Accoglienza a scuola e intercultura: buone pratiche per cominciare

Il compagno “accogliente”

Feste di primavera: è tempo di Mărţişor

Ripensiamo l'accoglienza

Alla scoperta di sogni ed emozioni

La Gioia di ricominciare

Dare parole alle coseIl primo passo del cammino di acquisizione della nuova lingua è quello di dare un nome alle cose. Come sollecitare i bambini a denominare gli oggetti, i giochi, gli animali, i colori, le cose intorno…?Una semplice attività in tre tappe, che si può fare usando le cose o le immagini, può creare le condizioni per immagazzinare il primo vocabolario in italiano:<ol><li>mostriamo un oggetto (o un’immagine), nominiamolo “questo è …” e invitiamo il bambino a ripetere il nome;</li><li>sollecitiamo il bambino ad associare nome e oggetto, noi diciamo il nome e invitiamo a indicare l’oggetto o l’immagine corrispondente;</li><li>chiediamo al bambino di dire il nome dell’oggetto che ha in precedenza ascoltato, ripetuto, riconosciuto: “Che cos’è questo?”. </li></ol>Naturalmente, le parole e gli oggetti vanno presentati in un numero ridotto e proposti all’interno di una situazione ludica e motivante di gioco, manipolazione, azione quotidiana (prepariamo la tavola, facciamo la spesa, ci prepariamo per uscire...).

Al momento dell’ingresso nella scuola dell’infanzia, di solito, i bambini non italofoni attraversano tre fasi.


 
 I fase
 
 –
 
 
 In un primo momento, alcuni provano a usare la loro lingua materna e a comunicare con gli adulti e con i compagni nell’idioma di casa, ma si rendono conto ben presto di non essere capiti.


 
 II fase
 
 –
 
 
 Subentra allora

Al momento dell’ingresso nella scuola dell’infanzia, di solito, i bambini non italofoni attraversano tre fasi.I fase – In un primo momento, alcuni provano a usare la loro lingua materna e a comunicare con gli adulti e con i compagni nell’idioma di casa, ma si rendono conto ben presto di non essere capiti.II fase – Subentra allora la fase del silenzio. In questa seconda tappa, i piccoli sono immersi ogni giorno nella nuova lingua sconosciuta, cercano di cogliere parole e significati, di “fare” e di “stare” seguendo l’esempio e la postura degli altri. Si destreggiano in un mondo sonoro, e non solo, che spesso appare indecifrabile e opaco. Durante questa fase, avviene un vivace lavorio “sotterraneo”: i piccoli immagazzinano le parole e le formule ricorrenti e le abbinano a situazioni quotidiane, routine, oggetti, gesti. La fase del silenzio può durare un tempo variabile da pochi giorni a parecchi mesi e questo dipende da molti fattori: le caratteristiche dei singoli bambini, la tipologia della lingua materna, le condizioni di vita e il tempo di esposizione all’italiano fuori dalla scuola.III fase – Pian piano, i bambini passano alla terza fase, quella delle prime produzioni, producono spontaneamente termini ricorrenti, espressioni e formule di routine che usano per chiedere, richiamare l’attenzione, comunicare con un compagno.

PROPOSTE DI ATTIVITÀ PERSONALIZZATE

LA FASE DEL SILENZIO

Al momento dell’ingresso nella scuola dell’infanzia, di solito, i bambini non italofoni attraversano tre fasi.I fase – In un primo momento, alcuni provano a usare la loro lingua materna e a comunicare con gli adulti e con i compagni nell’idioma di casa, ma si rendono conto ben presto di non essere capiti.II fase – Subentra allora la fase del silenzio. In questa seconda tappa, i piccoli sono immersi ogni giorno nella nuova lingua sconosciuta, cercano di cogliere parole e significati, di “fare” e di “stare” seguendo l’esempio e la postura degli altri. Si destreggiano in un mondo sonoro, e non solo, che spesso appare indecifrabile e opaco. Durante questa fase, avviene un vivace lavorio “sotterraneo”: i piccoli immagazzinano le parole e le formule ricorrenti e le abbinano a situazioni quotidiane, routine, oggetti, gesti. La fase del silenzio può durare un tempo variabile da pochi giorni a parecchi mesi e questo dipende da molti fattori: le caratteristiche dei singoli bambini, la tipologia della lingua materna, le condizioni di vita e il tempo di esposizione all’italiano fuori dalla scuola.III fase – Pian piano, i bambini passano alla terza fase, quella delle prime produzioni, producono spontaneamente termini ricorrenti, espressioni e formule di routine che usano per chiedere, richiamare l’attenzione, comunicare con un compagno.

