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pedagogicamente

Attività in natura: Sezione D, Scuola d’infanzia Gobetti, Collegno (TO).

Attività in natura: Sezione D, Scuola d’infanzia Gobetti, Collegno (TO).

L’incontro, la relazione creata, lo scambio di esperienze è il nostro vero “capitale educativo”, ricco di saperi e modi di metterli in relazione

La cura come valore


 Nella relazione educativa quotidiana affiorano le immagini della cura che abbiamo. Alcune di queste immagini fanno parte di noi, del nostro essere p

La cura come valoreNella relazione educativa quotidiana affiorano le immagini della cura che abbiamo. Alcune di queste immagini fanno parte di noi, del nostro essere persone che la coltivano; altre, le costruiamo giorno per giorno, nell’esperienza con i bambini e nella comunità.Lo spirito della cura è qualcosa di sotteso e latente, che va reso concreto nella pratica educativa e che sarebbe bene esplicitare, se vogliamo costruire un progetto che si prenda cura dei bambini nella complessità di questo tempo. L’attenzione che diamo a ogni singolo spazio, al tempo, alle persone che “abitano” la scuola di cui facciamo parte, esprime e realizza un progetto pensato, che oltrepasserà il quotidiano, esponendo noi e gli altri verso un ideale.La cura come praticaLa nostra e altrui cura ha un valore formativo e nello stesso tempo riguarda la felicità. Coltivare le relazioni con i bambini, con le famiglie e le persone che sono con noi a scuola, riporre attenzioni verso gli spazi che allestiamo è una capacità che rispecchia la cura che abbiamo verso noi stessi: il nostro tempo libero, il nostro pensiero, la bellezza e i luoghi in cui abitiamo. La cura riguarda l’identità di ciascuno e quello che diciamo e che condividiamo, si trasforma in un fare che è un co-costruire insieme.Curare che cosa?Le “cure”, di cui parlavano le Indicazioni Nazionali del 2012, ritornano oggi rinnovate: “L’organizzazione degli spazi e dei tempi diventa elemento di qualità pedagogica”; “Il tempo disteso consente al bambino di vivere con serenità la propria giornata […]”, si parla, quindi, di regolazione dei ritmi delle attività e di accoglienza dei tempi di ciascuno.Curare il “tempo disteso”, accordarsi al proprio ritmo è questione attuale riferita a tutti. Riscoprire un tempo lento, più naturale e vicino, non riguarda solo l’educazione dei bambini, ma anche la nostra stessa umanità.Nella cura del tempo è essenziale il contatto con la natura, che va riscoperto e coltivato, portando questa esperienza quotidiana di naturalezza nei ritmi di tutti i bambini. Un’autentica alfabetizzazione ecologica, che non coinvolge solo l’educazione, ma soprattutto la nostra formazione come educatori e persone consapevoli dell’impatto, che ogni nostro gesto ha sulla vita del pianeta. A partire, per esempio, dai materiali che usiamo a scuola, da riprendere in mano con forza, immaginando un