L’importanza della prevenzione a partire dalla scuola dell’infanzia. Intervista al prof. Giacomo Stella

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Infine giungiamo al momento della restituzione a scuola. La restituzione a scuola &egrave; anch&rsquo;essa una restituzione partecipata, perch&eacute; le insegnanti partecipano insieme al bambino e alla famiglia al fine di trovare insieme, in alleanza, delle soluzioni e delle nuove possibilit&agrave; che possano in qualche modo sollevare il bambino dalle difficolt&agrave;. Anche in questo caso il setting &egrave; tipico della Consultazione Partecipata, perch&eacute; pone sempre il bambino al centro. 
Ma come accoglie la scuola questa modalit&agrave; di restituzione? Interloquire con lo psicologo e i genitori insieme pu&ograve; essere difficile per gli/le insegnanti, specie se fanno fatica a comprendere le difficolt&agrave; del bambino. La modalit&agrave; &egrave; dunque cauta: il primo contatto avviene unicamente tra psicologo e insegnanti, e questo &egrave; il momento in cui lo specialista spiega il lavoro svolto, il percorso con il bambino e l&rsquo;approccio adottato. &Egrave; un momento importante, in cui lo psicologo si assume la responsabilit&agrave; di spiegare alla scuola che cosa ha osservato e le specifiche difficolt&agrave; del bambino in questione. Solo in seguito a questa prima fase il corpo docente, formato e preparato sulla questione, viene invitato a un colloquio partecipato per definire gli strumenti insieme alla famiglia e al bambino.

La valutazione partecipata &egrave; un processo complesso e a volte si incontrano delle resistenze, talvolta dovute alla paura del genitore, al suo desiderio di protezione del figlio o all&rsquo;ignorare i vantaggi di questo tipo di valutazione. Ci&ograve; per&ograve; non ci deve spaventare, considerando i vantaggi di questo tipo di valutazione. Come sottolinea Sonia Innocenti (2021): 
&laquo;Esistono tanti modi per comunicare il problema al bambino, oltre che al genitore; &egrave; la modalit&agrave; che cambia tutto: un certo modo fa sentire il bambino veramente un perdente o, come nel caso di un bambino con DSA, uno stupido; in un altro modo, invece, si riesce a strutturare un&rsquo;alleanza con il bambino costruendo autostima&raquo;. 
Possiamo immaginare un parallelismo tra la modalit&agrave; partecipata applicata alla diagnosi di DSA e un percorso di consapevolezza e accettazione: la condivisione nel momento presente della testistica permette di diminuire la scissione tra il momento valutativo e il momento terapeutico. Mettere il bambino al centro rispettando il suo bisogno affettivo e di sicurezza rivestito dai genitori crea un ambiente rassicurante che diventa un collante tra il lavoro psicoterapeutico e il lavoro diagnostico tra il bambino e i genitori. La presenza dei genitori rende l&rsquo;esperienza del bambino pi&ugrave; distesa. I genitori capiscono meglio che cosa sta succedendo, e cos&igrave; facendo possono serenamente esplorare le loro possibilit&agrave; e parlare di ci&ograve; che li riguarda. Questo vale per tutta per la famiglia. 
Come evidenzia Laura Garau (2021): 
&laquo;La scuola &egrave; grandissima parte dell&rsquo;esperienza di un bambino e di una famiglia, se il bambino non viene aiutato e le sue difficolt&agrave; non sono viste, sono le sue prospettive per il futuro ad essere schiacciate, la percezione di s&eacute; nelle prestazioni e nella socialit&agrave; viene compromessa. Nell&rsquo;apprendimento c&rsquo;&egrave; una grandissima componente emotiva, di cui tener conto&hellip; Nel caso della valutazione partecipata applicata, tutti questi aspetti emotivi vengono presi in carico e non vengono scissi; il bambino questo lo sente, sente che &egrave; un percorso di conoscenza&raquo;. 
In conclusione, possiamo dire che la valutazione partecipata rende il momento della restituzione un modo straordinario di dare riconoscimento al bambino: non &egrave; solo un modus operandi di maggior efficacia, &egrave; una &ldquo;modalit&agrave; contenitore&rdquo; che d&agrave; un senso diverso e risignifica la situazione in un sistema complesso in cui il bambino pu&ograve; integrare davvero le diverse conoscenze, pu&ograve; utilizzarle, dare un significato adeguato alla diagnosi. 
Spesso la comprensione e l&rsquo;integrazione tra diagnosi e realt&agrave; &egrave; difficile sia per i bambini sia per i genitori. Il perno emotivo su cui si fonda la valutazione partecipata ha il potere di generare un ambiente accogliente che mette in luce il bambino rendendolo protagonista e rispettando il suo bisogno affettivo e di sicurezza legato alla famiglia. &Egrave; un momento speciale ed emozionante di unione famigliare.

