Fare rete e tessere relazioni

Tempo di continuità

Insegnare a capire

Progetto continuità parte I: dal nido alla scuola dell’infanzia

Progetto continuità parte II: siamo cresciuti

Progetto continuità parte III: la festa dei popoli

Ma c&rsquo;&egrave; un valore educativo in pi&ugrave;, in questo mio gioco di parole, parlando dei nostri piccoli: spesso le cose del mondo che bambine e bambini prendono su di s&eacute; accadono per la prima volta, noi le conosciamo gi&agrave;, loro no. Pensate a una nevicata e ai loro occhi stupefatti davanti alle finestre.

Conta molto come anche noi adulti viviamo con loro l&rsquo;esperienza, se condivisa o ignorata. Lo stupore del mondo appena conosciuto ha un valore magico nei loro occhi e menti, crea conoscenza ed emozioni, si fa cultura.

So gi&agrave; che l&rsquo;arte del creare sorpresa e curiosit&agrave; &egrave; una dote di molti educatori e insegnanti, un motore potente di stimolazione di interessi e di sviluppo cognitivo, linguistico, emozionale. Chi ha quest&rsquo;arte sa che bisogna saper tornare piccoli noi adulti e ri-vivere con loro sinceramente l&rsquo;emozione della prima volta.

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L&rsquo;EMOZIONE DELLA PRIMA VOLTA

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Non mi pare onestamente una grande scoperta: per ogni cosa nuova che fa una bambina o un bambino di norma c&rsquo;&egrave; un ambiente stimolante, un passato cognitivo anche se brevissimo, ma anche e soprattutto impulsi e desideri interiori. La &ldquo;copiatura&rdquo; &egrave; sempre ricostruttiva e diversa da bambino a bambino secondo stimoli individuali soggettivi, altrimenti saremmo l&rsquo;un altro semplici fotocopie. La cosa dunque &egrave; pi&ugrave; complicata.

Ricordiamoci che l&rsquo;homo sapiens &egrave; l&rsquo;unico mammifero incapace di sopravvivere per anni se non se ne occupano gli adulti. Forse &egrave; una fortuna questa del tempo lungo per arrivare all&rsquo;autonomia ed &egrave; anche quella cosa complicata e vasta che si chiama educazione. Un puledrino o un orsacchiotto dopo alcuni mesi di svezzamento sono adulti. L&rsquo;umano no, ci vuole molto tempo.

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Si tratta di un tema perfino consumato. 
Si pensi, per esempio, alla teoria dei neuroni specchio, la quale sostiene che, fin da piccoli, si apprende per imitazione: il mio nipotino di tre anni giocherebbe molto con terra e trattorini di plastica perch&eacute; copierebbe degli operai che, davanti a casa sua, stanno rifacendo le tubature del gas.

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Dunque, a me piace dire, parlando di apprendimento e sviluppo di bambine e bambini, soprattutto se da 0 a 6 anni, con un gioco di parole che per loro la vita &egrave; non tanto apprendere in senso comportamentista (stimolo-risposta), ma un &ldquo;a-prendere&rdquo; di continuo la vita.

In questo prendere le cose del mondo c&rsquo;&egrave; il valore di un&rsquo;azione non ripetitiva n&eacute; copiativa, ma intenzionale per conoscere e vivere il mondo prendendolo in s&eacute;, creando via via significati, simboli, memorie, fantasie, timori, curiosit&agrave; ecc.

La posizione eretta, la mano prensile (a proposito di prendere) e la lunga infanzia sono i caratteri precipui dell&rsquo;homo sapiens che gli permettono di pensare al mondo oltre gli istinti del presente.

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La sorpresa e la curiosit&agrave; sono questioni strutturali del &ldquo;a-prendere&rdquo; cognitivo ed emotivo via via che la bambina e il bambino cresce

Da qui una didattica attiva, che parte ovviamente (come altrimenti?) dalle loro curiosit&agrave; pi&ugrave; che dalle nostre, ma che sa anche crearne di nuove. L&rsquo;esperienza educativa che una bambina e un bambino si fa prendendo giorno per giorno confidenza con il mondo, ha sempre come punto di partenza la sorpresa e la vitalit&agrave; del mettersi in gioco, di provare e riprovare con le proprie mani, fisiche e mentali. Non dell&rsquo;ascoltare passivamente n&eacute; di essere sedotti da un adulto che come il pifferaio di Hamelin li porta al nulla.

Le bambine e i bambini seguendo la nostra arte e la loro innata curiosit&agrave; sanno anche insegnarci cose profonde per la nostra &ldquo;adultit&agrave;&rdquo;.

Sempre il mio amato nipotino mi ha dato mesi fa una lezione (piccola per modo di dire) di vita: a febbraio gli &egrave; stato comprato il primo vestito di carnevale. Ho visto nei suoi occhi la brillantezza della prima volta che sconfinava nella gioia perfetta. Gioia talmente grande che ha voluto andare a letto con il solito pigiamino, ma sopra ha preteso di tenersi il suo costume rosso-blu con un ragno disegnato sul petto, altrimenti non avrebbe dormito.

Qualcuno potrebbe anche chiamarlo un capriccio, io invece ci ho visto la scoperta di un legame magico (un attaccamento direbbe John Bowlby) con gli oggetti di alto valore simbolico.

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&ldquo;PRENDERE&rdquo; DAL MONDO

PARTIAMO DALLA CURIOSIT&Agrave;

CREIAMO CONTINUIT&Agrave; EVOLUTIVA

L&rsquo;anno prossimo verr&agrave; una seconda neve, e un secondo costume di carnevale, come mantenere allora viva la curiosit&agrave;, anzi come creare un filo emotivo e cognitivo tra il gi&agrave; noto e il nuovo? La pedagogia classica chiama questo &ldquo;continuit&agrave; evolutiva&rdquo;.

Sappiamo per&ograve; che non si apprende per &ldquo;ingrassamento&rdquo;, una cosa dopo l&rsquo;altra, ma per ristrutturazione del gi&agrave; noto con il nuovo che arriva. Una pratica educativa che punti felicemente alla ristrutturazione cognitiva deve saper tenere insieme la memoria del gi&agrave; vissuto con il nuovo che si &egrave; a-preso. Questa &egrave; l&rsquo;arte pi&ugrave; difficile e prestigiosa di chi educa: saper costruire man mano un filo d&rsquo;oro tra il prima e il dopo mantenendo sempre la soglia della sorpresa e della curiosit&agrave; e alto il livello di empatia tra i grandi e i piccoli nel fare le cose del mondo, anche quelle pi&ugrave; routinarie.

Perch&eacute; anche le buone abitudini sono esperienze importanti da a-prendere, non stanchi rituali cui obbedire, ma esperienza di vita vissuta in cui la quotidianit&agrave; offre preziose ancore di sicura serenit&agrave;.

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IL PERCORSO VERSO L&rsquo;AUTONOMIA

&ldquo;A-prendere&rdquo; &egrave; umano: si a-prende oltre l&rsquo;educazione formalizzata, dalla famiglia alla scuola, si a-prende sempre

La vita è “a-prendere”

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