diverso paradigma educativo ed esistenziale.Fondamentale è curare il dialogo e la capacità di attuarlo attraverso l’espressione con più linguaggi, i quali rigenerano la nostra capacità di pensare creativamente.Curare il fare rete per educare con il “villaggio”, avvicinandoci al “prossimo tuo”, come idea che va oltre il significato evangelico, per abbracciare ciò che ci avvicina, piuttosto che, ciò che ci allontana.Stare insieme a “tutti i costi” I bambini sono straordinari e ci hanno stupito per come hanno saputo riconoscere l’essenziale; ci hanno meravigliati per quello che sono riusciti a mettere in gioco nel comunicare e riconoscerci. Un’insegnante mi ha detto: “i bambini si sono fatti bastare gli occhi”. I nostri occhi dietro alle mascherine, che hanno complicato il nostro “tradizionale” modo di comunicare, sono diventati, volano per comprenderci più profondamente. Lo “scomparire” di una parte del volto, ha fatto spazio a molto altro: al corpo e al movimento, alle emozioni espresse, alla cura dei dettagli. Ecco che si sono sviluppate nuove sensibilità e capacità: gli scambi, nel comunicare si sono arricchiti di nuove sfumature e forme facilitanti, come l’incontro in un ritmo di voce, di mani, di piedi e postura, ogni gesto è diventato frase.Abbiamo capito che trovare tante vie che ci rendano uniti e più umani è fondamentale come essere riconoscenti del valore che hanno le altre persone. Ognuno ha un suo ruolo e importanza. Così pure i bambini, ognuno ha un ruolo nel gruppo, che svolge e che è giusto che svolga. Ecco che, tutto questo si ricollega con il concetto di ecologia e di biodiversità: la diversità a scuola è un valore, nei gruppi dei bambini, tra gli insegnanti, tra le famiglie; agire per “uniformare” è sbagliato, occorre costruire insieme con quello che abbiamo.Camminare “attraverso”Non possiamo ancora parlare di “scuola dopo il coronavirus” e, dato che non ce ne siamo ancora allontanati abbastanza, non è facile valutare vissuti ed “esiti” di un’esperienza ancora in atto. Sicuramente, abbiamo avuto la grande opportunità di sperimentare e riflettere sulle immagini della cura, su quali siano le buone pratiche che dovremmo “traghettare” nel futuro.Forse non è una questione di “essere dentro” o “essere fuori” dall’emergenza, ma di un cammino “attraverso” ilcoronavirus. Un cammino attento e consapevole, nel quale si tracciano più strade possibili e per il quale ci sono “mappe”, dentro le quali c’è un pensiero, un’idea forte o meglio, pensieri e finalità che vanno a disegnarne altre, in cui ricomporre esperienze dolorose e felici, scoperte e conoscenze che riguardano questo cammino.Se è vero che, come afferma Calvino, “il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi”, anche la scuola con le sue fragilità e forze cammina in uno scenario che cambia.Bisogna essere pronti e non impauriti e allora si ritorna alla cura: quella per la nostra formazione.

