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 Serafi

 
Risponde Serafino Buono, Direttore dell'UOC di Psicologia dell'IRCCS Oasi Maria SS. di Troina
I disturbi dello spettro autistico sono un insieme eterogeneo di compromissioni del neurosviluppo caratterizzati da deficit persistenti nella comunicazione e nell’interazione sociale in molteplici contesti e da pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi.
A questa condizione possono associarsi “comportamenti problema”, che rappresentano delle sfide talora molto impegnative in diversi contesti, tra cui la scuola, e che chiamano in causa da una parte i bisogni e le modalità comunicative del bambino e dall’altra i fattori ambientali e le relazioni interpersonali. Il carico da gestire da parte degli insegnanti in questi casi è elevato sia sul piano emotivo sia su quello relazionale e tale impegno richiede da una parte la comprensione delle determinanti dei comportamenti problema e dall’altro l’uso di tecniche e strategie di gestione che in alcuni casi necessitano anche del supporto di specialisti.
 
I comportamenti problema
Le modalità comportamentali principali con le quali i bambini con autismo possono esprimere le loro difficoltà sono: irritabilità, iperattività, impulsività, opposizione, provocazione, aggressività, autolesionismo, ripetitività, scoppi di ira...
I comportamenti problema, per quanto disfunzionali, tendono a uno scopo e rappresentano il modo in cui il bambino cerca di interagire con l’ambiente. Carr (1998) sostiene che il comportamento problema funziona spesso come una forma primitiva di comunicazione per le persone che non possiedono ancora, o non usano, forme più elaborate di comunicazione.
Alla base dei comportamenti problema vengono riconosciuti diversi fattori determinanti quali, per esempio:

problemi di natura organica, ovvero sofferenze di natura fisica, che possono riguardare diverse parti del corpo, che il bambino non riesce a comunicare;
fuga dal compito o dall’attività che può rappresentare un modo per interrompere attività o compiti sgraditi;
richiesta di attenzione che comunque rappresenta una modalità di interazione sociale;
ricerca tangibile di oggetti o attività gradite, espresse talvolta con modalità disfunzionali di interazione con l’ambiente.


Negli ultimi anni l’attenzione si sta sempre più concentrando sugli aspetti sensoriali quali fattori determinanti di improvvise crisi comportamentali: stimoli diversi presenti nell’ambiente (per esempio luci intense, rumori forti ecc.) possono stare alla base dei comportamenti problema del bambino con autismo.
Un altro aspetto riscontrabile nell’autismo, che può aiutare a capire il comportamento del bambino a cui fa riferimento l’insegnante, è la necessità di mantenere l’ambiente immodificato, l’aderenza rigida alle routine o a rituali di comportamento, l’estremo disagio a fronte di cambiamenti di attività o modalità didattiche, la ridotta tolleranza alle variazioni di schemi relazionali già consolidati con compagni o insegnanti.
 
Come far fronte alle crisi
La gestione in classe delle crisi comportamentali è sempre complessa e talvolta le modalità con le quali il contesto risponde possono rappresentare elementi di rinforzo e quindi di mantenimento del problema. Occorre pertanto approcciare le situazioni in termini di prevenzione, ciò presuppone una approfondita conoscenza del profilo di funzionamento dell’alunno e del contesto in cui i comportamenti inadeguati si verificano.
 
Conoscere i principali bisogni del bambino
È necessario, prima di tutto, conoscere i principali bisogni del bambino, le sue modalità di comunicazione e di elaborazione sensoriale, le condizioni e gli stimoli presenti nell’ambiente che con maggiore probabilità determinano situazioni di crisi. Se, come da più autori è ritenuto, il comportamento problema è un modo, seppur disfunzionale, di comunicare un bisogno, occorre decodificare il comportamento cercando di individuarne la valenza comunicativa e capirne il significato e la funzione. Ciò può essere fatto anche con adeguate attività di osservazioni e con l’uso di apposite check list facilmente recuperabili, al fine di effettuare un’analisi funzionale che rappresenta la modalità più utilizzata per comprendere e gestire i comportamenti problema. Essa parte dal presupposto che il comportamento è finalizzato e che il suo significato varia in funzione del contesto.
Occorre prima definire operazionalmente il comportamento problema e rilevare come si presenta, in seguito individuare i fattori che sembrano innescare e/o precedere il comportamento (antecedenti) e cosa esso determina nell’ambiente (conseguenze), infine provare a fare un’ipotesi funzionale da verificare, e definire le strategie di intervento, modificando le variabili ambientali correlate alle cause ipotizzate. Per esempio, se alla base del problema si ipotizza l’evitamento del compito si potrebbero analizzare le modalità e la complessità della richiesta al bambino, la difficoltà del compito e la modalità prevalente di svolgimento (verbale, visiva, motoria ecc.). Inoltre si potrebbero utilizzare schemi visivi che preannunciano le attività, fare comunicazioni anticipatorie degli eventi, prevedere l'alternanza di attività gradite e compiti meno graditi, rendere graduale la durata dell’attività ecc.
 
Individuare barriere e facilitatori
Risulta importante rilevare nel contesto le barriere e i facilitatori per un’efficace azione di intervento che modifichi le variabili predisponenti e di rinforzo presenti (per esempio, ambienti rumorosi, modalità inadeguate di comunicazione, variazioni improvvise nella sequenza delle attività, stimoli che alterano l’elaborazione sensoriale…).
I comportamenti assumono significati e funzioni diversi in base al contesto e va tenuto in considerazione che non sempre i bambini con autismo reagiscono nello stesso modo a uno stesso stimolo e questo aspetto purtroppo complica ulteriormente l’analisi della situazione.
Aggiungo che alcuni comportamenti nel contesto classe possono essere efficacemente gestiti con modalità educative altre, a mio avviso, necessitano del lavoro integrato tra insegnanti, genitori e specialisti.


Nella prima primaria in cui insegno c&rsquo;&egrave; un bambino autistico seguito dalla collega del sostegno. Il bambino riesce abbastanza a farsi capire, anche se dice pochissime parole, inoltre ha alcune autonomie di base (usa i servizi igienici in modo autonomo; mangia e si veste da solo). A volte per&ograve;, inspiegabilmente, soprattutto le rare volte in cui manca la collega del sostegno (ma non solo), ha delle crisi che non sappiamo come gestire: si butta a terra, urla, morde&hellip; spaventando gli altri bambini e devo dire anche noi docenti. Che cosa possiamo fare in questi casi? C&rsquo;&egrave; un modo per prevenire le sue crisi?

Rosamaria, Siracusa

Nella prima primaria in cui insegno c’è un bambino autistico seguito dalla collega del sostegno. Il bambino riesce abbastanza a farsi capire, anche se dice pochissime parole, inoltre ha alcune autonomie di base (usa i servizi igienici in modo autonomo; mangia e si veste da solo). A volte però, inspiegabilmente, soprattutto le rare volte in cui manca la collega del sostegno (ma non solo), ha delle crisi che non sappiamo come gestire: si butta a terra, urla, morde… spaventando gli altri bambini e devo dire anche noi docenti. Che cosa possiamo fare in questi casi? C’è un modo per prevenire le sue crisi?
Rosamaria, Siracusa


Gestire le crisi nell’autismo

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