Condivisione, obiettivi e materiali nel Consiglio di classe

Le cinque cose che ho imparato

Io sono Nada e vivo in Marocco

Ripensiamo l'accoglienza

Serve dunque una fase di accoglienza dei docenti per organizzare insieme il rito della ripartenza, per trasformare i modi di fare scuola nella didattica, negli spazi, nelle relazioni, nei linguaggi. A proposito di spazi, la scuola, in certi casi, funzionerà “a fisarmonica” e dilaterà le sue pareti fino a comprendere luoghi esterni.

Per poter accogliere i bambini e i ragazzi in questo momento ancora incerto, anche gli adulti hanno bisogno di “essere accolti”. Devono condividere domande e racconti, sentirsi parte di un progetto e di un gruppo di lavoro che agisce in un contesto mutato, in una casa che ha cambiato mappe e ripensa al suo orizzonte. Non si può accogliere se chi accoglie&nbsp;non si sente a casa, se non conosce e condivide le scelte, il contesto educativo, il territorio intorno, i vincoli e le opportunità che rappresentano lo scenario del nuovo apprendimento. La scuola non è un’isola, sta dentro una comunità e gli insegnanti devono scambiare e fare proprie le informazioni che riguardano il contesto, i cambiamenti intervenuti nel tempo, i volti e le storie dei bambini e dei ragazzi che la abitano. Una scuola multiculturale, in particolare, agisce in stretta collaborazione con il territorio, con i servizi e i progetti che si realizzano nei tempi e negli spazi extrascolastici. Stabilisce patti educativi di comunità mirati e fecondi. Solo in questo modo può dare accoglienza e risposta ai bisogni e alle domande di bambini, ragazzi e famiglie che chiedono orientamento, aiuto allo studio, occasioni di aggregazione, mediazione linguistica. Per fare questo, una proposta utile e aperta è quella di mappare il territorio e le sue risorse. E di farlo insieme, condividendo le informazioni e aggiornandole nel tempo. Ecco una traccia/proposta, sperimentata nell’ambito del progetto Scambiamo e realizzata dal Centro COME di Milano, che sollecita la collaborazione e lo sguardo all’esterno per un’accoglienza efficace e attenta a ciascuno (<a data-cke-saved-href="http://www.centrocome.it/" target="_blank" href="http://www.centrocome.it/">www.centrocome.it</a>).<img filer_id="234364" data-cke-saved-src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/10/d6/10d65190-f25b-4cf7-bb14-797e18f604c7/mappate_territorio_favaro.png__400x284_q85_subsampling-2.png" src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/10/d6/10d65190-f25b-4cf7-bb14-797e18f604c7/mappate_territorio_favaro.png__500x354_q85_subsampling-2.png" title="" align="" thumb_option="" original_image="true" width="500" height="354"> <img filer_id="234363" data-cke-saved-src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/20/e8/20e8d5fc-dc7c-4ed0-8b8e-c9a56ec34f7e/mappate_territorio_favaro_2.png__400x285_q85_subsampling-2.png" src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/20/e8/20e8d5fc-dc7c-4ed0-8b8e-c9a56ec34f7e/mappate_territorio_favaro_2.png__400x285_q85_subsampling-2.png" title="" align="" thumb_option="" original_image="true" width="500" height="355">

E il nuovo viaggio in una scuola rigenerata non può che iniziare dai bambini e dai ragazzi, dai loro vissuti, esperienze, desideri. Quale scuola vorrebbero? Quale scuola hanno rimpianto nel tempo della distanza e sperano di trovare nel tempo della riapertura? In una scuola di Milano, è stato chiesto ai bambini e ai ragazzi durante il lockdown di marzo di completare la frase Vogliamo una scuola che... Ne è nato un Manifesto cheraccoglie i loro pensieri e le proposte, intreccia i bisogni (essere in presenza, avere del buon cibo) con i desideri (essere vicino al mare; avere un giardino con dei tavoli per disegnare e dei giochi). Emerge l’idea di una scuola che sconfina negli spazi ed esce dalle aule (... si sparga per strada; viaggi per il mondo; offra degli spazi per giocare...) e si dilata anche nel tempo (... pensi al futuro; ci permetta di fare una lezione di notte...). È una scuola/casa dove ci si sente a proprio agio perché: è tutta variopinta; ospita i nostri animali domestici; ci offre del buon cibo; ha l’erba per potersi sdraiare all’intervallo...&nbsp;Ma emerge in maniera chiara anche l’immagine di una scuola/mondo che include e fa esercizi quotidiani di convivenza: ... che non escluda nessuno; ci faccia riflettere sulla vita; urli alle ingiustizie; ci aiuti a capire il mondo; sia attenta al cambiamento climatico; ci insegni tante lingue... I bambini pensano grande (come ha scritto Franco Lorenzoni) e nei loro desideri vi è una scuola inclusiva, equa, che fa uguaglianza, plurilingue, attenta alle questioni dell’ambiente, del vivere insieme, della con-cittadinanza.