La cura come valoreNella relazione educativa quotidiana affiorano le immagini della cura che abbiamo. Alcune di queste immagini fanno parte di noi, del nostro essere persone che la coltivano; altre, le costruiamo giorno per giorno, nell’esperienza con i bambini e nella comunità.Lo spirito della cura è qualcosa di sotteso e latente, che va reso concreto nella pratica educativa e che sarebbe bene esplicitare, se vogliamo costruire un progetto che si prenda cura dei bambini nella complessità di questo tempo. L’attenzione che diamo a ogni singolo spazio, al tempo, alle persone che “abitano” la scuola di cui facciamo parte, esprime e realizza un progetto pensato, che oltrepasserà il quotidiano, esponendo noi e gli altri verso un ideale. La cura come praticaLa nostra e altrui cura ha un valore formativo e nello stesso tempo riguarda la felicità. Coltivare le relazioni con i bambini, con le famiglie e le persone che sono con noi a scuola, riporre attenzioni verso gli spazi che allestiamo è una capacità che rispecchia la cura che abbiamo verso noi stessi: il nostro tempo libero, il nostro pensiero, la bellezza e i luoghi in cui abitiamo.&nbsp;La cura riguarda l’identità di ciascuno e quello che diciamo e che condividiamo, si trasforma in un fare che è un co-costruire insieme. Curare che cosa?Le “cure”, di cui parlavano le Indicazioni Nazionali del 2012, ritornano oggi rinnovate: “L’organizzazione degli spazi e dei tempi diventa elemento di qualità pedagogica”; “Il tempo disteso consente al bambino di vivere con serenità la propria giornata […]”, si parla, quindi, di regolazione dei ritmi delle attività e di accoglienza dei tempi di ciascuno.<ul><li style="text-align: justify;">Curare il “tempo disteso”, accordarsi al proprio ritmo è questione attuale riferita a tutti. Riscoprire un tempo lento, più naturale e vicino, non riguarda solo l’educazione dei bambini, ma anche la nostra stessa umanità.</li><li style="text-align: justify;">Nella cura del tempo è essenziale il contatto con la natura, che va riscoperto e coltivato, portando questa esperienza quotidiana di naturalezza nei ritmi di tutti i bambini. Un’autentica alfabetizzazione ecologica, che non coinvolge solo l’educazione, ma soprattutto la nostra formazione come educatori e persone consapevoli dell’impatto, che ogni nostro gesto ha sulla vita del pianeta. A partire, per esempio, dai materiali che usiamo a scuola, da riprendere in mano con forza, immaginando un diverso paradigma educativo ed esistenziale.</li><li style="text-align: justify;">Fondamentale è curare il dialogo e la capacità di attuarlo attraverso l’espressione con più linguaggi, i quali rigenerano la nostra capacità di pensare creativamente.</li><li style="text-align: justify;">Curare il fare rete per educare con il “villaggio”, avvicinandoci al “prossimo tuo”, come idea che va oltre il significato evangelico, per abbracciare ciò che ci avvicina, piuttosto che, ciò che ci allontana.</li></ul><img filer_id="233481" src="/d/filer/sharing/1620983346/233481/" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" style="height: 600px; width: 600px;" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1620983346/233481/"> Stare insieme a “tutti i costi”&nbsp;I bambini sono straordinari e ci hanno stupito per come hanno saputo riconoscere l’essenziale; ci hanno meravigliati per quello che sono riusciti a mettere in gioco nel comunicare e riconoscerci.&nbsp;Un’insegnante mi ha detto: “i bambini si sono fatti bastare gli occhi”. I nostri occhi dietro alle mascherine, che hanno complicato il nostro “tradizionale” modo di comunicare, sono diventati, volano per comprenderci più profondamente.&nbsp;Lo “scomparire” di una parte del volto, ha fatto spazio a molto altro: al corpo e al movimento, alle emozioni espresse, alla cura dei dettagli. Ecco che si sono sviluppate nuove sensibilità e capacità: gli scambi, nel comunicare si sono arricchiti di nuove sfumature e forme facilitanti, come l’incontro in un ritmo di voce, di mani, di piedi e postura, ogni gesto è diventato frase.Abbiamo capito che trovare tante vie che ci rendano uniti e più umani è fondamentale come essere riconoscenti del valore che hanno le altre persone. Ognuno ha un suo ruolo e importanza. Così pure i bambini, ognuno ha un ruolo nel gruppo, che svolge e che è giusto che svolga.&nbsp;Ecco che, tutto questo si ricollega con il concetto di ecologia e di biodiversità: la diversità a scuola è un valore, nei gruppi dei bambini, tra gli insegnanti, tra le famiglie; agire per “uniformare” è sbagliato, occorre costruire insieme con quello che abbiamo. Camminare “attraverso”Non possiamo ancora parlare di “scuola dopo il coronavirus” e, dato che non ce ne siamo ancora allontanati abbastanza, non è facile valutare vissuti ed “esiti” di un’esperienza ancora in atto. Sicuramente, abbiamo avuto la grande opportunità di sperimentare e riflettere sulle immagini della cura, su quali siano le buone pratiche che dovremmo “traghettare” nel futuro.Forse non è una questione di “essere dentro” o “essere fuori” dall’emergenza, ma di un cammino “attraverso” il coronavirus. Un cammino attento e consapevole, nel quale si tracciano più strade possibili e per il quale ci sono “mappe”, dentro le quali c’è un pensiero, un’idea forte o meglio, pensieri e finalità che vanno a disegnarne altre, in cui ricomporre esperienze dolorose e felici, scoperte e conoscenze che riguardano questo cammino.Se è vero che, come afferma Calvino, “il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi”, anche la scuola con le sue fragilità e forze cammina in uno scenario che cambia.Bisogna essere pronti e non impauriti e allora si ritorna alla cura: quella per la nostra formazione.

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