Buon anno, scuola!

Cara scuola, buongiorno! 

Caro studente…

Alla scoperta di sogni ed emozioni

La Gioia di ricominciare

Rami per giocare e decorare

Buone pratiche per accogliere sempre&nbsp; • Ricevere ogni giorno i bambini come fossero una sorpresa: creare le condizioni per poterli accogliere uno per uno è una pratica che valorizza il riconoscimento di ognuno come persona; è importante porre attenzione al proprio modo di sorridere, al tono della voce, allo sguardo, alla propria postura. • Ogni mattina dedicare del tempo per: – vedere qualcosa di nuovo e metterlo in risalto, – osservare uno stato d’animo diverso e trovare il tempo per dargli ascolto, – costruire l’accoglienza personalizzata per dare risposta a quello che il bambino si aspetta e allo stesso tempo creare le condizioni per un’evoluzione. • La cesta dei fili di lana: prepariamo una cesta con gomitoli e fili di lana di colore diverso. Ognuno all’ingresso sceglie il filo del colore che vuole e, una volta entrato in sezione, disegna un oggetto e lo appende a un filo. Quando tutti i bambini sono arrivati possono darsi il buongiorno raccontando il perché hanno attaccato proprio quell’oggetto. Ogni giorno un pezzetto, ogni giorno un oggetto, alla fine dell’anno avremo un gomitolo che racconta la storia di ogni bambino&nbsp; in quell’anno educativo. Anche l’insegnante realizza il proprio filo, gli oggetti e le storie. • Favorire l’inatteso: con tempi e cadenze improvvisate l’insegnante può far trovare ai bambini un oggetto uguale per tutti nella cesta oppure uno diverso dall’altro a ciascuno di loro. L’inatteso può creare difficoltà e quindi va introdotto quando i bambini hanno sviluppato un buon rapporto di fiducia con l’insegnante, quando sono ben ambientati nella scuola e nel gruppo. Sia l’oggetto uguale per tutti che quello personalizzato deve essere scelto in modo da suscitare “desiderio” di fare e di rappresentarsi, come possibilità per i bambini di pensare “che bello!”&nbsp; &nbsp;

Il “linguaggio” dell’accoglienza&nbsp;Sentirsi bene nel contesto scolastico è un’esperienza di bellezza e accogliere ogni bambino impegnandosi a valorizzare la sua soggettività come ricchezza per il gruppo, è un modo per donare benessere. Non sono le parole che servono all’accoglienza, ma gli stati d’animo, la genuinità delle emozioni e degli affetti che provocano piacere, la voglia di esserci. Serve un linguaggio caldo che ha poco di convenzionale: per accogliere importa saper parlare la lingua del cuore, quella che aiuta a manifestare le emozioni e i sentimenti. Uno sguardo e un sorriso sono l’immagine di come ci sentiamo verso chi arriva. L’insegnante, attraverso lo sguardo, parla di sé al bambino che ha di fronte. E lo definisce, fin dal mattino, all’accoglienza. “Lo sguardo è il certificato di esistenza di chi guarda, non di chi è guardato. Fra tutti i mezzi di comunicazione nessuno è più forte e profondo dello sguardo, perché lo sguardo si stupisce, si commuove, è un giudizio e un esame, ama e odia, è l’espressione della condizione umana ed è, infine, l’immagine della nostra forza e vulnerabilità” (Oliviero Toscani).&nbsp; &nbsp; Far emergere la ricchezza dei bambini&nbsp;Ogni insegnante dovrebbe, come dice Winnicott riguardo alle madri, essere felice di avere dei bambini di cui prendersi cura. Con la cura che si fa accoglienza, diamo all’altro la possibilità di far emergere tutto il se stesso originario per introdurlo nel mondo delle relazioni. In questa prospettiva, l’accoglienza è l’atteggiamento che valorizza la soggettività di ogni bambino, ne determina la capacità di inserirsi e ambientarsi bene nel gruppo dei pari e con gli adulti, di trovare e sviluppare risorse per vivere con partecipazione e sicurezza il tempo della scuola oltre che le altre relazioni. Saper cercare la ricchezza di ogni bambino e farla venire a galla è la caratteristica professionale più importante di un’insegnante. L’ascolto è la caratteristica principale dell’accoglienza: la strada principale su cui far crescere la soggettività, dove ricercare i modi per valorizzare ogni espressione personale, dove ogni potenzialità può trasformarsi in capacità, abilità. Ascoltando, ogni insegnante riesce a trovare la più piccola luce che c’è in ogni bambino e a farla brillare per se stesso e per tutto il gruppo. &nbsp;