Strumenti compensativi e dispensativi

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	<li>Bick E. (1964), Note sull&rsquo;osservazione del lattante nell&rsquo;addestramento psicoanalitico, trad. it. in Isaacs S. et al. (1989), L&rsquo;osservazione diretta del bambino, Boringhieri, Torino, 70-89.</li>
	<li>Cornoldi C. (2019), I disturbi dell&rsquo;apprendimento, il Mulino, Bologna.</li>
	<li>Cornoldi C., Colpo G., Carretti B. (2017), Prove MT - Kit scuola. Classi 1-2-3 secondaria di I grado, Giunti EDU, Firenze.</li>
	<li>Cornoldi C., Colpo G., Carretti B. (2021), Prove MT - Kit scuola. Classi 1-2 primaria, Giunti EDU, Firenze.</li>
	<li>Garau L. (2021), Comunicazione orale al seminario Dalla &ldquo;Freccia Rossa&rdquo; alla stanza di Zoom: un viaggio che prosegue, sempre con Dina Vallino, Associazione Dina Vallino, Milano.</li>
	<li>Innocenti S. (2021), Comunicazione orale al seminario Dalla &ldquo;Freccia Rossa&rdquo; alla stanza di Zoom: un viaggio che prosegue, sempre con Dina Vallino, Associazione Dina Vallino, Milano.</li>
	<li>Macci&ograve; M. (2021), Comunicazione orale al seminario Dalla &ldquo;Freccia Rossa&rdquo; alla stanza di Zoom: un viaggio che prosegue, sempre con Dina Vallino, Associazione Dina Vallino, Milano.</li>
	<li>Vallino D. (2000), Stare con i bambini tramite i genitori - assistere i genitori attraverso i bambini: per una cultura del legame mentale, Seminario tenuto al Centro Psicoanalitico di Bologna (SPI), Genitori e figli nel percorso evolutivo: una prospettiva psicoanalitica per gli operatori delle istituzioni, Atti del seminario, Bologna, 1-16.</li>
	<li>Vallino D. (2002), &laquo;La consultazione con il bambino e i suoi genitori&raquo;, Rivista di Psicoanalisi, XLVIII, 2, 325-343.</li>
	<li>Vallino D. (2009), Fare psicoanalisi con genitori e bambini: La consultazione partecipata, Mimesis, Milano (nuova ediz. 2019).</li>
</ul>

In una valutazione partecipata, la restituzione diagnostica deve essere a misura di bambino, di genitori e di docenti. 
Nella restituzione a misura dei genitori, che precede generalmente la restituzione partecipata con i bambini, i genitori vengono invitati da soli a porre domande ed esprimere dubbi e paure. In seguito a questa restituzione giunge il momento della restituzione partecipata, ovvero una restituzione a misura di bambino ma con i genitori nella stanza. Il momento della restituzione partecipata &egrave; forse uno dei momenti pi&ugrave; importanti dell&rsquo;intero processo, considerando che la diagnosi deve poter aiutare il bambino a trovare degli strumenti da poter utilizzare, e creare un punto di vista comune tra il bambino e i genitori. 
La diagnosi a misura di bambino deve utilizzare terminologie adatte alla sua et&agrave; e al suo livello di sviluppo cognitivo; d&rsquo;altronde, la restituzione ha lo scopo di rendere il bambino consapevole e in grado di utilizzare la sua diagnosi. Diagnosi a misura di bambino significa donare uno strumento al bambino, deve servirgli e deve essere da lui capita, vissuta come una sua &ldquo;amica&rdquo;, deve sollevarlo da colpe e dargli speranza, deve garantirgli il futuro nell&rsquo;apprendimento.

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Altro aspetto importante in una valutazione partecipata &egrave; il ruolo dell&rsquo;alleanza terapeutica con il bambino. C&rsquo;&egrave; un primo momento dell&rsquo;incontro in cui non si somministrano i test ma si pongono domande, si chiede al bambino di raccontare la sua storia scolastica e personale. Si cerca di capire di chi &egrave; il problema per il quale si trova in valutazione: fondamentale &egrave; capire se il problema &egrave; stato sollevato dalla famiglia o se &egrave; percepito tale dal bambino. Orientarsi verso la comprensione delle vere esigenze di chi si rivolge a un neuropsicologo &egrave; essenziale.

