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Scuola-famiglia: quale alleanza?

Tempo di adozioni. Con gli occhi dei bambini

Genitori oggi, la rubrica di Daniele Novara

La notizia di un bambino che si è lanciato dal decimo piano di un palazzo, apparentemente spinto a questo gesto estremo da un fantomatico “gioco” in rete, obbliga a interrogarsi sull’uso smodato di internet, social e videogiochi da parte dei minori.


 Si può purtroppo parlare di vera e propria dipendenza da videogiochi (riconosciuta dall’OMS come una patologia mentale, il “gaming disorder”). Ne deriva ciò che viene tecnicamente definito sonnambulismo cognitivo causato dall’uso incontrollato di questi dispositivi da parte di bambini, preadolescenti e adolescenti, abbandonati a loro stessi, che trascorrono un tempo indefinito, anche di notte,

La notizia di un bambino che si è lanciato dal decimo piano di un palazzo, apparentemente spinto a questo gesto estremo da un fantomatico “gioco” in rete, obbliga a interrogarsi sull’uso smodato di internet, social e videogiochi da parte dei minori.Si può purtroppo parlare di vera e propria dipendenza da videogiochi (riconosciuta dall’OMS come una patologia mentale, il “gaming disorder”). Ne deriva ciò che viene tecnicamente definito sonnambulismo cognitivo causato dall’uso incontrollato di questi dispositivi da parte di bambini, preadolescenti e adolescenti, abbandonati a loro stessi, che trascorrono un tempo indefinito, anche di notte, davanti a questi giochi.Il rischio dipendenzaL’aspetto decisamente più preoccupante è che l’età di utilizzo si sta rapidamente abbassando: vengono nel mio studio bambini che già a sette anni utilizzano i videogiochi senza una regolazione.Soprattutto sui più piccoli, la conseguenza è uno stato di frustrazione mentale: un bambino di questa età che trascorre troppo tempo davanti ai videogiochi subisce un impatto mentale che rende sostanzialmente impossibile per lui contestualizzarsi. I confini tra realtà e fantasia ludica si stemperano e possono dar adito ad azioni inconsapevoli e fuori da ogni logica e da ogni previsione.Non è un caso se ogni videogioco, così come i social, ha un PEGI (Pan European Game Information) che ne regola l’accessibilità, stabilendo un’età minima sotto la quale  non ne è consentito l’utilizzo. Ma questa sembra solo “teoria”.L’esempio del videogioco Fortnite è eclatante: pur avendo un PEGI 12 (ovvero l’età minima di utilizzo è 12 anni), è largamente diffuso anche tra bambini di 6-7-8 anni.I dati più recenti rilevano che, in Italia, quasi un italiano su due è un videogiocatore (si tratta di 24 milioni di persone, ovvero il 43% della popolazione italiana). Il 3% di questi rientra nella fascia 4-5 anni; il 10% in quella 6-10 anni. Percentuali sicura- mente in aumento.Alcuni giocano anche 2-3 ore tutti i giorni, tempo che aumenta in maniera direttamente proporzionale con l’aumentare dell’età dei giocatori.Quantità e qualitàIl tempo è la cartina tornasole per distinguere l’uso buono dei videogiochi da quello cattivo. Se un bambino passa troppo tempo nel con- sumo virtuale anche di un prodotto “non pericoloso” dal punto di vista dei contenuti, il suo cervello subisce un blackout e non è più in grado di interagire, scegliere e staccarsi. Il sonnambulismo cognitivo spegne la capacità di apprendere, di interagire con le funzioni concrete di autonomia della propria vita. I confini della realtà si offuscano e il bambino, totalmente assorbito dal mondo virtuale, diventa semplicemente un soggetto in balìa del bisogno compulsivo di stare dentro quell’attività. I genitori – ritenuti spesso i principali “responsabili” di questa deriva – devono recuperare la loro funzione educativa, ma devono essere aiutati dal Governo che deve intervenire attraverso lo strumento dei divieti, che dovranno essere fatti rispettare attraverso sanzioni.  Diversamente, continueranno a essere disattesi come già sta avvenendo.

La notizia di un bambino che si è lanciato dal decimo piano di un palazzo, apparentemente spinto a questo gesto estremo da un fantomatico “gioco” in rete, obbliga a interrogarsi sull’uso smodato di internet, social e videogiochi da parte dei minori.Si può purtroppo parlare di vera e propria dipendenza da videogiochi (riconosciuta dall’OMS come una patologia mentale, il “gaming disorder”). Ne deriva ciò che viene tecnicamente definito sonnambulismo cognitivo causato dall’uso incontrollato di questi dispositivi da parte di bambini, preadolescenti e adolescenti, abbandonati a loro stessi, che trascorrono un tempo indefinito, anche di notte, davanti a questi giochi.Il rischio dipendenzaL’aspetto decisamente più preoccupante è che l’età di utilizzo si sta rapidamente abbassando: vengono nel mio studio bambini che già a sette anni utilizzano i videogiochi senza una regolazione.Soprattutto sui più piccoli, la conseguenza è uno stato di frustrazione mentale: un bambino di questa età che trascorre troppo tempo davanti ai videogiochi subisce un impatto mentale che rende sostanzialmente impossibile per lui contestualizzarsi. I confini tra realtà e fantasia ludica si stemperano e possono dar adito ad azioni inconsapevoli e fuori da ogni logica e da ogni previsione.Non è un caso se ogni videogioco, così come i social, ha un PEGI (Pan European Game Information) che ne regola l’accessibilità, stabilendo un’età minima sotto la quale&nbsp; non ne è consentito l’utilizzo. Ma questa sembra solo “teoria”.L’esempio del videogioco Fortnite è eclatante: pur avendo un PEGI 12 (ovvero l’età minima di utilizzo è 12 anni), è largamente diffuso anche tra bambini di 6-7-8 anni.I dati più recenti rilevano che, in Italia, quasi un italiano su due è un videogiocatore (si tratta di 24 milioni di persone, ovvero il 43% della popolazione italiana). Il 3% di questi rientra nella fascia 4-5 anni; il 10% in quella 6-10 anni. Percentuali sicura- mente in aumento.Alcuni giocano anche 2-3 ore tutti i giorni, tempo che aumenta in maniera direttamente proporzionale con l’aumentare dell’età dei giocatori.Quantità e qualitàIl tempo è la cartina tornasole per distinguere l’uso buono dei videogiochi da quello cattivo. Se un bambino passa troppo tempo nel con- sumo virtuale anche di un prodotto “non pericoloso” dal punto di vista dei contenuti, il suo cervello subisce un blackout e non è più in grado di interagire, scegliere e staccarsi. Il sonnambulismo cognitivo spegne la capacità di apprendere, di interagire con le funzioni concrete di autonomia della propria vita. I confini della realtà si offuscano e il bambino, totalmente assorbito dal mondo virtuale, diventa semplicemente un soggetto in balìa del bisogno compulsivo di stare dentro quell’attività. I genitori – ritenuti spesso i principali “responsabili” di questa deriva – devono recuperare la loro funzione educativa, ma devono essere aiutati dal Governo che deve intervenire attraverso lo strumento dei divieti, che dovranno essere fatti rispettare attraverso sanzioni.&nbsp; Diversamente, continueranno a essere disattesi come già sta avvenendo.

FAQ 15. La famiglia può chiedere di tenere nascosto il disturbo e applicare solo forme di tutela che non siano visibili o riconoscibili come tali dai compagni? (ed. PLUS)

Videogiochi ai bambini della primaria?

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