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Lo studente strategico

La decima caratteristica ci ricorda che lo studente diventa strategico perché sostenuto dal contesto. La famiglia è davvero importante ed è un peccato che non sempre sia sensibilizzata nel modo giusto e sia spesso la prima a insistere perché il bambino si sforzi per prendere bei voti, piuttosto che per imparare, e che questo sforzo sia insistito e ripetitivo, piuttosto che strategico. Ma anche la scuola ha un ruolo importante.

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Proprio per questo noi abbiamo suggerito di inserire nei libri di testo degli spunti espliciti alla possibilità di usare delle strategie. Il bambino può fare in questo modo mente locale a questa opportunità. 
Compito dell&rsquo;insegnante, a nostro modo di vedere, non è però quello di richiedere in modo perentorio di usare una determinata strategia, ma è quello di proporre tante modalità di studio in modo che gli alunni possano scegliere. 
C&rsquo;è capitato di osservare un bambino che seguiva un complesso percorso strategico, con divisione delle fasi, stesura di schemi ecc., che &ndash; secondo il libro di testo e l&rsquo;insegnante &ndash; lo avrebbero dovuto portare a una fase finale in cui avrebbe potuto rispon- dere correttamente a una serie di quesiti, per poi scoprire interdetti che il bambino aveva già risposto ai quesiti prima di seguire il percorso obbligatorio richiesto, fonte quindi di noia, disagio e senso di inutilità. 
Siamo consapevoli che non sempre è facile giocare con la molla motivazionale degli alunni e che qualche volta bisogna insistere sulla necessità di uno sforzo. Non vorremmo però che l&rsquo;insegnante insistesse sulla quantità, piuttosto che sulla qualità della elaborazione. C&rsquo;è infatti il rischio di dare false indicazioni confusive che insistono sulla quantità (leggere tre volte, ripetere allo sfinimento) che ovviamente producono degli effetti, ma inducono a pensare che lo studio sia essenzialmente questione di sforzo, piuttosto che di qualità strategica dell&rsquo;elaborazione. La quantità può anche essere importante, soprattutto se bisogna imparare mnemonicamente certe specifiche informazioni, ma normalmente è cognitivamente inutile, motivazionalmente dannosa.

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L&rsquo;insegnante metacognitivo

A ognuno la sua strategia

Spunti per usare le strategie

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	<li>Conosce molte strategie</li>
	<li>Capisce quando sono importanti </li>
	<li>Sceglie con oculatezza quelle che gli servono</li>
	<li>È intrinsecamente motivato</li>
	<li>Crede di poter migliorare la sua mente </li>
	<li>Non teme l&rsquo;insuccesso</li>
	<li>Affronta le prove come occasione per imparare</li>
	<li>Crede nell&rsquo;impegnoattentamente organizzato</li>
	<li>
	Rispetta le diversità delle menti
	</li>
	<li>
	È sostenuto da scuola e famiglia.
	</li>
</ol>

Ecco come una bambina di terza ha scoperto il metodo di studio. 
Era a fare i compiti (e giocare) con l&rsquo;amichetta del cuore e l&rsquo;insegnante aveva assegnato (senza spiegarlo) lo studio di un argomento di Storia: una paginetta con delle belle illustrazioni. La bimba lo aveva letto ad alta voce all&rsquo;amica, convinta che questo fosse sufficiente per impararlo. Con grande stupore (e anche con un po&rsquo; di sgomento) la bambina e la sua amica scoprirono il giorno dopo a scuola che non lo avevano imparato affatto. Eppure quando l&rsquo;insegnante spiegava le restava in mente tutto! E qui la bambina l&rsquo;aveva letto a voce alta! L&rsquo;aveva articolato con la bocca, le era entrato per le orecchie! Ma non c&rsquo;era più! 
Quel giorno le due bambine impararono che non basta la lettura di un testo per essere sicuri di poter ricordare. Bisogna compiere uno sforzo attivo di memorizzazione e le strategie possono essere di aiuto.