La diagnosi di Disturbo Specifico dell&rsquo;Apprendimento ha rappresentato una svolta importante: per tanti bambini e ragazzi la difficolt&agrave; nell&rsquo;apprendere ha trovato finalmente un nome preciso grazie alle nuove conoscenze scientifiche e tecniche che negli ultimi trent&rsquo;anni si sono affinate, offrendo prospettive di apprendimento incondizionate. Oggi sappiamo che chi &ldquo;fa fatica a imparare&rdquo; (alcune abilit&agrave; scolastiche) ha un diverso funzionamento neuropsicologico che &egrave; possibile comprendere, diagnosticare, trattare o potenziare, consentendo pari opportunit&agrave; di apprendimento scolastico (Cornoldi, 2019). 
La valutazione neuropsicologica ha raggiunto negli anni livelli di raffinata precisione testistica e si &egrave; diffusa nei servizi pubblici e nel privato consentendo un&rsquo;evoluzione rispetto alla tradizionale cultura psicologica. Il diffondersi di una cultura diagnostica sempre pi&ugrave; specialistica ha comportato per gli psicologi un modo di operare nuovo, che consentisse la misurazione oggettiva del disturbo (Cornoldi et al., 2017; Cornoldi et al., 2021), l&rsquo;utilizzo di parametri normativi e un binario di marcia dettato da protocolli ufficiali. L&rsquo;attenzione e gli sforzi scientifici e accademici nell&rsquo;arco di questi anni sono stati soprattutto orientati a perfezionare gli aspetti metodologici in relazione all&rsquo;eziologia e alla valutazione obiettiva, entrando forse poco in merito all&rsquo;assetto e al setting clinico entro il quale svolgere l&rsquo;iter diagnostico. 
L&rsquo;approccio clinico al bambino e alla sua famiglia &egrave; invece importante e di rilievo, tanto quanto le competenze tecniche e la conoscenza dei test. Occorre allora fare una riflessione sulla modalit&agrave; del procedere clinico a partire proprio dal processo diagnostico, senza cadere in semplificazioni ma mantenendo sempre lo sguardo sugli aspetti psicologici, globali del bambino e del contesto in cui si trova. 
Pensiamo, infatti, che una valutazione integrata possa essere terapeutica e rappresentare il primo passo verso la cura. In particolare, una di noi (Angela Cipriani) ha messo a punto e sperimentato una modalit&agrave; che abbiamo chiamato valutazione partecipata; essa risulta essere integrata (nella misura in cui enfatizza tutte le componenti psichiche e sociali del bambino) e al tempo stesso terapeutica.

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La Consultazione Partecipata

Ogni bambino ha caratteristiche specifiche e deve poter scegliere il suo metodo, e lo deve scegliere con gli insegnanti, decidendo con loro come usare gli strumenti compensativi e dispensativi

In un setting di valutazione partecipata &egrave; prevista la presenza dei genitori: presenza che richiede un atteggiamento attivo, non intrusivo, che costituisca un momento di comunione, speciale ed emozionante

Il ruolo dell&#39;alleanza terapeutica

La restituzione diagnostica: ai genitori e ai bambini

La restituzione a scuola

Un aspetto critico di questa fase riguarda gli strumenti compensativi e dispensativi. Bisogna considerare che ogni bambino ha caratteristiche specifiche e deve poter scegliere il suo metodo, e lo deve scegliere con gli insegnanti: deve decidere con loro come usare gli strumenti compensativi e dispensativi e che cosa dire alla classe. Questo &egrave; possibile solamente se la restituzione alla scuola ha le caratteristiche di una &ldquo;restituzione partecipata&rdquo;. Al termine dell&rsquo;incontro viene stretto un accordo tra la scuola, la quale si impegna a supportare il bambino, e la famiglia, che a sua volta si impegna a sostenere il lavoro a casa e il bambino; questo accordo viene firmato da tutte le parti. 
Per il bambino &egrave; generalmente una bella esperienza: protagonista attivo, valorizzato nelle competenze, aiutato nelle sue vulnerabilit&agrave;, inserito in un percorso in cui gli &egrave; assegnato un ruolo di responsabilit&agrave; che gli trasmette un senso di autoefficacia.

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La valutazione partecipata rende il momento della restituzione un modo straordinario di dare riconoscimento al bambino

La conquista dell&rsquo;alleanza terapeutica con il bambino/ragazzo &egrave; la condizione necessaria che getta le basi per il futuro intervento

La presenza dei genitori, il setting

In seguito a questo primo momento, necessario per creare un&rsquo;alleanza terapeuta-bambino, inizia la fase di valutazione cognitiva. Conclusa la fase di testistica, giunge il momento della restituzione diagnostica.

