integrazione con il mondo circostante, come stato non solo fisico, ma anche e soprattutto emotivo, mentale, sociale e spirituale. Platone collegava i termini
 
 eufrosìne
 
 (gioia) e
 
 sìnferon
 
 (conveniente) per trarre il significato di benessere e definirlo come movimento ordinato dell’anima quando è in accordo con le

All’interno del paradigma della complessità, i riferimenti concettuali che riconducono al termine “benessere” sono sostenuti dall’interdisciplinarità dei saperi, filosofici, sociologici, economici, neurobiologici, psicologici e pedagogici.In ambito filosofico, la prospettiva “eudaimonica” interpreta il ben-essere come percorso di integrazione con il mondo circostante, come stato non solo fisico, ma anche e soprattutto emotivo, mentale, sociale e spirituale. Platone collegava i termini eufrosìne (gioia) e sìnferon (conveniente) per trarre il significato di benessere e definirlo come movimento ordinato dell’anima quando è in accordo con le cose, quindi capace di produrre azioni convenienti.L’“eudaimonia”, da Aristotele in poi, esprime un processo di felicità che corrisponde ai bisogni individuali e collettivi legati nel loro insieme a quel “bene comune” che pone gli esseri umani in tensione reciproca. Dunque, una visione globale del benessere, salute e felicità che i filosofi-medici dell’antichità interpretavano come “equilibrio”, che non poteva risiedere solo nel corpo o nel possesso di beni o nella singola interiorità del soggetto ma, al contrario, in una dimensione armonica dell’uomo nel mondo.

È necessario investire nella formazione per potenziare i legami relazionali e affettivi tra gli educatori

Morin, E. (2001). I sette saperi necessari all’educazione del futuro. Milano: Raffaello Cortina.Nussbaum, M.C. (2012). Creare capacità. Liberarsi dalla dittatura del Pil. Bologna: Il Mulino.Rossi, B. (2012). Il lavoro felice. Brescia: La Scuola.

L’orientamento psicologico “ottimale” si focalizza su uno stato di benessere connesso non solo al piacere puramente sensoriale, ma anche alla soddisfazione e alla gratificazione, conseguenti al perseguimento di obiettivi.In relazione alla soddisfazione professionale vengono presi in esame i fattori che incidono sull’autorealizzazione, tra cui le convinzioni di efficacia personale e di efficacia collettiva.Le organizzazioni hanno bisogno di fare del lavoro un’esperienza di piacere e di autorealizzazione e non di dovere e sofferenza, perché lavoro e gioia non sono antitetici, organizzazione e benessere soggettivo non sono incompatibili, contesto lavorativo e agio personale non sono antagonisti o alternativi bensì interdipendenti (Rossi).

Il "bene comune" delle professionalità educative

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