Per una scuola "umana"

L'importanza dei piccoli gesti

Bambini con disabilità: suggerimenti per una scuola che accoglie

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Relazioni aperte e fiduciose

<h2></h2>Un'accoglienza delicata

“Educare è un verbo delicato” (Margherita Zoebeli) e non può convivere con verbi come costringere, forzare o anche lasciar correre, disinteressarsi… La cura si abbina alla delicatezza, alla calma, all’attenzione verso l’altro e alla capacità di osservare. Si coniuga con il sorriso, con il piacere, con la tenerezza e anche con tanta “pazienza”. Si coniuga con una visione positiva verso il mondo.

“Educare è un verbo delicato” (Margherita Zoebeli) e non può convivere con verbi come costringere, forzare o anche lasciar correre, disinteressarsi…La cura si abbina alla delicatezza, alla calma, all’attenzione verso l’altro e alla capacità di osservare. Si coniuga con il sorriso, con il piacere, con la tenerezza e anche con tanta “pazienza”. Si coniuga con una visione positiva verso il mondo.

La cultura dei nidi è entrata anche nella cultura comune, l’idea di portare al nido il proprio bambino è oggi meno traumatica di un tempo. La presenza di un’istituzione dedicata ai piccolissimi, che alleggerisce la fatica di essere madre o padre, è riconosciuta. E, soprattutto, non fa sentire “diversi” dagli altri genitori, quasi “esclusi” da un sentire comune. Questa nuova sensibilità favorisce il rapporto con le famiglie. La visita al nido, i primi colloqui, le informazioni sui tempi e sugli spazi, diventano argomenti di dialogo. Per le educatrici, prendere in considerazione i dubbi e le scelte compiute a casa, dà conferma della propria competenza. Per i genitori, sentire che ci si occupa di loro, oltre che del bambino, valorizza l’importanza del proprio ruolo. È un’accoglienza che non drammatizza le differenze (fra le proposte del nido e le scelte educative dei genitori), ma le mette in contatto, a reciproca disposizione: è uno sguardo condiviso sul bambino. Più che un passaggio di informazioni si sviluppa una comunicazione fra persone, le quali, pur nei diversi e distinti ruoli, cercano di fare meglio possibile il loro “mestiere” di educatore o di genitore. Un dialogo che consente di dire a un genitore “ho scoperto tante cose alle quali a casa non avevo pensato” e a un’educatrice “ho capito perché è successo quello che è successo”. Quando questo avviene, il “distacco” diventa più morbido: il bambino percepisce meglio la continuità, la coerenza, l’affetto che passa attraverso gli adulti. E questo non riguarda solo i primi giorni, ma si irradia per tutto il tempo che il bambino vive fra famiglia e nido.

Un'accoglienza senza distacco

I genitori devono sentire che ci si occupa di loro, oltre che del bambino

I nidi in questi anni hanno fatto tesoro della delicatezza. L’ingresso al nido deve essere fatto gradualmente, per dare tempo al bambino di “inserirsi”.
 
 Oggi gli educatori usano il termine ambientamento: il bambino si fa protag

I nidi in questi anni hanno fatto tesoro della delicatezza. L’ingresso al nido deve essere fatto gradualmente, per dare tempo al bambino di “inserirsi”.Oggi gli educatori usano il termine ambientamento: il bambino si fa protagonista attivo del suo ingresso e gli adulti hanno il compito di facilitare con delicatezza il passaggio da casa al nido e viceversa.L’aggettivo “delicato” deve diventare l’emblema del nido. I primi contatti con i genitori ne segnalano la presenza, si fa vedere il nido, si mostrano ambienti e materiali, si spiega come è organizzato… Sono tutte azioni importanti. Da sole però potrebbero dare l’impressione che tutto sia già organizzato e fissato, predisposto, che la funzione delle famiglie sia quella di sentirsi soddisfatte e tranquille perché “ci pensano gli educatori”.Invece, un’accoglienza delicata è aiutare le famiglie a capire questo luogo non conosciuto, a conoscere chi lo abita. Ambientarsi in modo delicato implica che ci sia uno scambio reciproco, richiede dialogo, necessita capacità di ascolto. Occorre certo far conoscere e tranquillizzare, ma è necessario anche “entrare” nei pensieri, nelle attese, nelle ansie di chi lascia i bambini.

Il mestiere di educatore ha molte sfaccettature. Chi non lo conosce ha difficoltà a rendersi conto della complessità del lavoro con i bambini e con le loro famiglie. Pensa soprattutto al visibile: gli ambienti esteticamente curati, i materiali e le attrezzature adatte alle varie età, la cura dei momenti di vita quotidiana, dal mangiare, al dormire, dal giocare in giardino, al bagno. E vede che ci sono persone, con ruoli diversi, che predispongono le stanze, le puliscono, fanno da mangiare… Se poi l’osservatore è “del mestiere” intuisce che, dietro tutto quello che si vede, c’è un grande lavoro. Un nido ha anche una sua vita nascosta, che non è data dalle cose pienamente visibili, che possiamo chiamare il metodo di lavoro. Le scelte didattiche e le modalità di relazione hanno bisogno di metodi che corrispondano alle idee di accoglienza e di arricchimento reciproco. Metodologie attive e laboratoriali, lavoro in team fra adulti, riflessione continua, relazioni aperte e fiduciose, coerenza fra ciò che si afferma e come si agisce. Sono queste alcune delle idee che dovrebbero guidare un’accoglienza consapevole.

L’accoglienza è nello sforzo che ogni persona mette nel vivere il proprio “mestiere” con impegno riflessivo e consapevole

I nidi in questi anni hanno fatto tesoro della delicatezza. L’ingresso al nido deve essere fatto gradualmente, per dare tempo al bambino di “inserirsi”. Oggi gli educatori usano il termine ambientamento: il bambino si fa protagonista attivo del suo ingresso e gli adulti hanno il compito di facilitare con delicatezza il passaggio da casa al nido e viceversa. L’aggettivo “delicato” deve diventare l’emblema del nido. I primi contatti con i genitori ne segnalano la presenza, si fa vedere il nido, si mostrano ambienti e materiali, si spiega come è organizzato… Sono&nbsp;tutte azioni importanti. Da sole però potrebbero dare l’impressione che tutto sia già organizzato e fissato, predisposto, che la funzione delle famiglie sia quella di sentirsi soddisfatte e tranquille perché “ci pensano gli educatori”. Invece, un’accoglienza delicata è aiutare le famiglie a capire questo luogo non conosciuto, a conoscere chi lo abita. Ambientarsi in modo delicato implica che ci sia uno scambio reciproco, richiede dialogo, necessita capacità di ascolto. Occorre certo far conoscere e tranquillizzare, ma è necessario anche “entrare” nei pensieri, nelle attese, nelle ansie di chi lascia i bambini.

Una accoglienza consapevole

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