Buon anno scolastico!

Una festa di rime intrecciate

Buon 2012 alla nostra buona scuola

Fare Teatro a scuola

Il tempo a scuola

In attesa del Natale

È Natale

Tu hai fondato l’Istituto di pratiche teatrali per la cura della persona. Di che cosa si tratta?L'istituto di pratiche teatrali per la cura della persona è nato quasi 4 anni da un’insofferenza nei confronti del ruolo spettacolare e di intrattenimento del teatro.Mi occupo di teatro da 50 anni (ho iniziato a 14 anni) e ho sempre fatto spettacoli, ma nel corso del tempo le tecnologie ci hanno fornito mezzi per lo spettacolo e per l’intrattenimento, tipo Netflix, molto più efficaci del teatro.Già prima del lockdown ci rendevamo conto che, proprio in relazione alle nuove tecnologie, abbiamo bisogno di momenti, di luoghi di presenza: le nuove tecnologie ci permettono relazioni che prima non erano possibili, ma la relazione diretta, non mediata, quella ha un ruolo insostituibile perché io che parlo posso ascoltare chi mi ascolta. Questo significa che ascoltando chi mi ascolta il mio comportamento, la mia azione ne sono determinati. E questa relazione si può realizzare a teatro non certo su Netflix. Al tempo stesso il teatro deve rassegnarsi ad avere sempre meno un ruolo di intrattenimento e di spettacolo. Del resto nel Medioevo c'erano trovatori e giullari che giravano di corte in corte ed erano molto utili all'informazione: portavano le notizie da una corte all'altra. Poi è arrivato Gutenberg, la stampa, e il teatro non è più servito all'informazione. Ciò non vuol dire certo che il teatro sia morto, piuttosto che ha scoperto ruoli più “essenziali”. Il teatro di Epidauro stava dentro il tempio di Asclepio, il dio della medicina, ed era un reparto del più grande ospedale dell'antichità. A che cosa serviva quindi questo grande teatro dentro un ospedale? Serviva per la cura della persona, perché lì si svolgevano pratiche catartiche. Quindi la cura è un ruolo fondamentale originario del teatro. Io credo che proprio grazie al fatto che oggi c'è Netflix, il teatro può affrancarsi dal ruolo di intrattenimento, per dedicarsi alla cura della persona praticando la presenza: il teatro ha a che fare con l'ascolto degli altri, che implica ascolto di se stessi e quindi è chiaro che abbiamo bisogno proprio di altri tempi, forse di anche di altri luoghi per il teatro. Del resto i teatri greci sono molto diversi dai teatri all'italiana settecenteschi e ottocenteschi o dai teatri di epoca elisabettiana: ogni epoca ha, costruisce, determina una diversa forma per il teatro. C’è una studiosa americana Wendy Steiner che sostiene che per molti secoli la bellezza, l’arte, è rimasta ostaggio della forma. Il futuro dell’arte, dice la Steiner (e io sono d’accordo), è nell’interazione.&nbsp;Nei tuoi laboratori, anche con bambini e adolescenti, usi la pratica della “schiera”. In che cosa consiste?Si tratta di partire dall’imparare a camminare, intendo imparare a camminare consapevolmente.Camminare è il primo gesto, il gesto fondamentale che facciamo come esseri umani. Assumiamo la posizione eretta e a partire da questa posizione ci muoviamo… e questo lo facciamo senza grande consapevolezza, senza pensarci.&nbsp;Ricominciare a pensarci con il corpo è il primo momento di recupero della consapevolezza di sé e dell’altro da sé. La schiera si chiama anche “respiro comune” cioè respirare insieme agli altri. Quindi si parte dal camminare rendendosi conto di che cosa si sta facendo. Il lavoro è utilizzare soltanto i muscoli indispensabili, e lì ci si rende conto di quante tensioni si accumulano nel corso della vita. Allora quello che facciamo è allentare le tensioni per scoprire che si può stare in piedi utilizzando un decimo dei muscoli e della tensione muscolare che utilizziamo di solito.&nbsp;Poi lavoriamo su azione e reazione, cioè su che cosa accade quando si svolge un'azione intorno a noi. Quindi la schiera si sviluppa in stormo, si sviluppa in branco… e da lì nascono conflitti, interazioni fisiche.&nbsp;Questo percorso con i ragazzini piccoli è meraviglioso perché loro hanno un ricordo recente del giocare: attraverso la schiera andiamo alla scoperta, alla riscoperta delle funzioni fondamentali del teatro: il rito, il gioco, e la narrazione.So che in questo periodo stai montando video colloqui con adolescenti sulla Didattica a Distanza. Che cosa raccontano i ragazzi sulla DaD?Quello che mi stanno dicendo i ragazzi in tutti i video colloqui è che in DaD non riescono a concentrarsi, a casa davanti allo schermo si distraggono di più che in classe. Testimoniano che lo strumento digitale non rende presenti ma più assenti… Un mondo fatto solo di visione (parziale), e di ascolto, senza gusto, tatto, olfatto non è la stessa cosa che un incontro sensorialmente pieno.&nbsp;I ragazzi con cui parlo mi dicono tutti le stesse cose: hanno una consapevolezza straordinaria di questa mancanza di sensorialità e capiscono perfettamente che cosa significhi essere presenti. Non è la dimensione didattica che manca loro: quello che manca davvero è la dimensione sociale, è questa che va recuperata.&nbsp;Aprire i teatri, come ho proposto nel maggio scorso, non solo due ore al giorno per gli spettacoli, ma 24 ore al giorno, con tutte le cautele necessarie, consentirebbe in questo momento un necessario avvicinamento sociale, con la garanzia, naturalmente, del distanziamento sanitario. Per approfondire<a data-cke-saved-href="http://www.listituto.it" target="_blank" href="http://www.listituto.it">www.listituto.it</a><a data-cke-saved-href="https://www.teatroecritica.net/2020/05/gabriele-vacis-riaprire-i-teatri-e-tenerli-aperti-tutto-il-giorno/" href="https://www.teatroecritica.net/2020/05/gabriele-vacis-riaprire-i-teatri-e-tenerli-aperti-tutto-il-giorno/">www.teatroecritica.net/2020/05/gabriele-vacis-riaprire-i-teatri-e-tenerli-aperti-tutto-il-giorno/</a>