Anche coloro che conoscono poco l’italiano riescono, in tempi relativamente brevi, a essere coinvolti nelle attività di routine e capire quello che succede intorno a loro, grazie all’osservazione e all’imitazione dei pari. La giornata, scandita da un uso del tempo e dello spazio abbastanza prevedibile e la ripetitività delle azioni costruiscono un quadro piuttosto “trasparente” e rassicurante, entro il quale tutti i bambini, anche coloro che non sono ancora italofoni, ­riescono a collocarsi senza perdersi e disorientarsi. Ma può passare un’intera giornata (o perfino più giorni) senza che un bambino, soprattutto se poco italofono, abbia la possibilità di rispondere e reagire a un input linguistico diretto e di prendere autonomamente la parola e produrre enunciati, grazie a stimoli e ad attività diretti e mirati, penalizzando così i bimbi meno competenti e più silenziosi.La numerosità delle sezioni e la riduzione dei tempi di compresenza fra gli operatori fanno sì che le occasioni da dedicare allo scambio e alla conversazione in piccolo gruppo siano ridotti al minimo.

La mia voce confusa con le altre voci Un’altra attività che aiuta i bambini silenziosi a sbloccarsi è il canto insieme ai compagni. Il rito, diffuso in molte scuole, di iniziare la giornata e di salutarsi nel pomeriggio con una canzone (ogni giorno le stesse canzoni) è molto coinvolgente e generativo.All’inizio, i bambini non italofoni stanno in silenzio e in ascolto, ma piano piano cominciano a mescolare la loro voce a quella degli altri, confusi e protetti nel coro di voci che li rassicura e non li espone.E così Kevin, che sta pian piano acquisendo l’italiano, ha imparato le parti del corpo cantando con gli altri (e battendo mani, piedi…) Se sei felice, tu lo sai.” e Jada ora sa che cosa sono i frutti, i semi, gli alberi, il bosco... grazie alla canzone Ci vuole un fiore che nella sua sezione cantano insieme per dirsi “buongiorno”.

Dopo quattro mesi di frequenza, che coincidono con il rientro dopo la pausa delle feste, avviene spesso uno sblocco nella comunicazione e anche i bambini non italofoni che sono stati in silenzio fino a ora, iniziano a parlare usando le parole e le formule che hanno nel frattempo immagazzinato.

Dopo quattro mesi di frequenza, che coincidono con il rientro dopo la pausa delle feste, avviene spesso uno sblocco nella comunicazione e anche i bambini non italofoni che sono stati in silenzio fino a ora, iniziano a parlare usando le parole e le formule che hanno nel frattempo immagazzinato.

Durante la fase del silenzio, non bisogna pressare i bambini forzandoli a comunicare. Si devono invece costruire le condizioni più adatte per sollecitarli a prendere la parola nel rispetto dei tempi di ciascuno.A quest’età, una lingua non si insegna, ma si creano le condizioni positive perché i bambini non italofoni possano acquisirla in maniera spontanea e naturale, giorno dopo giorno. Fra queste:<ul><li>un tempo dedicato ogni giorno ai bambini non o poco italofoni;</li><li>un’attenzione diretta a loro in una situazione attiva, giocosa, rilassata.</li></ul>Durante il tempo trascorso a scuola i bambini ricevono numerosi stimoli e input linguistici indirizzati a tutti, che devono comprendere e ai quali devono ­reagire, ma hanno scarse opportunità di ascoltare messaggi direttamente rivolti a loro e soprattutto di prendere davvero la parola, seguendo ognuno il proprio ritmo e le proprie capacità.

Che cosa fare con i bambini “silenziosi”

Dove trovi questo contenuto