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La valutazione diagnostica di DSA &egrave; un momento molto delicato per il bambino e per la sua famiglia, sia dal punto di vista pratico, per la corposa batteria di test e i diversi professionisti da incontrare, sia sul versante psicologico ed emotivo, per i correlati o associati pensieri della storia personale di ogni componente della famiglia. 
La prassi pi&ugrave; comune &egrave; quella di sottoporre i bambini alla testistica da soli, con un setting diagnostico composto unicamente dal neuropsicologo e dal bambino, mentre i genitori vengono reinvitati a un colloquio per ricevere la restituzione in un secondo momento. Restituire profili cognitivi limite o deficitari non &egrave; mai facile; ancora pi&ugrave; difficile &egrave; nei casi in cui i genitori non hanno guardato il loro bambino al lavoro. 
Diverso &egrave; un setting di valutazione partecipata, dove si prevede la presenza dei genitori nella stanza al momento della valutazione. La loro presenza non &egrave; di osservazione distaccata, ma richiede un atteggiamento attivo, partecipativo, sebbene non intrusivo e invalidante per l&rsquo;esame obiettivo. La presenza dei genitori crea l&rsquo;occasione per osservare e decifrare dinamiche familiari, sciogliere fraintendimenti legati al modo di apprendere del bambino e dell&rsquo;impatto che questo modo ha sulla relazione. I genitori e il bambino sono invitati a restare tre o quattro ore all&rsquo;interno dello studio di neuropsicologia. 
Ai genitori viene consigliato di prendere &ldquo;un giorno di ferie&rdquo;. Cos&igrave; facendo, la valutazione diventa una giornata speciale: l&rsquo;esperienza dell&rsquo;incontro deve essere un momento emozionante per il bambino (o il ragazzo) e anche per i genitori. Il bambino sar&agrave; al centro dell&rsquo;osservazione: egli &egrave; di fronte allo specialista, i genitori sono dietro, alle sue spalle, un po&rsquo; arretrati. Il fattore fondamentale di questa forma di colloquio clinico &egrave; la comunione, stare insieme tutta la giornata e condividere il percorso diagnostico. 
Il bambino viene intervistato direttamente e i genitori ascoltano, forse per la prima volta, il suo punto di vista riguardo il suo modo di apprendere. Sottolinea Marco Macci&ograve; (2021): 
&laquo;Il bambino all&rsquo;interno di un contesto estraneo, giunto l&igrave; per accertamenti, si sente un bambino rotto. La modalit&agrave; partecipata rende l&rsquo;ambiente accogliente e molto affettivo nei suoi confronti. Aiuta anche i genitori nel portare il bambino &ldquo;rotto&rdquo;, che non funziona a livello delle funzioni operative di base, ad affrontare le conoscenze e la crescita scolastica&raquo;.

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La valutazione partecipata si ispira alla Consultazione Partecipata secondo il metodo di Dina Vallino: un dispositivo di intervento di orientamento psicoanalitico che coinvolge bambini e genitori insieme, nata negli anni Settanta-Ottanta dalla crescente insoddisfazione per la psicoanalisi infantile classica, il cui setting prevedeva sedute individuali con il bambino, pochissimi colloqui separati con i genitori e l&rsquo;affidamento dei genitori ad altro terapeuta. 
Dina Vallino racconta di essersi trovata lei stessa coinvolta in &ldquo;fraintendimenti psicoanalitici&rdquo; che ruotavano intorno all&rsquo;illusione di poter curare il figlio facendo a meno dei genitori, mentre, per risanare la sofferenza del bambino, l&rsquo;evidenza clinica dimostrava proprio il contrario: la necessit&agrave; di coinvolgere i genitori, aiutarli a osservare il malessere del bambino, impegnarli a modificare il loro comportamento (Vallino, 2002). 
Nella Consultazione Partecipata non si affrontano i problemi individuali o il passato, ma ci si occupa del presente tentando di rispondere alla prima domanda pi&ugrave; urgente della famiglia, cercando di suscitare, in un clima di fiducia e alleanza, la riassunzione della responsabilit&agrave; e della competenza da parte dei genitori, rafforzando la loro capacit&agrave; di tollerare la frustrazione, attraverso un paziente lavoro di scioglimento dei fraintendimenti e di tessitura delle relazioni.

Un percorso di consapevolezza e accettazione

La valutazione partecipata dei disturbi specifici dell’apprendimento

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