Riflettere sullo spazio della scuola nel momento straordinario in cui questa si è spostata in un luogo astratto, digitale, è particolarmente interessante. Sperimentata la possibilità di insegnare e imparare rimanendo distanti, si è sentita la nostalgia della scuola come luogo fisico, fatto di ambienti che accolgono persone. Lo spazio è elemento essenziale della scuola. Di più: la parola scuola definisce tanto l’istituzione e l’attività, quanto l’edificio che le rappresenta e accoglie. Come per la chiesa, la scuola tende all’identità tra funzione e luogo. Da architetto sono sicuro che, soprattutto nei momenti di crisi e cambiamento, il contenuto prevalga sul contenitore. Lo abbiamo imparato da Maria Montessori, da Loris Malaguzzi, dai maestri di strada, che hanno fatto scuole meravigliose nei luoghi dove si sono trovati. Allora, per immaginare con le parole uno spazio, mettiamo a fuoco l’idea di scuola che abbiamo maturato, oggi non separata da suggestioni imposte dall’attualità. La scuola è comunità. Offre opportunità, favorisce relazioni e collaborazione, sostiene una molteplicità di modi di apprendimento e insegnamento. è aperta alle famiglie, alla città e al territorio, alle altre istituzioni. Promuove scambi. Un luogo che tende a ridurre le differenze tra le condizioni di provenienza di chi lo vive. Questa vitale ricchezza non può essere costretta in sequenze di aule chiuse, frontali, allineate lungo corridoi, così&nbsp;come le ritroviamo nel modello di edilizia scolastica che permane ancora diffusamente, nonostante brillanti eccezioni. Immaginiamo uno spazio aperto e reticolare, con tante trasparenze, proiettato all’esterno – verso un esterno privato e verso l’esterno pubblico – ricco di opportunità come un luogo urbano. Finalmente diverso da un collegio o un ospedale, più simile a un mercato, a un grande spazio di coworking, ai nuovi uffici di un’azienda tecnologica. &nbsp;

La scuola è #spazio