Il “linguaggio” dell’accoglienza


 Sentirsi bene nel contesto scolastico è un’esperienza di bellezza e accogliere ogni bambino impegnandosi a valorizzare la sua soggettività come ricchezza per il gruppo, è un modo per donare benessere. Non sono le parole che servono all’accoglienza, ma gli stati d’animo, la genuinità delle emozioni e degli affetti che provocano piacere, la voglia di esserci. Serve un linguaggio caldo che ha poco di convenzionale: per accogliere importa saper parlare la lingua del cuore, quella che aiuta a manifestare le emozioni e i sentimenti. Uno sguardo e un sorriso sono l’immagine di come ci sentiamo verso chi arriva.

Il “linguaggio” dell’accoglienza Sentirsi bene nel contesto scolastico è un’esperienza di bellezza e accogliere ogni bambino impegnandosi a valorizzare la sua soggettività come ricchezza per il gruppo, è un modo per donare benessere. Non sono le parole che servono all’accoglienza, ma gli stati d’animo, la genuinità delle emozioni e degli affetti che provocano piacere, la voglia di esserci. Serve un linguaggio caldo che ha poco di convenzionale: per accogliere importa saper parlare la lingua del cuore, quella che aiuta a manifestare le emozioni e i sentimenti. Uno sguardo e un sorriso sono l’immagine di come ci sentiamo verso chi arriva. L’insegnante, attraverso lo sguardo, parla di sé al bambino che ha di fronte. E lo definisce, fin dal mattino, all’accoglienza. “Lo sguardo è il certificato di esistenza di chi guarda, non di chi è guardato. Fra tutti i mezzi di comunicazione nessuno è più forte e profondo dello sguardo, perché lo sguardo si stupisce, si commuove, è un giudizio e un esame, ama e odia, è l’espressione della condizione umana ed è, infine, l’immagine della nostra forza e vulnerabilità” (Oliviero Toscani).   Far emergere la ricchezza dei bambini Ogni insegnante dovrebbe, come dice Winnicott riguardo alle madri, essere felice di avere dei bambini di cui prendersi cura. Con la cura che si fa accoglienza, diamo all’altro la possibilità di far emergere tutto il se stesso originario per introdurlo nel mondo delle relazioni. In questa prospettiva, l’accoglienza è l’atteggiamento che valorizza la soggettività di ogni bambino, ne determina la capacità di inserirsi e ambientarsi bene nel gruppo dei pari e con gli adulti, di trovare e sviluppare risorse per vivere con partecipazione e sicurezza il tempo della scuola oltre che le altre relazioni. Saper cercare la ricchezza di ogni bambino e farla venire a galla è la caratteristica professionale più importante di un’insegnante. L’ascolto è la caratteristica principale dell’accoglienza: la strada principale su cui far crescere la soggettività, dove ricercare i modi per valorizzare ogni espressione personale, dove ogni potenzialità può trasformarsi in capacità, abilità. Ascoltando, ogni insegnante riesce a trovare la più piccola luce che c’è in ogni bambino e a farla brillare per se stesso e per tutto il gruppo.  

L’accoglienza come esperienza del bello

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