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Come sostenere lo sviluppo delle competenze orali dei bambini non italofoni

Per insegnare ai bambini a parlare non basta semplicemente interagire con loro: l’importanza dell’educazione all’oralità nella classe multilingue. Di Emanuela Izzo, Università di Milano- Bicocca

di Redazione GiuntiScuola08 maggio 201811 minuti di lettura
Come sostenere lo sviluppo delle competenze orali dei bambini non italofoni | Giunti Scuola

Non basta parlare

Nell’ambito dello sviluppo di competenze legate all’oralità è spesso possibile riscontrare nei discorsi degli insegnanti la convinzione che imparare a parlare sia un fatto naturale e che, ascoltando, si possa acquisire in modo graduale una lingua. Talvolta, infatti, gli insegnanti non considerano necessario pianificare con attenzione i loro interventi didattici finalizzati allo sviluppo del linguaggio, alludendo al fatto che la comunicazione orale è naturalmente spontanea. Ciò fa sì che la didattica della lingua orale sia caratterizzata da una certa “invisibilità” rispetto ad altre didattiche e la conseguenza diretta è la mancanza di una metodologia didattica specifica che possa sostenere i bambini durante l’acquisizione di una seconda lingua.
Questo approccio si traduce nella difficoltà a valutare le competenze linguistiche e comunicative degli alunni, la mancata pianificazione degli interventi didattici finalizzati allo sviluppo del linguaggio, lo scarso riconoscimento cosciente e riflessivo della ricchezza della competenza comunicativa infantile e, infine, la sottostima della conversazione come strategia utile per sviluppare il linguaggio.
Tali premesse, unite ad altre esperienze vissute in contesti scolastici, hanno condotto me, insegnante di scuola primaria, a decidere di condurre una ricerca di dottorato con l’obiettivo di far emergere le condizioni e gli strumenti che possono sostenere e favorire lo sviluppo di competenze orali nei bambini da parte degli insegnanti.

Osservare le interazioni

Ho scelto di condurre lo studio all’interno di una scuola dell’infanzia in quanto ritengo, in linea con molte ricerche, che questa tappa formativa sia essenziale per lo sviluppo delle competenze linguistiche dei bambini. Infatti, ricerche portate avanti sia in Italia che in Europa, mettono in evidenza gli effetti positivi della frequenza dei servizi educativi per l’infanzia , sia sullo sviluppo delle competenze linguistiche, che sul raggiungimento di obiettivi scolastici a lungo termine. Allo stesso tempo, da altri studi emerge che non basta solo frequentare la scuola dell’infanzia per ottenere risultati significativi a livello di acquisizione del linguaggio e di competenze comunicative. È infatti necessario il riconoscimento della parte degli insegnanti del valore della conversazione intesa come momento di pratica concreta per la didattica della lingua orale. Senza questa effettiva presa di coscienza, è difficile che si strutturino situazioni finalizzate realmente e intenzionalmente a sviluppare gli usi del linguaggio orale nei bambini.
Per queste ragioni, ho deciso di videoregistrare alcune insegnanti di scuola dell’infanzia impegnate in diversi momenti di conversazione con bambini italofoni e non. L’analisi delle interazioni ha consentito di individuare quali situazioni, condizioni e interventi da parte dell’insegnante possono incidere positivamente sullo sviluppo di competenze orali nei bambini. I risultati emersi dallo studio sono svariati e numerosi, dunque ho selezionato solo alcune suggestioni che reputo più significative al fine di generare un pensiero riflessivo sulla didattica della lingua orale.

Gli atteggiamenti degli insegnanti, il punto di vista di vista dei bambini

Dai materiali e dall’osservazione, emerge l’importanza di strutturare un contesto favorevole per la conversazione: le condizioni migliori si hanno con un piccolo gruppo, in quanto i bambini in fase di acquisizione della lingua incontrano maggiori difficoltà a partecipare nel grande gruppo. Anche la semplice esposizione a momenti di conversazione risulta utile per i bambini non ancora italofoni: la mancanza di interventi da parte di questi ultimi, soprattutto nelle prime fasi di interlingua, non è indice di inefficacia della proposta.
Entrando nel merito degli interventi da parte dell’insegnante che possono favorire lo sviluppo di competenze legate all’oralità, risulta efficace la formulazione di frasi che siano semanticamente contingenti con quanto dichiarato dai bambini. L’utilizzo di interventi a specchio (rispecchiamento, riformulazione e riepilogo delle parole dei bambini), di domande aperte come richieste di chiarificazione e di spiegazione sembrano avere una ricaduta positiva sullo sviluppo della competenza argomentativa e narrativa, entrambe necessarie nei gradi scolastici successivi. Inoltre, appaiono molto validi i tentativi dell’insegnante volti a favorire lo scambio di punti di vista e che diano rilievo alle opinioni dei bambini. L’esempio che segue, tratto dalle conversazioni videoregistrate e successivamente trascritte, mette in risalto in modo abbastanza chiaro l’idea di insegnante come partner comunicativo non prevaricante, ma intenzionato a mettere in relazione punti di vista diversi.

