Educare all'interezza

Burnout degli insegnanti: che cosa fare?

Il colloquio insegnante-genitore-allievo - "Pillole" per cominciare bene

Impariamo a rilassarci

Tutti insieme nel gruppo classe

Alleniamo la concentrazione

Relazioni a scuolaIn ambito scolastico è grazie a un dialogo e a un’interazione costante con bambini, colleghi e genitori che gli insegnanti danno forma alla propria pratica professionale, mettendo a punto contenuti e metodologie didattiche. Collaborazione, conversazione e interazione consentono infatti la generazione di nuove idee, nuove conoscenze, nuovi punti di vista (Sawyer, 2012) utili per l'intervento educativo. Si sa bene, infatti, che una classe di bambini richiede sguardi articolati, risposte differenti a seconda delle specificità di ogni allievo. Una professione piena di complessitàSe tutto questo sarebbe la prassi da coltivare nei contesti scolastici, le cose di fatto sono ben diverse: come mette in evidenza la ricerca psicologica, tanti docenti hanno costanti difficoltà relazionali e vivono da tempo con fatica il loro ruolo. Molti di loro hanno la percezione di essere sovraesposti a varie complessità, tanto che si parla di rischio burnout nella professione insegnante.I molteplici ruoli da ricoprire, quello di educatore, sostituto genitore e operatore nella relazione d'aiuto; &nbsp;le continue riforme ministeriali a cui star dietro; una retribuzione non soddisfacente che pesa sulla motivazione; l’innalzamento dell’obbligo formativo. Tutti questi elementi si sommano a un clima disfunzionale sul piano relazionale, fatto di incomprensioni tra colleghi e con i dirigenti, di alunni “difficili” con cui fare i conti, magari in aule sovraffollate.

Disegniamo insieme: Scuola dell’infanzia Villa Santa Maria, Castiglione delle Stiviere (MN)

Disegniamo insieme: Scuola dell’infanzia Villa Santa Maria, Castiglione delle Stiviere (MN)

Noi siamo “effetto della relazione con l'altro”, esitiamo solo attraverso l’altro con il quale siamo in una relazione di costante interdipendenza: nel momento in cui un “io” entra in contatto con un”tu”, come direbbe Buber (2014), si crea lo spazio della relazione che determina una reciproca trasformazione, in quell’incontro cambia qualcosa in me, in modo più o meno impercettibile, così come cambia qualcosa nell'altro.Nel nostro continuo divenire non possiamo predeterminare quello che nascerà e prenderà forma nell'interazione con gli altri, ma dobbiamo ogni volta affrontare in modo nuovo l’avventura del dialogo, dell’incontro, che avviene a partire dalla differenza reciproca.

Buber, M. (2014). Il principio dialogico e altri saggi. Cinisello Balsamo (MI): Edizioni San Paolo.Racamier, P.C., Taccani, S. (2018).&nbsp;La crisi necessaria. Il lavoro incerto. Milano: FrancoAngeli. Sawyer, K. (2012). La forza del gruppo. Firenze: Giunti.

L’emergenza sanitariaIn questo clima relazionale già&nbsp;faticoso per tanti insegnanti, si è innestata la crisi legata all’emergenza sanitaria che ha radicalmente modificato le condizioni per coltivare la relazione, lo scambio comunicativo, l’ascolto reciproco. Come è noto, per far fronte ai lockdown, gli insegnanti hanno dovuto misurarsi con un mondo della tecnologia ancora inesplorato, per dar vita a forme di didattica a distanza (DAD) con cui dialogare con colleghi e famiglie e continuare a seguire gli allievi. Queste nuove modalità didattiche hanno alterato il consueto modo dei docenti di stare in relazione agli attori del processo educativo:<ul><li style="text-align: justify;">sono “entrati” nelle case dei bambini, violandone, loro malgrado, la privacy;</li><li style="text-align: justify;">hanno affidato impegnativi ruoli di mediazione educativa a genitori e parenti vari, soprattutto in presenza di bambini piccoli.</li></ul>Gli insegnanti hanno scelto insomma strade impervie, scoscese, ignote. La mancanza di confrontoIn queste complessa congiuntura le possibilità di un confronto tra colleghi, di un sostegno reciproco durante l’orario scolastico sono venute meno e in molti casi si è rivelato poco agevole incontrarsi in altri momenti.Inoltre, l’inserimento di personale precario e l’immissione di giovani insegnanti, ha determinato la ricerca nei gruppi di lavoro di nuovi equilibri relazionali: il passaggio di consegne non sempre è stato agevole e tanti insegnanti hanno testimoniato la fatica, il disagio, il malessere per questa difficile e inconsueta situazione di crisi.In molti casi le relazioni che erano già difficili tra colleghi e con i dirigenti si sono cristallizzate, diventando ancora più disfunzionali. Che cosa fare?Il termine “crisi” viene dal greco κρίσις, che significa “scelta, decisione” e deriva da κρίνω, “distinguere, giudicare”. Come per ogni crisi allora varrebbe la pena di scegliere di riconfigurare l’esistente, trovando un modo nuovo di relazionarsi al proprio mestiere.Il primo passo sarebbe una migliore pratica di ascolto degli altri, ma prima di tutto anche di se stessi. Ascoltarsi vuol dire accorgersi di quali emozioni e sensazioni si provano, per poterne tener conto nello scambio comunicativo esprimendole, parlando di se e dell’effetto che ci fa la risposta dell’altro (“mi dispiace che tu non sia d’accordo con questo progetto; ho la sensazione che non mi ascolti e ogni volta vanifichi le mie proposte; oggi provo una grande stanchezza per queste nostre incomprensioni; non ne posso piu di questa situazione”; ma anche “sono felice che la pensi come me”; “lavorare con te e entusiasmante” ecc.).Se comunichiamo all’altra persona quello che sentiamo in relazione a lei, le offriamo la possibilità di scambiare con noi i suoi stati interni in una sorta di circolo ermeneutico che ci può permettere di generare insieme delle sintesi utili per entrambi: “Se quando tu mi ostacoli nella mia proposta, io rispondo rifiutando di ascoltarti e stiamo entrambi male, che cosa potremmo fare per migliorare il nostro modo di comunicare?”.Questi eventi di crisi, difficili per tutti, potrebbero diventare un’occasione per ripensare le relazioni intersoggettive, ma, a questo punto, anche la scuola nei suoi spazi, nei suoi tempi, nei suoi modi e magari anche nel suo mandato, passando proprio attraverso l’incontro relazionale, coltivandolo con ostinazione, perché man mano, con il contributo di tutti possa diventare come un giardino fiorito.

Noi siamo “effetto della relazione con l'altro”, esitiamo solo attraverso l’altro con il quale siamo in una relazione di costante interdipendenza: nel momento in cui un “io” entra in contatto con un”tu”, come direbbe Buber (2014), si crea lo spazio della relazione che determina una reciproca trasformazione, in quell’incontro cambia qualcosa in me, in modo più o meno impercettibile, così come cambia qualcosa nell'altro.Nel nostro continuo divenire non possiamo predeterminare quello che nascerà e prenderà forma nell'interazione con gli altri, ma dobbiamo ogni volta affrontare in modo nuovo l’avventura del dialogo, dell’incontro, che avviene a partire dalla differenza reciproca.

“Potremmo dire che diventiamo noi stessi attraverso gli altri” (Lev S. Vygotskij)

Nuovi modi di stare in relazione

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