Noi pensiamo che per rendere l&rsquo;alunno metacognitivo ci vuole anche un insegnante metacognitivo. L&rsquo;insegnante deve evitare di lasciarsi andare alla routine, oppure di insistere sui contenuti trascurando il fatto che questi contenuti devono essere assimilati dai bambini nei modi più funzionali alle caratteristiche delle loro menti. 
È difficile compiere indagini sistematiche sui comportamenti degli insegnanti in classe, ma alcune osservazioni rilevano che il riferimento esplicito degli insegnanti alle strategie è raro. Questo è un peccato, perché le strategie si interiorizzano quando se ne sente parlare o quando si vedono gli altri usarle.

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È incredibile osservare la facilità con cui i bambini imparino cose nuove. Essi sono aiutati dalla semplicità e dalla possibilità di interpretare le cose in modo dicotomico, vedere nero o bianco. In questi casi assimilano come spugne. Quando però l&rsquo;argomento è complesso e le questioni si articolano, l&rsquo;apprendimento non è così facile e automatico ed è necessario mettere in gioco uno sforzo attivo di studio.

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Il metodo di studio

Quando l&rsquo;argomento è complesso le strategie possono essere di aiuto

Le strategie di studio rappresentano attività della mente, caratterizzate da una sequenza ben definita di operazioni attraverso cui il bambino passa dalla semplice esposizione a un materiale a uno sforzo intenzionale per acquisirlo. In questo senso, qualsiasi attività deliberata e aggiuntiva rispetto all&rsquo;esposizione può essere considerata una strategia, anche quella insensata di accendersi la TV quando si inizia lo studio, ritenendo che in questo modo l&rsquo;attenzione viene mantenuta alta (giudizio d&rsquo;efficacia) o semplicemente perché viene voglia di fare così (uso effettivo). Generalmente, il bambino ha una discreta intuizione e esperienza sulle strategie da usare e quindi usa quelle che sono potenzialmente efficaci. 
Tuttavia non è detto che le strategie &ldquo;buone&rdquo; funzionino per tutti e per tutto allo stesso modo. 
Non funzionano per tutti, anche perché esistono differenze individuali in stili e preferenze. Per esempio alcuni bambini si trovano meglio con mappe e tabelle, altri con annotazioni, altri ancora con la ripetizione ad alta voce dei contenuti essenziali. 
Non funzionano per tutto, perché ogni materiale e ogni situazione presentano delle specificità. Per esempio ci sono materiali complessi o poco conosciuti che richiedono sistematicità, organizzazione e approfondimento, mentre ci sono materiali già sostanzialmente noti per i quali il bambino deve solo preoccuparsi di non lasciarsi sfuggire qualcosa di importante e di essere capace di esporre in modo coerente (sempre che sia richiesta una esposizione). 
Questi elementi di strategicità devono inquadrarsi in un atteggiamento metacognitivo funzionale, fortemente connotato sul piano emotivo-motivazionale. Il compito di studio è per certi versi innaturale, perché richiede di venir meno al nostro desiderio di imparare in maniera autodeterminata per compiere uno sforzo per conoscere cose che ci sono imposte, che magari &ldquo;vorremmo&rdquo; conoscere ma che ora ci viene detto che &ldquo;dobbiamo&rdquo; conoscere.

I classici studi dei primi psicologi metacognitivi ci hanno aiutato a capire in che misura un buon atteggiamento metacognitivo può sostenere il bambino. Per esempio, Pressley e Borkowski avevano delineato 10 caratteristiche dello studente strategico che ci sembrano ancora attuali. Eccole, sintetizzate:

<ul>
	<li><a href="https://www.giuntiscuola.it/" target="_blank">www.giuntiscuola.it</a>: nel sito Giunti Scuola si possono trovare materiali che sviluppano quanto abbiamo qui scritto, come per esempio: <a href="https://www.giuntiscuola.it/articoli/strategie-di-apprendimento-e-testi-di-studio" target="_blank">www.giuntiscuola.it/articoli/strategie-di-apprendimento-e-testi-di-studio</a></li>
	<li><a href="http://www.airipa.it" target="_blank">www.airipa.it</a>: sito dell&rsquo;Associazione Italiana per la Ricerca e l&rsquo;Intervento nella Psicopatologia dell&rsquo;Apprendimento.</li>
</ul>

In rete si possono trovare altri suggerimenti strategici. Alcuni di essi non corrispondono però a quanto suggeriamo in questo articolo, perché insistono su strategie precise o sulla ripetizione e sulla quantità dello sforzo.

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L’importanza delle strategie

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