Marco: però qua nessuno parla spagnolo perché siamo
in Italia
Insegnante: Marco ha detto un’altra cosa, che qui in Italia nessuno parla spagnolo, è così anche per voi?
Valentina: mamma e papà sì che parla spagnoli
Insegnante: Hai sentito cosa ha detto Valentina?
Valentina: il mio papà parla in Italia spagnolo
Insegnante: hai capito, Marco, suo papà in Italia parla spagnolo

L’ascolto autentico

Nell’esempio sopra riportato, l’insegnante si è dedicata a rilanciare al gruppo le affermazioni dei bambini, lasciando la possibilità a questi ultimi di argomentare e controargomentare. L’insegnante funge da mediatore che rilancia al gruppo i diversi punti di vista e non interviene apportando giudizi o nuovi contenuti: in tal modo si è potuto avviare un autentico scambio di opinioni tra i bambini. Un altro aspetto che emerge dallo studio è la predisposizione all’ascolto da parte dell’insegnante. Per comprendere meglio questo punto, ci serviremo nuovamente di un esempio tratto dal corpus di conversazioni.

Insegnante1: quindi per voi qual è bene la funzione della pubblicità? Io ancora non ho capito tantissimo

Questo intervento da parte dell’insegnante è avvenuto dopo 46 turni durante i quali i bambini e l’insegnante hanno conversato sugli scopi e le funzioni della pubblicità. L’insegnante, attraverso questo intervento, dimostra il desiderio di voler conoscere il punto di vista dei bambini, nonostante nei turni precedenti ci fossero già stati diversi tentativi da parte dei bambini di costruire un discorso sull’argomento. Sottolineo l’importanza dell’ ascolto autentico da parte dell’insegnante, in quanto da alcune ricerche condotte in Europa emerge che spesso gli insegnanti, soprattutto di scuola dell’infanzia, si accontentano e si ritengono soddisfatti di qualunque risposta ottenuta dai bambini. Al contrario, un insegnante che si dimostra autenticamente desideroso di conoscere più a fondo il pensiero dei bambini, andrà a concorrere in modo certamente positivo sullo sviluppo delle competenze argomentative di questi ultimi.

L’ultimo esempio è dedicato a una tipologia di domande formulate dall’insegnante che si trova spesso associata a connotazioni negative in quanto si ritiene che possa interrompere il flusso della conversazione e la formulazione di risposte elaborate da parte dei bambini, ovvero le domande chiuse .
Dall’analisi delle conversazioni trascritte, è emerso che in alcuni casi le domande chiuse favoriscono la partecipazione dei bambini con difficoltà comunicative legate all’interlingua. Osserviamo l’esempio:

[1] Insegnante: innanzitutto sentiamo Sara, chi è Babbo Natale?
[2] ((Sara sta in silenzio per 5 secondi con le mani davanti alla bocca))
[3] Insegnante: lo conosci, Sara, Babbo Natale?
[4] ((Sara accenna un sì con la testa e continua a tenere le mani sulla bocca))
[5] Insegnante: e chi è secondo te?
[6] Sara: è la con la balba

In questo breve estratto, l’insegnante inizia porgendo una domanda aperta a Sara, bambina italo-rumena [1], che non risponde e risulta imbarazzata [2]. L’insegnante prosegue stavolta porgendo alla stessa bambina una domanda chiusa [3], da cui ottiene una risposta non verbale (un “sì” con la testa) [4]. L’insegnante, dunque, dopo aver ricevuto un feedback dalla bambina, prosegue porgendole di nuovo la domanda aperta del turno 1 [5] e, infine, ottiene una risposta dalla bambina [6]. Nell’esempio emerge come la domanda chiusa abbia supportato l’espressione del proprio punto di vista da parte di una bambina con qualche difficoltà comunicativa legata alla fase di interlingua che sta attraversando. È interessante notare come sia stato necessario ricorrere alla domanda chiusa per “sbloccare” e avviare la comunicazione con Sara.

Per una didattica dell’oralità

In base a quanto esposto finora, ciò che risulterebbe logico supporre, è che la buona riuscita di una situazione conversazionale tra insegnante e bambini dipenda strettamente dal t ipo di intervento e di supporto offerto dall’adulto . L’analisi dei dati raccolti, tuttavia, ha permesso di mettere in luce che, oltre questi aspetti, vi siano anche altri fattori che incidono positivamente sullo sviluppo delle competenze orali durante i momenti di conversazione tra insegnante e bambini.
Il primo è l’intenzionalità comunicativ a dell’insegnante, che pianifica i suoi interventi in base a ciò che intende realmente comunicare e/o domandare ai bambini. Per questa ragione, il semplice ricorso a una categoria di interventi a discapito di altri (ad esempio, domande aperte vs. domande chiuse) non garantisce l’efficacia di una conversazione. Il secondo fattore, in parte già emerso in precedenza, è la dimostrazione di un interesse autentico da parte dell’insegnante per i pensieri dei bambini. Oltre ad essere forse il più determinante, pare essere il denominatore comune che sta alla base di tutte le situazioni in cui si è riscontrata una certa efficacia comunicativa tra insegnante e bambini.
Questi risultati sottendono la necessità da parte di noi insegnanti di iniziare a considerare la conversazione e la comunicazione con i bambini come un canale privilegiato per lo sviluppo di competenze orali, soprattutto in contesti scolastici multilingu e. Insegnare a parlare non può più essere considerato come un campo che non richiede metodologia didattica, a maggior ragione in classi eterogenee. Per questa ragione, è importante mettere al centro la didattica della lingua orale come attenzione necessaria e trasversale per il raggiungimento di tutti gli obiettivi didattici che la scuola si pone. E dunque, garantire a tutti gli insegnanti un’adeguata formazione didattica su questo tema che, al momento, risulta ancora “invisibile”.

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