Tu hai fondato l’Istituto di pratiche teatrali per la cura della persona. Di che cosa si tratta?L'istituto di pratiche teatrali per la cura della persona è nato quasi 4 anni da un’insofferenza nei confronti del ruolo spettacolare e di intrattenimento del teatro.Mi occupo di teatro da 50 anni (ho iniziato a 14 anni) e ho sempre fatto spettacoli, ma nel corso del tempo le tecnologie ci hanno fornito mezzi per lo spettacolo e per l’intrattenimento, tipo Netflix, molto più efficaci del teatro.Già prima del lockdown ci rendevamo conto che, proprio in relazione alle nuove tecnologie, abbiamo bisogno di momenti, di luoghi di presenza: le nuove tecnologie ci permettono relazioni che prima non erano possibili, ma la relazione diretta, non mediata, quella ha un ruolo insostituibile perché io che parlo posso ascoltare chi mi ascolta. Questo significa che ascoltando chi mi ascolta il mio comportamento, la mia azione ne sono determinati. E questa relazione si può realizzare a teatro non certo su Netflix. Al tempo stesso il teatro deve rassegnarsi ad avere sempre meno un ruolo di intrattenimento e di spettacolo.Del resto nel Medioevo c'erano trovatori e giullari che giravano di corte in corte ed erano molto utili all'informazione: portavano le notizie da una corte all'altra. Poi è arrivato Gutenberg, la stampa, e il teatro non è più servito all'informazione.Ciò non vuol dire certo che il teatro sia morto, piuttosto che ha scoperto ruoli più “essenziali”. Il teatro di Epidauro stava dentro il tempio di Asclepio, il dio della medicina, ed era un reparto del più grande ospedale dell'antichità. A che cosa serviva quindi questo grande teatro dentro un ospedale? Serviva per la cura della persona, perché lì si svolgevano pratiche catartiche.Quindi la cura è un ruolo fondamentale originario del teatro. Io credo che proprio grazie al fatto che oggi c'è Netflix, il teatro può affrancarsi dal ruolo di intrattenimento, per dedicarsi alla cura della persona praticando la presenza: il teatro ha a che fare con l'ascolto degli altri, che implica ascolto di se stessi e quindi è chiaro che abbiamo bisogno proprio di altri tempi, forse di anche di altri luoghi per il teatro.Del resto i teatri greci sono molto diversi dai teatri all'italiana settecenteschi e ottocenteschi o dai teatri di epoca elisabettiana: ogni epoca ha, costruisce, determina una diversa forma per il teatro. C’è una studiosa americana Wendy Steiner che sostiene che per molti secoli la bellezza, l’arte, è rimasta ostaggio della forma. Il futuro dell’arte, dice la Steiner (e io sono d’accordo), è nell’interazione.&nbsp;Nei tuoi laboratori, anche con bambini e adolescenti, usi la pratica della “schiera”. In che cosa consiste?Si tratta di partire dall’imparare a camminare, intendo imparare a camminare consapevolmente.Camminare è il primo gesto, il gesto fondamentale che facciamo come esseri umani. Assumiamo la posizione eretta e a partire da questa posizione ci muoviamo… e questo lo facciamo senza grande consapevolezza, senza pensarci.