Star bene a scuola: l'empatia dell'insegnante

Come funziona il cervello emotivo dei bambini?

Che cosa comunica il nostro sguardo? - “Pillole” per star bene a scuola

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

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Sappiamo che, nella societ&agrave; liquida in cui viviamo, il sesso non &egrave; pi&ugrave; un vincolo tale da specificare l&rsquo;identit&agrave; e il ruolo di genere. Il rapporto tra natura e cultura crea uno iato entro cui si gioca il senso e la possibilit&agrave; del lavoro educativo, quello che d&agrave; a ognuno la possibilit&agrave; di crescere nel rispetto della sua unicit&agrave; e di quella altrui. Questo &egrave; difficile perch&eacute; talvolta ci mancano le parole o non riusciamo ad ascoltare quelle che ci vengono suggerite, perch&eacute; altre,&nbsp;quelle pi&ugrave; triviali e retrive, fanno la voce grossa, alimentate dai megafoni elettorali di alcuni partiti politici.

Che rapporto c&rsquo;&egrave; tra il lavoro linguistico e quello politico fatto sulle parole? La politica pu&ograve; fare delle scelte legislative per orientare i comportamenti, ma il linguaggio ha una sua vita propria che non sempre &egrave; possibile normare (lo sanno bene le dittature!).

Sono nate cos&igrave;, nelle strade, forme antidiscriminatorie per il genere delle parole (si pensi all&rsquo;uso di * oppure di ə) che purtroppo presentano non pochi limiti dal punto di vista comunicativo. Di fatto, per&ograve;, cambiare il linguaggio &egrave; un primo passo per cambiare abitudini di pensiero e azione. Per questo motivo penso che sia fondamentale fare questa riflessione linguistica e politica nei contesti dove si imparano a usare le parole, a scuola come in famiglia, e insegnare a non prestare il fianco all&rsquo;indifferenza con cui spesso, per abitudine o paura, ci si approccia alla violenza delle parole, perch&eacute; la brutalit&agrave; genera sofferenza, indipendentemente dal sesso.&nbsp;

Noi che insegniamo a leggere e scrivere correttamente le parole, a utilizzare e ampliare il lessico in modo da avere sempre a disposizione un bagaglio crescente di espressioni a cui attingere per riuscire a comunicare ci&ograve; che viviamo, dobbiamo avere la consapevolezza che, come diceva Wittgenstein, &ldquo;i limiti del mio linguaggio costituiscono i limiti del mio mondo&rdquo;. Per questo &egrave; importante insegnare a riflettere sulle parole autentiche, quella che la vita quotidiana ci porta in classe, e non limitarsi a farle copiare dalla lavagna o dettarle.&nbsp;

Cominciamo col capire in quale contesto ci muoviamo: secondo l&rsquo;ISTAT, in Italia ogni tre giorni una persona &egrave; vittima di violenza omo/transfobica; ogni due giorni viene uccisa una donna perch&eacute; donna (femminicidio); in ambito lavorativo, le donne guadagnano circa il 5% in meno degli uomini. Fuori da ogni statistica, un dato comunque tangibile &egrave; il fatto che ogni giorno, non solo in Italia, &egrave; possibile ascoltare espressioni basate su stereotipi di genere: &ldquo;La scuola &egrave; un ambiente troppo femminile.&rdquo;; &ldquo;&Egrave; importante avere un maschietto come maestro.&rdquo;; &ldquo;Mio figlio &egrave; una femminuccia: prende i calci da un compagno e non reagisce!&rdquo;, solo per citare le ultime perle che ho avuto modo di raccogliere.

Senza scivolare nell&rsquo;idea di causalit&agrave;, quella che sempre il filosofo austriaco considerava una delle pi&ugrave; grandi forme di superstizione del nostro tempo, possiamo chiederci se &egrave; possibile rintracciare e comprendere il tipo di relazione sussistente tra l&rsquo;uso del linguaggio di genere e quei comportamenti sessisti e discriminatori che spesseggiano nella cronaca pi&ugrave; o meno nera.

Non &egrave; questa la sede, n&eacute; sono all&rsquo;altezza, per definire quale rapporto esista tra lingua ed esperienza, se il linguaggio sia limitato a descrivere la realt&agrave; o, invece, la crei, ma vorrei porre, tra le tante possibili, almeno la questione di quale idea di maschilit&agrave; e femminilit&agrave; emerge da questi dati, perch&eacute; la scuola su questo deve provare a lavorare. Sia dal lato docente, sia discente.

Possiamo chiederci se sia veramente la percentuale di maschi, femmine o persone intersessuali uno degli elementi che permette di capire i limiti e le disfunzionalit&agrave; del sistema scolastico, o se, e in che modo, il sesso di una persona che insegna determina le sue scelte pedagogiche e i suoi orientamenti educativi, oppure come, in generale, si possa attribuire al sesso di una persona un valore positivo o negativo.

L&#39;importanza di una rifessione linguistica

Cara maestra e caro maestro,&nbsp;&egrave; importante <a href="https://www.giuntiscuola.it/articoli/linsegnante-traduce-i-limiti-possibilita-la-burocrazia-parole-le-persone" target="_blank">ragionare sulle parole che usiamo quotidianamente </a>e sulla nostra capacit&agrave; di tesserle in forme atte a dar voce a un progetto di scuola di cui sentirci parte, in cui ciascuno possa sentirsi parte, pensato, sognato pi&ugrave; grande di ci&ograve; che &egrave;. Il lessico di tutti i giorni si nutre di semplificazioni e impliciti che dobbiamo riconoscere, perch&eacute; ogni espressione pu&ograve; svelare la cultura di cui ci facciamo portatori, ma anche contraddire e compromettere ci&ograve; che siamo chiamati a edificare: una scuola e una societ&agrave; inclusive.&nbsp;

Stereotipi e parole autentiche

Cambiare il linguaggio per cambiare abitudini di pensiero e azione