In questo modo, si attivano l’attenzione – anche ricorrendo a strumenti e canali diversi – la cooperazione e la responsabilità di ciascuno. Accogliere vuol dire partire da qui: dai vuoti e dalle perdite, dai timori e dalle fatiche, dalle conquiste e dalle scoperte. E vuol dire creare davvero le condizioni per non lasciare indietro nessuno, per non escludere i più fragili da un cammino di apprendimento che chiede riparazioni, idee innovative, proposte inclusive.

La scuola&nbsp;“diffusa”

La regola dei&nbsp;“tre terzi”

Il nuovo anno sarà un tempo di rigenerazione, un cammino nuovo che tiene conto delle tappe faticose nel frattempo sperimentate, delle consapevolezze acquisite, delle distanze che si sono prodotte, ma anche delle condivisioni e alleanze che si sono sedimentate. Pensare che possa tornare tutto come prima, che non siano necessari pensieri, attenzioni, patti educativi più saldi ed efficaci è una forma di “negazionismo pedagogico”. Il rito del nuovo inizio quest’anno ha un valore più denso e un’importanza centrale. Si devono ricucire tempi interrotti, riparare assenze e vuoti e, nello stesso tempo, guardare avanti, fare spazio ai racconti e alle emozioni che ciascuno ha vissuto, ritessere i legami di gruppo e di appartenenza.

Una mappa per agire insieme

Il nuovo anno sarà un tempo di rigenerazione, un cammino nuovo che tiene conto delle tappe faticose nel frattempo sperimentate, delle consapevolezze acquisite, delle distanze che si sono prodotte, ma anche delle condivisioni

Il nuovo anno sarà un tempo di rigenerazione, un cammino nuovo che tiene conto delle tappe faticose nel frattempo sperimentate, delle consapevolezze acquisite, delle distanze che si sono prodotte, ma anche delle condivisioni e alleanze che si sono sedimentate.Pensare che possa tornare tutto come prima, che non siano necessari pensieri, attenzioni, patti educativi più saldi ed efficaci è una forma di “negazionismo pedagogico”. Il rito del nuovo inizio quest’anno ha un valore più denso e un’importanza centrale. Si devono ricucire tempi interrotti, riparare assenze e vuoti e, nello stesso tempo, guardare avanti, fare spazio ai racconti e alle emozioni che ciascuno ha vissuto, ritessere i legami di gruppo e di appartenenza.

Intrecciare i bisogni con i desideri ci sollecita, da un lato, a dare risposta alle domande e, dall’altro, a ricercare, pensare altrimenti, sperimentare

La scuola “diffusa” potrà occupare anche spazi all’aperto e abitare luoghi altri che richiedono attenzioni e posture differenti in un delicato equilibrio fra distanza e vicinanza. Serve anche una nuova bussola dei tempi da condividere con i colleghi e con gli alunni. Scanditi da regole e calendari che possono essere in parte mutati e rivisti, il tempo/scuola modifica necessariamente anche i modi dell’apprendere, che si fanno più concentrati e compressi, o viceversa, più dilatati.&nbsp; Il cambiamento dei tempi produce un “capovolgimento” cambiando le direzioni e i metodi dell’apprendimento, la distribuzione dei contenuti e delle attività. La scuola diventa così più essenziale e ripensa i tempi e il peso delle modalità di insegnare/apprendere e può ripensarsi richiamandosi alla regola dei tre terzi: <ul><li style="text-align: justify;">un terzo dedicato alle lezioni dell’insegnante </li><li style="text-align: justify;">un terzo al lavoro di gruppo </li><li style="text-align: justify;">un terzo al lavoro individuale.</li></ul>

“Vogliamo una scuola che...”

Per non lasciare indietro nessuno

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