&nbsp;Ricominciare a pensarci con il corpo è il primo momento di recupero della consapevolezza di sé e dell’altro da sé. La schiera si chiama anche “respiro comune” cioè respirare insieme agli altri. Quindi si parte dal camminare rendendosi conto di che cosa si sta facendo. Il lavoro è utilizzare soltanto i muscoli indispensabili, e lì ci si rende conto di quante tensioni si accumulano nel corso della vita. Allora quello che facciamo è allentare le tensioni per scoprire che si può stare in piedi utilizzando un decimo dei muscoli e della tensione muscolare che utilizziamo di solito.&nbsp;Poi lavoriamo su azione e reazione, cioè su che cosa accade quando si svolge un'azione intorno a noi. Quindi la schiera si sviluppa in stormo, si sviluppa in branco… e da lì nascono conflitti, interazioni fisiche.&nbsp;Questo percorso con i ragazzini piccoli è meraviglioso perché loro hanno un ricordo recente del giocare: attraverso la schiera andiamo alla scoperta, alla riscoperta delle funzioni fondamentali del teatro: il rito, il gioco, e la narrazione.So che in questo periodo stai montando video colloqui con adolescenti sulla Didattica a Distanza. Che cosa raccontano i ragazzi sulla DaD?Quello che mi stanno dicendo i ragazzi in tutti i video colloqui è che in DaD non riescono a concentrarsi, a casa davanti allo schermo si distraggono di più che in classe. Testimoniano che lo strumento digitale non rende presenti ma più assenti… Un mondo fatto solo di visione (parziale), e di ascolto, senza gusto, tatto, olfatto non è la stessa cosa che un incontro sensorialmente pieno.&nbsp;I ragazzi con cui parlo mi dicono tutti le stesse cose: hanno una consapevolezza straordinaria di questa mancanza di sensorialità e capiscono perfettamente che cosa significhi essere presenti. Non è la dimensione didattica che manca loro: quello che manca davvero è la dimensione sociale, è questa che va recuperata.&nbsp;Aprire i teatri, come ho proposto nel maggio scorso, non solo due ore al giorno per gli spettacoli, ma 24 ore al giorno, con tutte le cautele necessarie, consentirebbe in questo momento un necessario avvicinamento sociale, con la garanzia, naturalmente, del distanziamento sanitario. Per approfondire<a data-cke-saved-href="http://www.listituto.it" target="_blank" href="http://www.listituto.it">www.listituto.it</a><a data-cke-saved-href="https://www.teatroecritica.net/2020/05/gabriele-vacis-riaprire-i-teatri-e-tenerli-aperti-tutto-il-giorno/" href="https://www.teatroecritica.net/2020/05/gabriele-vacis-riaprire-i-teatri-e-tenerli-aperti-tutto-il-giorno/">www.teatroecritica.net/2020/05/gabriele-vacis-riaprire-i-teatri-e-tenerli-aperti-tutto-il-giorno/</a>Foto dal sito <a data-cke-saved-href="https://www.listituto.it/progetti/colloqui-damore" target="_blank" href="https://www.listituto.it/progetti/colloqui-damore">ISTITUTO</a>

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